Bottino completo su politiche e presidenziali per Recep Tayyip Erdoğan che ancora una volta si fa padrone della Turchia col consenso dell’urna. Registra il duplice successo alle politiche col partito-regime (l’Akp), che da tempo ne segue ed esegue pedissequamente ogni respiro e con il 42.4%, può tranquillamente governare, vista anche la tenuta dell’alleato nazionalista (Mhp) confermatosi all’11.4%. In più vince la sfida presidenziale, stravolgendo in questo caso i pronostici che non gli concedevano un passaggio al primo turno e lo rimandavano a un temibile ballottaggio con un uomo delle opposizioni. Invece l’urna offre al presidente uscente un 52.5% che scava un abisso sul repubblicano İnce (30.7%) e sul kurdo Demirtaş (8.3%). Quasi 26 milioni di concittadini l’hanno abbracciato, più della somma dei restanti candidati in grado di mobilitare (İnce, Demirtaş, Akşener). Erdoğan guiderà l’agognata nazione fino a tutto il 2023, festeggiando, come sognava da tempo, la celebrazione del centenario d’una Turchia moderna ridiventata islamista ben oltre qualsiasi benevolo ricordo del laicismo kemalista.
La tranquilla domenica elettorale che coinvolgeva 59.3 milioni di elettori divisi in 188mila seggi disseminati in 81 province, segnava in tarda mattinata un evento luttuoso, quindi turbolenze legali. A Erzurum, provincia orientale a nord del lago Van, Mehmet Sıddık Durmaz, rappresentante l’İyi Partisi, è stato ucciso a colpi di pistola a seguito d’una rissa scoppiata fra due clan familiari. Sempre nell’area est dieci osservatori (tre italiani, tre francesi, tre tedeschi rispettivamente nei distretti di Dıyarbakır, Ağri, Șirnak) sono stati fermati nei seggi, dov’erano presenti in qualità di visualizzatori della regolarità delle operazioni di voto per conto dell’Osce, e sono stati fatti oggetto d’un procedimento legale “per aver tentato d’interferire con le procedure elettorali”. A Batman un’altra italiana è stata trattenuta dalla polizia. L’Osce è l’Organismo di sicurezza e cooperazione europea che ha organizzato il più alto numero di osservatori - 234 - su un totale di 415 funzionari e volontari che afferiscono a otto organismi, cui è stato concesso di seguire da vicino le operazioni elettorali in Turchia.
Il principale partito d’opposizione ha lanciato esplicite accuse all’agenzia statale Anadolu che ha diffuso per ore orientamenti di voto favorevoli al governo, prendendo a campione aree dove più alta era la percentuale del partito di maggioranza. Un comportamento deontologicamente scorretto “che ha deliberatamente creato una percezione falsata dell’orientamento di voto”, seppure nella conta finale le percentuali risultano favorevoli a chi deteneva il potere. Per ora non ci sono contestazioni su schede e spoglio, si vedrà nelle prossime ore. A superare l’altissima soglia del 10%, che consente di eleggere i deputati nel Meclis, sono stati cinque partiti: Akp 42.4% (accreditato di 293 deputati), Chp 22.7% (146), Hdp 11,5% (67), Mhp 11.2% (49), İyi Partisi 10.1 (45), altre formazioni non registrano eletti, pur col sistema delle alleanze che può favorirne l’ottenimento. Il fronte kurdo ha resistito all’offensiva securitaria che da un anno e mezzo ne ha dimezzato la rappresentanza parlamentare con gli arresti per “terrorismo” di onorevoli e dello stesso co-presidente Demirtaş, facendo registrare le consuete altissime percentuali a Dıyarbakır e Șirnak, (65%), il 55% ad Ağri e Batman e superando il 10% anche a Istanbul, İzmir, Adana, Mersin.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento