Le fratture interne al fronte di opposizione al governo di Damasco
ieri sono state portate sul tavolo di Astana. Il 23 gennaio dovrebbe
aprirsi il negoziato sulla crisi siriana, sponsorizzato da Russia,
Turchia e Iran. E ieri è giunto il via libera delle opposizioni:
parteciperemo. O meglio, una parte volerà in Kazakistan, un’altra parte
si defilerà e una terza assicura “sostegno remoto”.
Resta dunque fumosa la base stessa del negoziato su cui fino a
ieri il fronte anti-Assad non dava neppure la certezza della
partecipazione: durante gli scontri a Wadi Barada, valle nei
pressi di Damasco da cui parte la principale conduttura d’acqua diretta
alla capitale, i “ribelli” si erano sfilati dal dialogo improntato alla
fine di dicembre dalla tregua nazionale mediata da Mosca, Ankara e
Teheran. Poi è arrivata la tregua a Wadi Barada, centinaia di
miliziani hanno ricevuto l’amnistia e molti leader di gruppi armati si
sono ritrovati in Turchia a discutere sul da farsi. Probabile
che il governo turco abbia fatto pressioni serie perché confermassero la
partecipazione al tavolo del dialogo: dopo la sconfitta subita ad
Aleppo, le opposizioni sono all’angolo e con loro rischia il principale
sponsor politico e militare, Ankara appunto.
Ieri in un comunicato alcuni dei gruppi di opposizione si
sono detti pronti a partecipare al negoziato. Tra loro, in prima fila,
ci sono Esercito Libero Siriano, Jaysh al-Islam e Fastaqim. Chi invece
non ci sarà sono Noureddine al-Zinki e Ahrar al-Sham, il gruppo
salafita che mantiene rapporti con i qaedisti di Jabhat Fatah al-Sham
(l’ex al-Nusra): una fonte ha riferito all’agenzia russa
filo-governativa Sputnik che garantiranno comunque “supporto remoto” al dialogo, ma altre voci ad al Jazeera riportano di un ufficioso boicottaggio del dialogo.
Non ci sarà, almeno strutturalmente, neppure l’Alto Comitato
per i Negoziati (Hnc), creatura saudita forgiata a Riyadh a dicembre
2015. O meglio, ci sarà – dice – ma dietro le quinte. Supervisionerà il
negoziato ma senza inviare una propria delegazione ufficiale.
Alla confusione sui partecipanti si aggiunge quella sugli argomenti
da trattare. Se la scorsa settimana il presidente Assad si diceva pronto
a “discutere di tutto”, senza specificare però nel dettaglio che cosa,
ieri i gruppi di opposizione che andranno ad Astana hanno messo i primi
paletti: i primi giorni di negoziato saranno diretti solo a verificare
la tenuta della tregua, monitorare le violazioni e a “neutralizzare il
ruolo criminale dell’Iran” (che, però, è uno dei principali mediatori
del dialogo stesso).
“Le fazioni andranno e per prima cosa discuteranno la questione del
cessate il fuoco e le violazioni del regime”, dice l’Esercito Libero.
“La maggior parte dei gruppi ha deciso di partecipare. Le discussioni
saranno sul cessate il fuoco, la consegna degli aiuti e il rilascio dei
detenuti”, ha aggiunto il leader di Fastaqim, Zakaria Malahifji. Si va
al negoziato per “neutralizzare il ruolo criminale” iraniano, ha
concluso Mohammad Alloush, leader di Jaysh al-Islam, che si è anche
definito il capo della delegazione di opposizione.
E se ufficialmente di precondizioni non ne sono state poste, ponendo
alla base del negoziato gli obiettivi di Ginevra (la conferenza di pace
Onu), ovvero governo di transizione, elezioni e nuova costituzione
entro 18 mesi, è nota la posizione delle opposizioni che non intendono
dare vita ad un governo di unità con l’attuale presidente.
Dovrebbero esserci anche gli Stati Uniti, invitati dalla Turchia, fa sapere il ministro degli Esteri turco Cavusoglu. Non
ci saranno rappresentanti kurdi, vittoria incassata da Ankara che
continua a porli sullo stesso piano di Isis e ex al-Nusra. Si va così a
perdere una delle colonne della resistenza anti-islamista nel nord della
Siria, la sola in grado di porre un freno all’avanzata dell’Isis e a costringere i suoi miliziani alla ritirata.
Ma la presenza kurda legittimerebbe agli occhi turchi il progetto di
confederalismo democratico in atto a Rojava e la sua unità territoriale,
minando allo stesso tempo l’operazione “Scudo dell’Eufrate” in corso da
fine agosto a cui prende attivamente parte anche l’Esercito Libero.
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