di Chiara Cruciati
“Da noi ideologia, modo di
vivere e lotta militare stanno insieme, sono la stessa cosa, un
tutt’uno. Non è che andiamo in giro con il kalashnikov in una mano e con
un libro nell’altra, ma il nostro modo di vivere si fonda sull’unità
del pensiero rivoluzionario e della pratica reale”.
Le parole di Heval Azad, raccolte da Lower Class Magazine, sono il
cuore della rivoluzione in fieri in Kurdistan: il percorso personale del
singolo rivoluzionario e quello collettivo dell’intera società. Narrata
da tanti punti di vista, protagonista di libri, reportage, documentari
che aggiungono ognuno un tassello a un processo unico e concreto,
il processo di confederalismo democratico in corso a Rojava ha trovato
in “Un’utopia concreta” una voce in più: il percorso compiuto dalle
persone che lo stanno costruendo.
Il libro, “Un’utopia concreta. Le montagne del Kurdistan e la
rivoluzione in Rojava: un diario di viaggio” uscito in italiano a cura
di Rete Kurdistan (Unaltrastoria, pagine 220, 16 euro) sarà presentato
oggi a Roma ad Acrobax in Via della Vasca Navale 6, alle ore 18.30. Un
lungo reportage, figlio dei viaggi in Kurdistan di un gruppo di
giornalisti tedeschi tra il 2016 e il 2017, che affronta Rojava da
angolature diverse, che approfondisce le anime della rivoluzione e le
sue naturali contraddizioni, che attraverso il racconto dei
giornalisti di Lower Class Magazine – sito di informazione tedesco
attivo dal 2013, che si dedica all’analisi di avvenimenti in giro per il
mondo, dal Medio Oriente all’America Latina – fa entrare il lettore
dentro la Storia.
La concretezza della rivoluzione è la concretezza dei luoghi,
descritti e disegnati tra le pagine, rendendo più facile visualizzare
nell’immaginario l’ambiente intorno e i protagonisti, i loro obiettivi e
le loro paure. Un documento giornalistico ma al tempo stesso militante,
un mix rintracciabile nelle testimonianze dei giornalisti che hanno
vissuto per mesi a fianco della popolazione, delle case delle donne e le
case del popolo, delle unità di difesa popolare Ypg e Ypj.
Ad emergere è il doppio livello della rivoluzione, due
necessità che si incontrano dando plasticità al cambiamento: il piano
individuale, del singolo, che intende la politica come principale
attività della vita quotidiana; e il piano collettivo, il cammino comune
verso un obiettivo riconosciuto ben sintetizzato dalla parola curda Rehevalti,
il sentimento di comunanza tra compagne e compagni che ha alla base la
formazione dell’uomo nuovo teorizzata dal leader del Pkk Ocalan. E
attraverso l’uomo nuovo la creazione di una società nuova, possibile
solo attraverso la trasformazione della mentalità individuale e
collettiva.
Tra le pagine trova spazio la descrizione dei luoghi, dell’ambiente,
delle sue ricchezze naturali; la filosofia di Ocalan che, tramite il
lavoro e la formazione di tutti i giorni, si fa concreta; l’autocritica e
l’autoanalisi, strumenti fondamentali per l’avanzata del processo. E ci
sono i naturali ostacoli sociali, la consapevolezza della loro
esistenza e dunque la necessità di operare passo dopo passo, senza
rotture né imposizioni.
“Uno dei meriti secondo me più impressionanti del movimento
curdo è che proprio in questo tempo ha compreso la dialettica dei
cambiamenti personali, collettivi e della società nel suo complesso e li
ha messi in pratica – scrive nel libro Peter Schaber,
redattore di Lower Class Magazine e nel 2017 membro delle Ypg
nell’operazione di liberazione di Raqqa – Una parte di questa lotta
avviene dentro noi stessi. I legami con il sistema capitalista, il
patriarcato e lo Stato verranno superati quando le cattive
caratteristiche che abbiamo ereditato verranno dismesse. Il secondo
livello tratta del modo di vivere nel proprio collettivo, con compagne e
compagni, il proprio ambiente, la popolazione. Il terzo livello mira
alla rivoluzione della società nel suo complesso, in ultima istanza a
livello mondiale”.
Un testo da leggere per comprendere di più un processo che sta
attirando l’attenzione di numerosi movimenti di sinistra occidentali,
oggi spesso incapaci di formulare strategie nuove di analisi della
realtà ma consapevoli della necessità di una rete globale di resistenza
alle neocapitalismo. In tal senso, particolarmente interessante è il
focus che “Un’utopia concreta” dedica all’economia di Rojava, alle nuove
forme di autogestione e di cooperativismo.
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