“Come
Casapound Italia non abbiamo mai fatto mistero di vedere nel Fascismo
il nostro punto di riferimento ideale, da noi tradotto in iniziative
quotidiane nel campo della solidarietà sociale e della promozione
culturale, premiate dai cittadini di Lanciano con 679 voti, pari al 3%
degli elettori in occasione del primo turno elettorale. Quanto
all’impossibilità per i fascisti di sedere in consiglio comunale –
aggiunge Laurenzi – ricordiamo solo che Lanciano ha avuto per due
legislature come sindaco Nicola Fosco, proveniente dal Movimento Sociale
Italiano, partito che incarnava negli uomini e nelle idee la continuità
con la Repubblica Sociale Italiana. Per il ballottaggio alle comunali
di Lanciano sono solo attacchi strumentali da parte di chi non ha
argomenti da portare a proprio favore. La nostra presenza in consiglio
comunale è legittimata dal voto dei cittadini”.
Questa
dichiarazione rilasciata da Casapound Italia in occasione delle
elezioni comunali di Lanciano indica con chiarezza il ritorno definitivo
dell’ideologia (e delle relative liturgie) del fascismo sulla scena
politica italiana.
Il
fenomeno è sicuramente in crescita e soprattutto accolto nella
sostanziale indifferenza dalla gran parte della società italiana che,
nel frattempo, ha compiuto un percorso molto significativo all’interno
dell’ideologia qualunquista e appare pronta a subire, come in altri
tempi, qualsiasi avventura di potere.
Questa
situazione di forte difficoltà di tenuta dell’impianto democratico
indicato dalla Costituzione Repubblicana che si sta verificando nonostante
il voto dello scorso 4 Dicembre, cui non è stata fornita alcuna
risposta in termini politici all’interno del sistema, è stata costruita –
prima di tutto – dalla presenza di quegli elementi di “fascismo
trasversale” presenti nei maggiori soggetti politici che erano già stati
indicati da tempo da analisi sistemiche attuate con una qualche pretesa
di attenzione e che sono stati sottovalutati se non ignorati dai
principali esponenti della sinistra, impegnati tutti a ricercarsi spazi –
in una forma o nell’altra – negli anfratti del sistema.
Mi
permetto allora di riprendere alcuni temi che indicano l’esistenza di
questo latente “fascismo trasversale” la cui presenza alla fine ha
favorito e legittimato il ritorno al fascismo in camicia nera, di cui
appunto Casapound è sicuramente portatrice.
Oggi,
riferendomi sempre alla situazione italiana, mi permetto quindi di
sollevare in forma irrituale un’altra questione che ritengo decisiva,
almeno sul piano dell’analisi: quella della presenza di una sorta di
“fascismo trasversale” che informa la realtà delle maggiori forze
politiche del nostro Paese: la maggioranza del PD raccolta attorno al
personalismo di Renzi, il Movimento 5 Stelle e la Lega Nord.
In
precedenza all’entrare nel merito di quest’affermazione, che molti
troveranno perlomeno “inusuale”, deve comunque essere rilevato come
l’insieme della situazione politica sia condizionata dal suffragarsi di
almeno tre fallimenti di vasta portata e di forte incidenza, non solo
sull’attualità ma anche sul futuro:
1)
il fallimento della cosiddetta ipotesi “federalista” che l’allora
centrosinistra aveva mutuato allo scopo di inseguire presunti successi
elettorali della Lega Nord, da realizzarsi sulla base di impulsi – alla
fine – meramente razzisti, e al riguardo della quale l’intero sistema
politico si è dimostrato del tutto incapace di costruire un nuovo
assetto di relazioni istituzionali tra centro e periferia. Le Regioni si
sono così palesate come un voracissimo centro di potere di spesa e di
diffusione di nomine di stampo clientelare: un luogo nel quale si è
ulteriormente accentuato il già evidente degrado morale imperante nel
ceto politico.
2) Il secondo fallimento è quello dell’Unione Europea.
Sarebbe
troppo lungo e complicato descrivere gli elementi che hanno determinato
questo fatto sul piano delle dinamiche economico – politiche a livello
globale, a partire dallo sviluppo inaudito del processo di
finanziarizzazione speculativa dell’economia, dell’affermarsi di una
concezione di privilegio per la costruzione di borghesie “compradore”
nei paesi a sviluppo emergente (un fenomeno che oggi mostra la corda, a
partire dalla crisi cinese), dal pronunciarsi con evidenza – in
particolare nella fase nella quale gli USA hanno recitato la parte
dell’unica superpotenza – di fenomeni bellici che stanno all’origine
degli apparentemente inarrestabili fenomeni migratori, del trasferimento
del primato della politica a quello dell’economia, dalla perdita di
ruolo degli organismi sovranazionali a partire dall’ONU e dal suo
Consiglio di Sicurezza.
Nella
sostanza appare ormai del tutto inadeguata e lontana dalla realtà
l’analisi di un’Unione Europea afflitta da un “deficit di democrazia”
che andrebbe colmato attraverso un ritorno alla “politica”.
Un
progetto del tutto utopico perché ormai l’Unione Europea è da
considerarsi fallita e chi la difende ancora ha degli interessi poco
chiari da mantenere, oppure lo fa per una stanca ripetitività della
propria incapacità di aggiornamento dell’analisi e per non smentire anni
di rituale propaganda.
3)
terzo punto sul quale riflettere al riguardo della totale assenza di
una politica estera italiana (disastrosa laddove ha cercato di muoversi
come nel caso della Libia, dove tutto le mosse sono state sbagliate a
partire dal seguire gli americani nella loro folle idea
dell’esportazione della democrazia, fino a inventarsi bufale
sesquipedali come quella del governo di unità nazionale attorno al meno
che improbabile governo Serraj).
La
questione libica è da citare e da ricordare sempre perché sta
all’origine dell’escalation della vicenda dei migranti che, proprio in
questo momento, appare elemento di vero e proprio punto di rottura del
sistema modificando orientamenti culturali e causando un vero e proprio
“dissesto sociale e culturale”.
All’interno
di questo quadro così sommariamente descritto, si è sviluppato quel
fenomeno di “fascismo trasversale” cui accennavo all’inizio
e che interessa, principalmente, i tre maggiori soggetti politici
operanti in questo momento in Italia.
Come si è formato e realizzato, allora, questo fascismo trasversale?
In
modo assolutamente irrituale e del tutto diverso dal fascismo del
ventennio, eppure appartenente a quelle categorie del “sovversivismo
delle classi dirigenti” e della “biografia di una nazione” a suo tempo
analizzate da Gramsci e Togliatti.
Biografia di una nazione che ci accorgiamo adesso non essere stata modificata appieno neppure dalla Resistenza.
PdR
(Partito di Renzi, secondo la definizione di Ilvo Diamanti), M5S e Lega
Nord sono trasversalmente accomunati, nel loro esistere, da una volontà
di potere assoluto non corrispondente ad alcuna matrice di carattere
teorico sul piano storico – filosofico e di riferimento a precise
categorie sociali in nome delle quali approntare un progetto di società.
Tutto
questo nel PdR, nel M5S, nell’attuale Lega Nord (molto diversa da
quella originaria fondata da Umberto Bossi e naufragata sui diamanti
della Tanzania) non esiste: esiste soltanto la volontà del potere
assoluto in quanto totale, lottando per acquisirlo semplicemente allo
scopo di sostituirsi ad altri.
Il “potere” come tensione idealistica: è questo il vero punto di accostamento con l’ideologia del fascismo.
“Cerchio magico” su “Cerchio magico”.
Proprio
nel PD, fra l’altro, questa tensione verso atteggiamenti di tipo
fascista si è particolarmente accentuata nel “dopo primarie”, delle
quali non si accetta il sostanziale e progressivo ridimensionamento dal
punto di vista dell’indicatore – almeno approssimativo – di raccolta del
consenso.
Accade
così che si accentuano fortemente i tratti di partito personale che
agisce sempre in forma plebiscitaria di conferma del “Capo”.
“Capo” che può permettersi uscite del tipo “non mi fermo davanti a nessuno” (parafrasi dell’antico “se avanzo seguitemi”).
Inquietante,
sotto questo punto di vista, la messa in scena del comizio tenuto
(ieri, 1 Luglio 2017, data da rimarcare come momento di passaggio
proprio rispetto a questo itinerario di “fascismo trasversale”) da Renzi
a Milano, con i figuranti in maglietta gialla collocati alle spalle
dell’oratore con il compito di applaudire i passaggi del discorso (una
via di mezzo tra la “claque” e una sorta di “guardia pretoriana”).
In
questo modo il “fascismo trasversale” (da non confondere con il
“fascismo universale” di Ruggero Zangrandi) si afferma in questi
soggetti: non c’è alcun principio da difendere, nessuna distinzione tra
destra e sinistra, nessun modello da modificare seguendo tutti – sul
piano economico e sociale – quello del liberismo tachteriano imposto
dalla Commissione di Bruxelles e dalla BCE attraverso lettere e
memorandum (che cos’era se non questo la lettera di Draghi e Trichet
dell’estate 2011, o il memorandum imposto alla Grecia nell’estate 2015 e
accettato, com’era facilmente prevedibile, dal governo Tsipras? Oppure
in quale direzione si muove il QE se non in sintonia con JP Morgan e la
sua idea di smantellamento delle “costituzioni socialiste”?).
Esiste
soltanto il potere da esercitarsi per il potere, senza opposizione
politica e confronto con corpi intermedi (sia pure di ispirazione
corporativa): per far questo, tra l’altro, si escogitano anche
operazioni di puro svuotamento delle istituzioni, di ri-centralizzazione
dello Stato (del cui significato si è persa conoscenza ed esistenza) e
si sono pensati (sia pure per ora senza successo) sistemi elettorali
ancor più truffaldini della stessa legge Acerbo che inaugurò la lunga
stagione della dittatura (1924).
Fuori
da questo quadro di fascismo trasversale si muove poco o nulla: Forza
Italia legata ancora a un’idea populistica di “rassemblemant” di difesa
dei ceti privilegiati del consumo individualistico in omaggio alla sua
matrice pubblicitaria; l’area uscita dal PD e legata all’idea di un
centrosinistra pallidamente ispirato a una qualche ipotesi movimentista
da “beni comuni” “civismo”, associazionismo, localismo progressista,
qualche Sindaco che non ha capito bene che cosa ha fatto per davvero in
quel ruolo. E ancora altre aree della sinistra residuale ancora del
tutto sconcertate, ormai da più di 20 anni, dall’indeterminatezza
politica sulla base della quale fu sciolto il PCI. Un’indeterminatezza
mortale dovuta dall’abbraccio con il canto della sirena della
“governabilità” e dello “sblocco del sistema politico”.
Mi
rendo ben conto di aver offerto il solito quadro d’analisi che forse
molti condividono (almeno in parte) e di non essere riuscito a elaborare
una proposta per il futuro.
Il
punto vero di novità mi pare quello del passaggio da quello che ho
cercato di definire come “fascismo traversale” che alligna in PdR, M5S e
Lega Nord e il richiamo al “fascismo in camicia nera” che sta
diventando patrimonio politico immediato da parte di soggetti
pericolosamente attivi all’interno del quadro complessivo di profonda
sfiducia che esiste nel rapporto tra i diversi settori della
società italiana, le possibilità di rappresentanza politica e le sempre
più labili (dal punto di vista della raccolta del consenso)
rappresentanze istituzionali.
Un
“fascismo trasversale” che non nasce dal nulla come un fungo, bensì
dallo sfrangiamento sociale, dall’individualismo consumistico, dallo
smarrimento culturale, dalla perdita di memoria, dalla resa
all’ineluttabile modernità che brucia tutto sull’altare dell’“adesso”,
senza prima e senza dopo.
Ed
è dalla diffusione, prima di tutto culturale, di questo “fascismo
trasversale” che sorge direttamente il rilancio del fascismo in camicia
nera, che si afferma prima di tutto nell’assuefazione di massa dei suoi
concetti portanti primi fra tutti quelli della sopraffazione di classe e
del razzismo.
La
constatazione più amara in questo frangente, riguarda l’assenza di
volontà politica verso la costruzione di un soggetto posto sul piano
teorico e su quello pratico nel solco di un discorso di
continuità/innovazione con la complessa storia del movimento operaio
italiano e del ruolo da questo avuto nel quadro europeo e soprattutto
della sua funzione storica svolta sia dal punto di vista del
riconoscimento e dell’aggregazione sociale oltre alla funzione –
decisiva e insostituibile – di soggetto portatore di una pedagogia di
massa e di una diffusione di valori portanti contrari e opposti ai
disvalori dominanti e diffusi dal “circo Barnum” della comunicazione di
massa.
Intanto: Dum ea Romani parant consultantque, iam Saguntum summa vi oppugnabatur ((cfr. Livio, XXI, 7, 1).
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