Trump e Putin hanno lo stesso problema: cercare di essere riconosciuti a pieno titolo come protagonisti della politica internazionale.
Finora è sempre stato scontato che il Presidente USA venga comunemente considerato aprioristicamente e acriticamente come un grande statista (ad eccezione di Bush jr), arrivando fino a ridicoli eccessi come il Premio Nobel conferito al neo-eletto Obama. Ma per Trump non è così, da molti è etichettato come un parvenue della politica, incompetente, rozzo, incapace di muoversi nelle istituzioni e soprattutto sullo scacchiere internazionale.
Al contempo, Putin ancora non si è del tutto riscattato dall'era Eltsin in cui la Russia era oscenamente subalterna all'Occidente. L'azione di Putin in Siria va letta proprio nell'ottica di voler riaffermare un ruolo da protagonista che la Russia non ha mai più avuto da dopo la fine dell'Unione Sovietica.
I due presidenti sono accomunati da un forte pragmatismo, quindi sembrerebbero orientati a cercare una soluzione comune per i loro problemi. Il modo più semplice sarebbe quello di sedersi ad un tavolo e fare un gesto storico dal forte impatto mediatico, verosimilmente siglando un accordo di pace. Al momento l'ipotesi di realizzare in Siria una pace rapida (e senza strascichi) è quanto meno inverosimile, ma nell'ex-Ucraina la situazione è radicalmente diversa. Qui ognuno dei due presidenti ha un efficace potere persuasivo su ciascuna delle parti belligeranti, quindi è alla loro portata il progetto di imporre (al di sopra del volere dei diretti interessati) una pace rapida ed effettiva. Un accordo che renderebbe difficile per chiunque contestare i meriti e le capacità dei due presidenti.
Verosimilmente l'intesa verrà raggiunta sulla base dell'accordo Minsk II, che seppur scaduto e vilipeso contiene le norme a cui da diversi mesi stanno cercando di attenersi le dirigenze delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk: fine degli attacchi (si combatte solo per difendersi), nessuna avanzata territoriale, ritiro delle armi pesanti, piena agibilità per gli osservatori OSCE, consegna dei prigionieri di guerra, ritiro dei gruppi armati stranieri, ecc.
Ma l'accordo di Minsk, su entrambe le parti del fronte, non piace a molti. Nelle Repubbliche Popolari sono in tanti a contestarlo, soprattutto i combattenti internazionalisti in quanto comporta la rinuncia alla liberazione armata del resto dell'ex-Ucraina e il loro ritiro. Specularmente anche in Ucraina sono in molti a rifiutare un accordo di pace che sancisce un ulteriore mutilazione dell'integrità territoriale del Paese (dopo la Crimea), inizia quindi a serpeggiare insistentemente il timore dell'avvio di un processo di balcanizzazione. Ciò sta lacerando l'Ucraina che si sente tradita dagli USA. Inevitabilmente questa spaccatura si riflette anche sulle forze armate ucraine, da un lato c'è chi ha fiutato l'aria del cambiamento e si è già allineato al nuovo orientamento del vento che spira da Washington (in particolar modo tra le forze armate regolari); dall'altro lato, soprattutto tra le fila dei battaglioni punitivi nazisti, ci sono molti che dopo tre anni di guerra non ci stanno a deporre le armi per compiacere passivamente le volontà degli USA. Ciò si traduce in un conflitto nel conflitto. In questa ottica vanno inquadrati gli eventi bellici dell'ultimo periodo: bombardamenti insensati (anche dal punto di vista militare) e scontri a fuoco all'interno delle fila di Kiev. I più recenti bombardamenti ucraini sembrerebbero essere non tanto il colpo di coda di un esercito sconfitto, ma distinti colpi di testa di singoli comandanti locali che rifiutano l'accordo di pace e cercano di farlo saltare; di queste azioni infatti dal punto di vista militare non se ne capisce la ragione, non sono mai inserite in una più ampia offensiva e non sono mai realmente seguite da attacchi di terra, in sostanza non sono finalizzate ad alcun avanzamento. Sono solo criminali provocazioni che mietono vittime soprattutto tra i civili, dei veri e propri sabotaggi al percorso di pace. Al contempo giungono costantemente notizie di scontri a fuoco all'interno delle file di Kiev che stanno provocando numerose vittime tra i soldati. Anche se l'esercito ucraino cerca di minimizzare i fatti e di farli passare per incidenti dovuti all'abuso di alcool, questi in realtà potrebbero essere inseriti nel contesto dello scontro tra gruppi che rifiutano l'accordo (e lo sabotano con le provocazioni) e truppe più "allineate" al nuovo corso ucraino. Uno scontro di cui in Ucraina nessuno vuole parlare, perché accelera e ingigantisce le frammentazioni già esistenti.
Qualora USA e Russia siglassero l'accordo di pace, ci sarebbero due ulteriori importanti conseguenze politiche di cui dovrebbero tener conto i nostri movimenti.
La prima sarebbe la fine ufficiale dell'interventismo USA, almeno per come lo abbiamo conosciuto negli ultimi venti anni. Quindi forse verrà rivisto il modello di politica estera caratterizzato da: l'aggressività della NATO, "proxy war", "rivoluzioni colorate", Soros, ecc. Una svolta storica che i movimenti devono saper cogliere per tempo.
La seconda è che allo stato attuale, le trattative di pace (sia per l'ex-Ucraina sia per la Siria) sembrerebbero condotte sostanzialmente a due: USA e Russia. Quindi l'Unione Europea verrebbe tagliata fuori dalle decisioni su questioni che la riguardano direttamente sia sotto l'aspetto geografico che politico ed economico. Questo è un colpo durissimo al prestigio e al ruolo dell'Europa, di fatto una declassazione rispetto alle altre due potenze. Ciò potrebbe aprire scenari molto interessanti per i movimenti anti-UE.
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