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29/06/2018

Siria - Putin e Trump discuteranno del ritiro iraniano

Vladimir Putin conferma il graduale rientro in patria di uomini e mezzi russi dalla Siria – 13 aerei, 14 elicotteri e 1.140 soldati negli ultimi giorni – ma, più di tutto, si preparerebbe a discutere anche del ritiro dei reparti iraniani in Siria durante il vertice che avrà con Donald Trump e che dovrebbe tenersi il 15 luglio. Questo è almeno ciò che riferisce Al Hayat, quotidiano panarabo con sede a Londra, citando una non meglio precisata fonte diplomatica. Gli Stati Uniti, secondo il quotidiano, vogliono il completo ritiro dell’Iran dalla Siria, in accordo con quanto chiede con forza Israele che negli ultimi mesi ha attaccato più volte con la sua aviazione presunte postazioni militari iraniane in Siria e convogli di armi inviate, afferma Tel Aviv, da Tehran al movimento sciita libanese Hezbollah. Al Hayat sostiene che anche la Giordania sarebbe contraria alla presenza di forze dell’Iran e che gli Usa continueranno a dare luce verde ad attacchi israeliani contro installazioni militari iraniane in Siria.

Non è facile accertare l’affidabilità delle indiscrezioni riferite da al Hayat, giornale legato alle monarchie sunnite del Golfo e, quindi, schierato contro Tehran e Damasco. Tuttavia da tempo qualcosa bolle in pentola e da più parti si sostiene che Mosca si sarebbe convinta, dietro le forti pressioni di Israele e Usa, ad intimare all’alleato Iran di ritirare le sue forze in Siria. E in Iran qualcuno sostiene che proprio il presidente siriano Bashar Assad, che grazie all’aiuto iraniano ha rafforzato la sua posizione e sconfitto i jihadisti ribelli, sarebbe ora orientato a rinunciare all’assistenza iraniana per compiacere la Russia. Il deputato Behrooz Bonyadi ha accusato senza mezzi termini la Siria e la Russia di voler “sacrificare” l’Iran e ha rivolto un attacco frontale ad Assad, storico alleato di Tehran. “Oggi vediamo Assad migliorare enormemente il suo rapporto con il presidente russo Vladimir Putin”, ha detto Bonyadi, che ha accusato il presidente siriano di sottovalutare il significato dei “martiri dei santuari”, termine usato dall’Iran per riferirsi ai suoi combattenti caduti in Siria.

Certo è che le grandi potenze continuano a giocare la loro partita e la Turchia sembra aver il pieno sostegno di Washington alle sue strategie diplomatiche e militari in Siria. Ieri durante una sua audizione al Senato degli Stati Uniti, il segretario di Stato degli Usa, Mike Pompeo, ha assicurato che la Turchia sarà “parte importante” della soluzione al conflitto siriano. Alla fine, la Turchia sarà parte della soluzione in Siria, una parte importante, dobbiamo riconoscerlo e fare del nostro meglio per collaborare”. Pompeo ha aggiunto che dopo il voto del 24 giugno in Turchia, che ha visto la rielezione a presidente di Recep Tayyip Erdogan, Washington e Ankara possono dare avvio a “un dialogo più costruttivo”. Il segretario di stato si è poi espresso sul cosiddetto piano per Manbij, città nel Rojava curdo a nord della Siria, che ha concordato con il ministro degli esteri turco, Mevlut Cavusoglu, incontrato a Washington il 4 giugno. Secondo Pompeo, l’iniziativa vedrà gli Stati Uniti e la Turchia “collaborare per risolvere questioni molto complicate tra i diversi gruppi etnici di Manbij”.

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