A monte, converrebbe ragionare sui motivi che spingono il principale
partito euro-liberista ad impegnarsi in una battaglia parzialmente in
favore della cittadinanza per i migranti. A valle, molto più
prosaicamente, il tentativo è stato prontamente accantonato per ragioni
elettorali. Le stesse, d’altronde, che ne avevano consigliato
l’approvazione. Gli apparenti sbandamenti politici del Pd (un giorno
ricalca le posizioni della Lega, il giorno dopo s’intestardisce sul
diritto di cittadinanza; un giorno fa sua la battaglia antifascista col
ddl Fiano, l’altro consente ai nazisti di manifestare nelle periferie
romane; con Gentiloni e Padoan presenta la sua veste tecno-europeista,
con Renzi contesta il Fiscal compact; eccetera) sono frutto di una
precisa strategia politico-elettorale. Il Pd prova cioè a presentarsi
come vero e proprio partito della nazione occupando il centro della
politica. Per altri versi, è la stessa strategia del M5S, attentissimo a
riequilibrare il proprio posizionamento quando le polemiche politiche
lo schiacciano ora a destra, ora a sinistra. Tutti i soggetti politici che mirano a governare rifuggono
come la peste un posizionamento ideologico: non è la guerra di
posizione a pagare di questi tempi, ma il continuo movimento di
sottrazione dell’elettorato altrui. Il problema sta nel non caderci,
come pure troppo spesso accade. Ovviamente
il discredito generale e trasversale che investe il Pd, almeno a
sinistra, è talmente profondo che risulta irrecuperabile, e questo è un
fatto assodato anche tra gli stessi dirigenti democratici. L’obiettivo,
in questo caso, non è quello di guadagnare voti, ma impedire ad altri
di approfittarne. Rispetto al Movimento grillino, il presentarsi come
partito “di sinistra”, antifascista e solidale, smaschera le enormi
contraddizioni che dimorano al suo interno. La vicenda del ddl Fiano in
tal senso è politicamente efficace, perché costringe il M5S a prendere
una posizione politico-ideologica, quel genere di posizioni che
Grillo & soci faticano ad inserire nella loro prosopopea
post-politica. Si dirà che dichiararsi antifascisti non sia
determinante in termini elettorali, quindi lo si potrebbe
fare “a costo zero”. A smentire questa visione ci sono le centinaia (o
forse migliaia, a leggere Cazzullo) di lettere arrivate in questi giorni
al Corriere della Sera, un giornale letto da una platea
liberale e che però restituiscono il vero e proprio orrore che questa
stessa gente, che si auto-definisce “liberale”, prova per
l’antifascismo: l’antifascismo fa guadagnare pochi voti ma ne fa perdere
molti, e questo fatto Grillo lo ha ben compreso.
Rispetto all’elettorato “forza-leghista” il tentativo di recupero
passa dal decreto Orlando-Minniti, dal razzismo mascherato da
securitarismo, dal presentarsi cioè come partito d’ordine in grado di
gestire l’ingovernabilità sociale. Rientra tutto in un fumus altamente
dannoso se non riconosciuto. Il “colpo al cerchio e l’altro alla botte”
è tale solo in apparenza. Nel concreto, al di sopra delle finte dispute
ideologiche, sta la rotta liberista che mette d’accordo “sinistra” e
“destra” democratica. Al di sopra del ddl Fiano o dello Ius
soli c’è il processo di privatizzazione del paese (vedi caso Alitalia),
la gestione liberista della crisi economica (vedi la vicenda Banche
venete, e prima ancora il Jobs act), la subalternità europeista
(vedi l’adesione materiale di Gentiloni e Padoan ai diktat ordoliberali
Ue). Sia il cerchio che la botte riguardano gli aspetti irrilevanti o
secondari della gestione liberista della popolazione. Sui fondamentali
l’accordo è trasversale e pacifico, e non ci sarà nessuna disputa a
criticarne l’indirizzo. Questo è poi uno dei motivi per cui tutte le
forze elettorali “a sinistra” del Pd (Mdp e Insieme, per altri versi
anche Sinistra italiana) sono destinate al fallimento politico prima ed
elettorale poi. Sulla sostanza non c’è differenza tra D’Alema e Renzi,
Pisapia e Gentiloni, e le dispute sull’irrilevanza non hanno alcuna
possibilità di recuperare pezzi anche minimi di astensionismo.
Ma questa nebbia alimentata ad arte da certo sensazionalismo
mediatico lavora ai fianchi anche di chi si pone fuori dal campo di
rappresentanza democratico. Se individuiamo come contraltare al
Pd “antifascista” o “solidale” il M5S o Forza nuova, Casapound o la
Lega nord, il rischio di rimanere invischiati in questo smog
“retro-legittimante” è assicurato. Il Pd continua a uscirne pulito e,
per l’appunto, legittimato retrospettivamente, proprio perché presentato
come forza rassicurante, moderatamente antifascista, moderatamente
solidale coi migranti, laddove l’alternativa ha il volto della reazione,
sia essa leghista, populista, fascista, avventurista, eccetera. Certo
questa legittimazione non investe il “militante” della “sinistra
antagonista”, ma nel discorso pubblico l’assioma funziona, e lo fa anche per
le responsabilità di chi, invece di condannare il Pd proprio perché
a-fascista, razzista, xenofobo, liberista, lo presenta involontariamente
come “male minore” rispetto al populismo.
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