Ogni volta che un Sindaco o un Amministratore locale si lamenta solamente per il fatto che oggi sia “del tutto teorica la sbandierata “autonomia impositiva” dei Comuni e come, in generale, gli Enti locali siano ormai ridotti al ruolo di semplici esecutori di decisioni del Governo centrale o di altri organi dello Stato”, ma i cittadini debbano, in fin dei conti, farsi una ragione dello stato delle cose e abituarsi a “non chiedere più nulla” all’Ente che, più di ogni altro, dovrebbe rappresentare il contatto diretto delle istituzioni con la popolazione; ogni volta che si ascoltano le parole dei Sindaci, a rimarcare invece il contatto diretto con le imprese che smerciano i “beni d’eccellenza del territorio”, a ribadire il “nuovo ruolo del Comune”, che si fa “volano dell’imprenditoria locale”, mettendo a disposizione “la location giusta”, per “fare la differenza” e stabilire “l’endorsement” del Comune alla “filiera produttiva” e alla sua “implementazione”, per una “sinergia” da sviluppare attraverso “un tavolo” che dia “valore aggiunto” alla “vocazione del territorio”...
Ogni volta torna alla mente quel mirabile appello, rivolto il 31 marzo 1921 dalla Giunta Comunale di Foiano della Chiana, per ribadire la vicinanza dell’Amministrazione comunale alle tribolazioni del popolo lavoratore. “Alla vigilia della pubblicazione” – era detto in quell’appello – “dell’avviso del quale sarà fissato il nuovo aumento del prezzo del pane e del grano, questa Giunta sente il bisogno di dire una parola che serva a scindere la propria responsabilità di tale provvedimento da quella del Governo su cui essa unicamente ricade. Se fu sempre doloroso per noi rimanere in questo posto senza poter fare cosa alcuna a beneficio del popolo lavoratore, che non trovasse ostacolo presso la Prefettura è ancor più doloroso rendersi esecutori di ordine così ripugnante quale è quello dell’aumento del prezzo del pane. Rimaniamo nonostante a questo posto a fine di evitare maggiori guai che alla classe lavoratrice deriverebbero da una Amministrazione borghese e nello intento di evitarne tutte le volte che la nostra buona volontà non si infranga contro gli scogli degli istituti borghesi. Noi e voi sappiamo come il Comune pur essendo nelle vostre mani non sia uno strumento idoneo a francare i lavoratori da tutte le ingiustizie ed appunto per ciò noi facciamo ricorso alla vostra coscienza di lavoratori, facendovi notare le strette in cui si è costretti ad amministrare, perché serva a voi di incitamento a saper combattere le nuove e più dure battaglie, attraverso le quali, si potrà giungere all’abbattimento del potere borghese, instaurando poi il regime dei Soviets. Solo allora giustizia sarà fatta a voi lavoratori; finché saremo strumenti sia pure ribelli dello stato borghese la nostra opera non potrà portare quel sollievo che da tanto attendete”.
E ogni volta che, mentre i lavoratori sono ridotti in schiavitù feudale dalle norme governative che incoraggiano il padronato a tornare “al tempo che fu”, si osservano le Amministrazioni Comunali ridotte a non avere altro obiettivo sociale che quello di farsi promotrici di feste, sagre, rievocazioni, con “l’obiettivo di rinverdire le più genuine tradizioni” da mussoliniana battaglia del grano, con la rievocazione “della tradizione, anche il clima di grande accoglienza e convivialità del tempo, quando con poco si riusciva mangiare” – come del resto ci stanno imponendo ottant’anni dopo; con la battitura che “è un evento così importante per tradizioni e convivialità” per dare “la possibilità a più persone di poter godere delle nostre tradizioni e dei nostri sapori”; con “la battitura che avverrà nel pomeriggio e tutti indosseranno i costumi d’epoca, del 1930 circa.
Verrà ricostruita una scena tipica del tempo, con i classici diverbi tra il padrone e il mezzadro”; con “la cena della battitura, che ricalca la tradizione contadina”;... ogni volta torna alla mente la colorita descrizione che di quelle “scene tipiche” e “conviviali” aveva fatto Roberto Cantagalli, nella sua Storia del fascismo fiorentino 1919-1925: “
Ottant’anni dopo se ne cantano le lodi, mentre ci si fa “volano” della moderna imprenditorialità feudale.
* A Foiano della Chiana (Arezzo), il 18 e 19 aprile e a Roccastrada (Grosseto) il 24 luglio, ci furono le due più efferate stragi fasciste del 1921 in Toscana
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento