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21/11/2014

Nel pasticcio Siria i ‘ribelli moderati’ scommessa persa


L’Esercito libero siriano, l’ELS, i cosiddetti ribelli moderati su cui Stati Uniti e occidente allineato (Italia compresa) avevano deciso di puntare per combattere il regime di Damasco e oggi lo Stato Islamico, hanno abbandonato Aleppo, seconda città della Siria. Ora contro il Califfo solo Assad .

Puntata a perdere. L’Esercito libero siriano, l’ELS, i cosiddetti ribelli moderati su cui Usa, Turchia e occidente allineato (Italia compresa) già tre anni fa avevano scommesso per battere il regime di Damasco e - oggi - per opporsi sul campo allo Stato Islamico, hanno abbandonato Aleppo, seconda città della Siria, ‘ritirando 14 mila combattenti’, numero improbabile. Secondo fonti turche il leader dell’Esercito libero Jamal Maarouf, è fuggito e ora ospitato da Ankara. Maarouf sarebbe fuggito dopo la disfatta di Idlib contro il Fronte al-Nusra dove molti reparti ELS sono passati con i qaedisti.

Secondo le stesse fonti, l’ELS avrebbe perso il controllo del posto di confine siro-turco di Bab al-Hawa a seguito della fuga di Maarouf. La Turchia teme l’arrivo di due o tre milioni di rifugiati siriani se Aleppo, la seconda città della Siria, verrà conquistata dalle forze jihadiste o dai governativi di Bashar al Assad. La Turchia ospita già 1,5 milioni di siriani in fuga dalla guerra civile e le sue possibilità di accoglienza sono al limite. Per il ministro degli estri turco il sostegno all’ELS è la sola opzione della comunità internazionale contro la doppia minaccia dei jihadisti e del regime di Assad.

‘La forza principale che combatte sia l’Isis sia il regime siriano oggi è l’ELS che - ammette il ministro - non ce la fa perché è costretta a lottare contro entrambi i gruppi’. Senza differenze tra loro, almeno per la Turchia e varie oscillazioni americane. Da Ankara un po’ di propaganda e qualche timore concreto. ‘Un’avanzata su Aleppo significherebbe un afflusso di due, tre milioni di persone al confine turco. Ora una fonte Onu, secondo cui l’IS avrebbe riserve di armi e munizioni tale che, nonostante i raid aerei di Usa e alleati, potrebbe andare avanti per altri due anni senza problemi.

Lo afferma un rapporto di un Comitato di analisi, sostegno e monitoraggio delle sanzioni elaborato per il Consiglio di sicurezza dell’Onu. Secondo molte fonti le armi catturate dai jihadisti consentono all’IS di combattere ai livelli attuali da sei mesi a due anni. Tra le armi pesanti, lanciarazzi, missili antiaerei portatili, pezzi d’artiglieria, carri armati T-55 e T-72, e centinaia di veicoli multiuso. L’IS, avrebbe pochi problemi a mantenere in efficienza il materiale militare catturato all’esercito iracheno e l’equipaggiamento pesante russo delle forze armate siriane, grazie all’abbondanza di ricambi.

Solo segnale positivo viene dalla nuova strategia del governo iracheno di arruolare, pagare, armare e addestrare le tribù locali sunnite nella lotta contro i fondamentalisti islamici. Per l’inviato dell’Onu Nickolay Mladenov, ‘le comunità hanno iniziato a respingere i ribelli’. Il massacro da parte dell’IS di 322 membri della tribù di Albu Nimr ha incrementato la collaborazione con il governo nella sua campagna per sconfiggere le milizie jihadiste, ha aggiunto. Mladenov ha invitato tutti le milizie non allineate all’Isis a dialogare con Baghdad per superare divergenze e aderire alla lotta anti-islamisti.

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