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06/07/2017

Sui migranti, “Tallinate” europee in faccia a Minniti e Gentiloni

Il “peso internazionale” di un paese e del suo governo si misura sempre al momento di trasformare le proposte in accordi. E quelle dell’Italia di Gentiloni-Minniti non vengono neanche prese in considerazione.

A Tallin, teatro del vertice europeo “informale” (destinato cioè fin dall’inizio a non prendere alcuna decisione vincolante), è andata in scena una commediola che avrebbe costretto gente normale e seria a prendere la porta. Oppure a rassegnare le dimissioni.

Presentatasi infatti al tavolo con propositi bellicosi (“chiuderemo i porti alle navi delle Ong che salvano i migranti”, una redistribuzione infraeuropea dei profughi identificati – definita “regionalizzazione” dell’accoglienza –, una condivisione anche economica degli sforzi, ecc), la delegazione italiana ha incassato soltanto “no”.

Il ministro dell’Interno tedesco Thomas de Maiziere, teoricamente il meno lontano dalle posizioni italiane (anche per motivi geografici: le navi delle Ong non possono certo fare il periplo di penisola iberica e Francia), ha bocciato brutalmente la richiesta: “Non sosteniamo la cosiddetta regionalizzazione delle operazioni di salvataggio”.

Sulla stessa linea il ministro per l’Asilo e politica migratoria belga Theo Francken: “Non credo che il Belgio aprirà i suoi porti”. Scontata già nei scorsi giorni la risposta di Francia e Spagna – i paesi più vicini e raggiungibili. Per il ministro dell’Interno spagnolo Juan Ignacio Zoido, “L’Italia ha chiesto aiuto, e noi vogliamo dargliene, ma i porti della Spagna sono sottoposti ad una pressione importante nel Mediterraneo occidentale, aumentata del 140%, che impone anche a noi un grosso sforzo per i salvataggi in mare”.

Il ministro per la Sicurezza e Giustizia olandese Stef Blok è stato algido e irridente: “Aprire più porti europei non risolverà il problema. Bisogna pensare al ruolo che i porti africani potrebbero avere”, come quelli “di Tunisia ed Egitto ad esempio”. Si avverte un certo clima da boeri sudafricani, quelli dell’apartheid, vero?

Zero carbonella anche sul “piano B”, ossia cambiare il mandato della missione Triton. Qui è toccato al greco Dimitris Avramopoulos, attuale commissario europeo alla Migrazione, fare spallucce: “No. Il mandato della missione è ben definito. Si tratta di migliorare l’attuazione di quanto già concordato. Fanno già un lavoro molto buono”.

Sconfitta totale. L’unico risultato portato a casa è relativo a un indurimento delle condizioni operative delle navi delle Ong (più controlli burocratici su bilanci e equipaggi, obbligo di agire solo su indicazione delle navi militari, ecc).

Certo, a voler essere ridicoli (come Repubblica e Tg3), si potrebbe annoverare come un “successo” anche il dietrofront dell’Austria, che aveva minacciato l’invio di blindati alla frontiera del Brennero. Ma basta ricordare che in Austria si sta per rinnovare il Parlamento. Anche lì il governo “moderato”, quello che ha battuto i razzisti espliciti orfani di Haider, pensa che per vincere alle elezioni dovrà comportarsi come avrebbe fatto un governo xenofobo.

Insomma: avevano minacciato, ma era propaganda elettorale... Non è stato complicato ottenere uno “scherzavamo”.

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