Wassim Ibrahim Al-Safir - traduzione a cura della redazione di Nena News
Nessuno
può competere con Emma Bonino quando bisogna far sentire la propria
voce. Quando era ministro degli Esteri italiani e sedeva a fianco dei
principali protagonisti della crisi siriana, era al centro dell’azione
internazionale.
In un intervista concessa ad al-Safir, Bonino ha rivelato il processo che ha mosso il conflitto siriano.
Ha affermato che la soluzione militare dominava i pensieri del campo anti-regime [del Presidente al-Assad, ndr],
sebbene abbia espresso dubbi sul complotto degli stati arabi e della
Turchia. Bonino ha parlato degli errori dell’Occidente sottolineando
quelli che lei considera i limiti fondamentali nell’alleanza
internazionale contro lo Stato Islamico (IS).
Nel giugno 2013 Bonino ha criticato i ripetuti
ritardi di Ginevra II. Le sue opinioni, però, differivano da quelle
della propaganda occidentale quando sostenne che quei ritardi derivavano
dal fatto che i paesi nella regione stavano ancora “contemplando una
soluzione militare”. Quando le abbiamo chiesto un commento a riguardo,
ha sorriso e ha confermato che questo era l’approccio adottato da quei
Paesi. “La discussione è ancora in corso. Ci sono Paesi
nell’area che ancora ritengono che una soluzione militare sia possibile.
Quello che vediamo oggi nella regione è una guerra quotidiana tra
sunniti e sciiti. E’ anche una guerra interna tra sunniti.
Se guardiamo alla questione sunniti-sciiti, ad ogni modo, vediamo che
essa è un conflitto storico e culturale. Non è propriamente religioso,
ma, piuttosto, è relativo all’uso improprio della regione per fini
geopolitici. Noi lo capiamo bene perché la nostra regione è stata teatro
di 30 anni di guerra nel nome della religione (fra il 1618 e il 1648
l’Europa ha visto una serie di lunghe e distruttive guerre tra
protestanti e cattolici). Qui, comunque, non c’è niente di religioso o
relativo a Dio, ma si tratta di strategia geopolitica. Credo, a dire il vero, che ancora oggi ci siano paesi che preferiscano una soluzione militare a quella negoziale.
Al-Safir: Potrebbe spiegarsi meglio? Lei ritiene che questo si stia verificando ora?
Bonino: Per esempio credo che a
sostenere questa argomentazione sia anche la mobilitazione dell’Is. E’
un gruppo wahabbita sunnita. Storicamente e culturalmente non è nulla di
nuovo. L’Is, o qualunque sia il suo nome, esiste dal 2006. Era in Siria. Poi si è mosso in Iraq ed ora è tornato in Siria. Di sicuro questo
gruppo estremista ha rubato la rivoluzione siriana che io ho
considerato tale secondo principi onesti e rispettabile. E’ iniziata nel
2011 con aspirazioni democratiche e rivoluzionarie, ma velocemente si è
trasformata in un conflitto sunnita interno all’opposizione.
I gruppi dell’opposizione hanno incominciato a combattersi l’un l’altro: i Fratelli musulmani, il Jabhat an-Nusra, l’Is.
Ci sono poi anche i curdi che hanno sempre avuto una diversa posizione.
Il Jabhat an-Nusra è sempre stato debole contro [il Presidente Bashar]
al-Asad e i suoi affiliati si sono spesso combattuti tra di loro. Ancora
oggi credo che una parte della regione, forse i turchi o qualcun altro,
stia considerando la soluzione militare. Per esempio la presenza dell’Is, nonostante i suoi orrori, potrebbe essere strumentalizzata per indebolire i curdi. Ecco perché la situazione è abbastanza complicata e bisognerebbe avere la capacità di leggere questo complesso puzzle.
Errori militari
Le osservazioni della navigata politica italiana non
si basano soltanto su informazioni dirette ottenute durante i colloqui
con le parti coinvolte nel conflitto, ma derivano dalla sua ampia
esperienza politica. Bonino non menziona mai il regime o
l’opposizione come coloro che decidono il corso degli eventi nel
conflitto siriano. Parla di una divisione all’interno del campo
anti-regime che sta complicando le cose per qualunque intervento
esterno: “In un modo o nell’altro, il Qatar e la Turchia
sostengono i Fratelli Musulmani, mentre l’Arabia Saudita e gli Emirati
Arabi Uniti appoggiano il gruppo wahhabita salafita e sono assolutamente
contrari alla Fratellanza in Egitto, Libia, e, ovviamente, in Siria.
C’è una divisione all’interno della comunità sunnita che contribuisce al
problema principale e rende difficile ai soggetti esterni intervenire”.
Al-Safir: Crede che sia differente la partecipazione di questi Paesi in Siria? Secondo lei hanno un obiettivo comune?
Bonino: So che hanno ancora un
obiettivo comune che è quello di cacciare al-Assad. Quello che so è che
stanno ancora seriamente considerando un qualche tipo di soluzione
militare, ma non riescono a trovare una base comune. E’ ovvio che stanno
cercando di trovare qualcos’altro. Comunque, a prescindere dai nostri
errori del 2003 e del 2011, [questo] è principalmente un
conflitto politico interno all’Islam guidato dalla disputa interna tra
sunniti e sciiti. Tutto quello che possiamo fare è smettere di fare gli
errori che facciamo sempre.
As-Safir: Che genere di errori lei intende?
Bonino: Per esempio affrettarci ad intervenire militarmente. Non c’è alcun dubbio che l’America sia ancora una super potenza. Sa come rovesciare i dittatori, così come ha fatto con [l'ex Presidente] Saddam Hussein e il [Colobnello Moammar] Gadhafi. Tuttavia, nessuno, neanche gli americani, sa cosa accadrà il giorno dopo o cosa possa essere fatto.
Coalizione internazionale
Bonino partecipa ad una conferenza sulla crisi
mondiale a Bruxelles. Con la sua figura snella e ben curata, si muove
rapidamente tra gli esponenti politici di primo piano. Ha difficoltà a
restare nello stesso posto. Parla con il corpo e le espressioni della
sua faccia completano il significato delle frasi. Non nasconde i suoi
sospetti quando le viene chiesto della “coalizione internazionale”.
“La chiamo coalizione dell’ambiguità (o delle
confusione). Ecco perché il suo primo target è l’Is, che è un obiettivo
comune. Ma al di là di quello, ogni membro ha la sua propria agenda
politica. Alcuni credono che al-Assad debba andarsene, altri
differiscono e altri ancora sostengono un processo transitorio. La
questione curda è diventata un problema anche in Turchia. A questo si aggiungano poi le tante conseguenze negative
perché non c’è alcuna risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle
Nazioni Unite a tal proposito [circa la Coalizione internazionale, nota
Nena News]. Ciononostante, quello che mi preoccupa è che questo intervento militare non ha alcuna strategia. In Iraq, che è ancora vulnerabile, il governo ha richiesto un sostegno militare. C’è
stata anche una specie di strategia nei termini di un governo
inclusivo, su come procedere e così via. Tutto ciò manca assolutamente
in Siria. I raid aerei e i droni possono essere considerati una tattica
utile per fermare l’Is, ma sicuramente non una strategia. Quello che
manca di preciso è quello che verrà dopo, non solo dagli americani o
dalla coalizione, ma dai Paesi arabi che ne fanno parte.
As-Safir: Cosa vuole dire esattamente?
Bonino: Tutti fanno parte della
coalizione, Giordania, Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e il
Qatar. Tutti tranne l’Iran. Posso chiedere ai miei amici arabi che idea
hanno riguardo al futuro della Siria?
Al-Safir: Perché se lo chiede?
Bonino: Non me lo domando. Non lo
so. Dopo la campagna militare contro l’Is, i Paesi arabi della
coalizione, insieme alla Turchia, possono dirci se hanno una idea di
quello che verrà dopo?
Al-Safir: Hanno detto che con questa coalizione vogliono colpire il regime siriano.
Bonino: Prima di tutto non schierano
truppe sul terreno. Aspettiamo e vediamo chi lo farà. Non è molto
chiaro se vogliono condurre la guerra contro al-Assad. Chi invierà le
truppe di terra? Non lo so, ma devono dare una risposta. Guardiamo alla
questione da un altro punto di vista. Questa coalizione ha un problema perché non ha un mandato del Consiglio di Sicurezza.
Inoltre, secondo me, sembra che non abbia una strategia per la Siria.
Posso chiedere ai miei amici arabi e musulmani se hanno una prospettiva
[per il futuro]? Se sì, quale è? Può essere confermata? La Turchia, gli Emirati Arabi, il Qatar e l’Arabia Saudita hanno una visione comune sul futuro della Siria? Io ne dubito.
Questo non è solo un dubbio, ma piuttosto un sospetto che può essere letto come disapprovazione.
Quale piano ha per la Siria la coalizione che è divisa su Egitto, Libia
e altrove? Che tipo di accordo accetterà l’alleato del regime
[siriano]?
Apertura all’Iran
Abbiamo chiesto a Bonino dell’Iran. E’ stata il primo
ministro europeo a visitare il Paese lo scorso anno in seguito alla
recente apertura [con l'ascesa al potere del Presidente Rouhani, nota
Nena News]. Ha delle riserve, ma parla del ruolo giocato da Teheran nel
rimuovere Nuri al-Maliki per la formazione di un nuovo governo iracheno.
Esita e poi dice: “Non saprei. La posizione
[dell'Iran] è molto chiara ora, ma può cambiare. Il processo può essere
molto difficile e altrettanto sorprendente. Maliki avrebbe dovuto essere
intoccabile, ma improvvisamente si è fatto da parte”.
Bonino è stata Ministro degli Esteri dall’aprile del
2013 al febbraio del 2014. Era presente durante le discussioni che hanno
portato alla conferenza di Ginevra II ed era a capo della delegazione
del suo Paese [alla conferenza] nel dicembre 2013. Ha partecipato anche
agli incontri del “nucleo” del gruppo degli Amici della Siria che
include anche l’Italia. Tutto ciò rende le sue valutazioni di
particolare importanza. Si aggiunga anche la sua presenza nella “scatola
nera” per affrontare la crisi.
Bonino, nata nel 1948, è stata eletta sette volte come membro del parlamento italiano ed è stata ministro del commercio internazionale. E’ stata anche commissario europeo per cinque anni. Ha una approccio politico, culturale economico liberale di sinistra rappresentato dal Partito Radicale italiano di cui è un esponente di primo piano.
Fonte
Io avrei anche aggiunto che è fortemente atlantista, e il suo punto di vista sulla questione è interessante proprio perché rivela quelle ambiguità e insicurezze insite in un occidente che non sa che fare in Medio Oriente perché attanagliato da una profonda crisi del proprio ruolo internazionale.
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