La manifestazione per l’indipendenza di Catalunya e la liberazione dei detenuti politici che si è svolta a Bruxelles lo scorso giovedì 7 dicembre ha rappresentato un significativo e insolito evento che merita una cronaca e alcune considerazioni a margine del dibattito in corso.
Il primo dato da valutare è la straordinaria partecipazione: centinaia di auto private e decine di autobus sono partite da numerose città e paesi di Catalunya dando vita a una carovana riconoscibile lungo gli oltre 1.000 chilometri del cammino grazie ai cartelli rivendicativi e alle estelades in bella mostra, mentre l’ANC ha organizzato anche alcuni voli Barcelona-Bruxelles. La polizia belga ha stimato i partecipanti alla manifestazione in circa 45.000 persone, che hanno approfittato della festa della costituzione del 6 e della purissima dell’8 dicembre per portare nel cuore dell’Unione Europea la propria lotta, “denunciare la mancanza di democrazia dello stato spagnolo e rivendicare la libertà d’espressione e la liberazione dei prigionieri politici”, come si legge nel manifesto dell’ANC. Il movimento indipendentista non sembra cioè soffrire il temuto effetto riflusso che si sarebbe potuto verificare dopo l’applicazione dell’art. 155, lo scioglimento del Parlamento catalano e la destituzione del Presidente della Generalitat. Già due giorni prima della manifestazione la Grand Place di Bruxelles si è riempita di manifestanti catalani che si sono dati appuntamento nel salotto della città per rendere ben visibile la propria presenza. E la Grand Place è uno scenario suggestivo non solo per il turismo di massa: qui all’osteria Le Cisne (oggi un ristorante) Karl Marx organizzò con l’Associazione dei lavoratori tedeschi il capodanno del 1847/’48, nel periodo in cui scriveva nel quartiere di Ixelles Il manifesto del partito comunista.
Il secondo dato che merita un approfondimento è rappresentato dalla critica, dalle sfumature differenti, che il movimento indipendentista rivolge all’Unione Europea. L’ANC ha manifestato all’insegna dello slogan “Wake up Europe. Democracy for Catalonia”: un invito alle istituzioni europee perché considerino ciò che sta accadendo a Catalunya non come una mera questione interna allo stato spagnolo bensì una questione di principio che interroga la natura stessa dell’Unione. I rappresentanti dell’ANC non si riconoscono nella definizione di euroscettici e si propongono invece come europeisti critici, impegnati a tessere alleanze con i deputati dell’eurocamera sensibili alla loro rivendicazione (a cominciare da alcuni membri del GUE e del gruppo dei verdi). Ma a giudicare dai cartelli e dagli slogan della manifestazione, sono sempre meno coloro i quali nutrono delle speranze su un pronunciamento degli organismi istituzionali europei.
Un sentimento di disillusione che sembra essere penetrato anche nel discorso dei settori moderati del movimento. Nel suo intervento a chiusura della manifestazione, il Presidente in esilio Carles Puigdemont ha affermato infatti: “vogliamo un Europa che non debba vergognarsi quando altri paesi dove non vige la democrazia vengono a domandarle: dunque ciò che state facendo oggi a Catalunya vale come regola del gioco per tutto il mondo? Allora anche noi potremo calpestare i diritti fondamentali dei nostri cittadini e questa volta l’Europa non ci dirà niente. È così? Però no. Noi vogliamo invece un Europa che ascolti i propri cittadini e non solo gli stati... più rispetto per la partecipazione, per le minoranze e per la diversità e meno, molto meno per gli interessi di gruppi e settori economici legati ad alcuni governanti che, tra l’altro, non si caratterizzano precisamente per la loro onestà”. Una critica che è decisamente più marcata nel discorso di Joan Coma, consigliere comunale della CUP a Vic che, dopo aver salutato “Gerusalemme capitale indiscutibile della Palestina”, ha denunciato “il deficit di democrazia dello stato spagnolo e la imprescindibile e inaccettabile complicità di questa unione europea con l’operazione repressiva che patisce il movimento indipendentista. L’aggressività dello stato non sarebbe possibile senza la complicità dell’attuale unione europea”. Il rappresentante della sinistra anticapitalista ha inoltre messo in questione le politiche dell’Unione: “non dimentichiamoci che la logica ricentralizzatrice dello stato è parallela alla logica delle politiche dettate dalla Unione Europea e dalla troika. Di fatto queste logiche si alimentano reciprocamente: nell’attuale cornice costituzionale spagnola è impossibile sviluppare leggi sociali per le classi popolari. È dunque imprescindibile costruire la legalità repubblicana. Ed è anche necessario costruire una Europa e un Mediterraneo della pace, della solidarietà e della fraternità. Una Europa e un Mediterraneo dei popoli e per i popoli”. In questa prospettiva “la Repubblica catalana deve essere il nostro piccolo grande contributo alla costruzione di un’altra Spagna e di un’altra Europa”.
Un ulteriore dato che merita una riflessione è il sostegno diffuso in tutti i settori della manifestazione alla figura del Presidente in esilio: oltre a nutrirsi dei propri militanti ed elettori, il consenso di cui beneficia attualmente Carles Puigdemont è rafforzato dall’esilio, una costrizione sofferta da molti Presidenti della Generalitat di Catalunya, tra cui Francesc Macià, Lluís Companys, Josep Irla e Josep Tarradellas, per rimanere al solo arco di tempo che va dalla fine della dittatura di Primo de Rivera all’inizio della transizione. Una lista di presidenti esiliati, rappresentanti delle legittime istituzioni catalane, che testimoniano la lotta secolare per la propria liberazione e la coscienza collettiva del popolo catalano, oggi rivendicate dal movimento indipendentista. Così nella manifestazione è risuonato a lungo lo slogan "è Puigdemont il nostro Presidente", che ben sintetizza l’attaccamento degli indipendentisti alle proprie istituzioni. Allo stesso modo la rivendicazione della libertà per i detenuti politici, Oriol Junqueras, Jordi Sànchez, Jordi Cuixart e Joachim Forn, a vario titolo accusati di aver reso possibile il referendum d’autodeterminazione dell’1 ottobre e di aver organizzato una strategia diretta a sovvertire l’ordine costituzionale spagnolo, è straordinariamente diffusa in tutta la manifestazione.
Dopo essersi riuniti nel Parco del Cinquantenario attorno alle 10 del mattino, i manifestanti hanno cominciato a percorrere in corteo il quartiere diplomatico sotto una intermittente pioggia gelata che gli ha accompagnati fino alla piazza Jean Rey, dove gli interventi pronunciati dal palco si sono conclusi alle 16. È stata la più grande manifestazione svoltasi a Bruxelles. Il video integrale dei discorsi tenuti al termine del corteo si può vedere alla pagina web https://www.vilaweb.cat/noticies/la-manifestacio-de-brusselles-sencera-en-video/
da https://catalunyasenzarticolo.wordpress.com
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