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14/06/2018

Roma. Il “sistema” all’opera sullo Stadio. Cambiano i soggetti, non le modalità

Nell’inchiesta sulla corruzione intorno al nuovo Stadio per la Roma a Tor di Valle, gli indagati sono in totale ventisette. Tra questi, oltre al costruttore Parnasi, al presidente dell’Acea Luca Lanzalone, all’ex assessore regionale Michele Civita (Pd) e al vicepresidente del Consiglio regionale Palozzi (Forza Italia), risultano esserci anche il capogruppo degli M5s in Campidoglio, Paolo Ferrara – che si è autosospeso dal Movimento – il consigliere comunale di Forza Italia, Davide Bordoni, il presidente dell’Ordine degli Avvocati romani, Mauro Vaglio, quest’ultimo candidato ma non eletto del M5S alle elezioni politiche. Al momento risulta estranea all’inchiesta la società calcistica, come ha spiegato il procuratore aggiunto Paolo Ielo. “L’As Roma non c’entra nulla con l’inchiesta”, ha detto il magistrato che coordina l’indagine.

L’inchiesta sembra essere scaturita da un filone emerso con l’indagine sull’immobiliarista Sergio Scarpellini, che nel luglio del 2017 aveva portato all’arresto di Raffaele Marra, ex dirigente comunale diventato braccio destro della sindaca Virginia Raggi. Al centro dell’inchiesta c’è la modifica del primo progetto dello stadio che aveva portato ad una riduzione delle cubature degli immobili al di fuori dell’impianto sportivo vero e proprio con la cancellazione di due grattacieli

Il perno dell’inchiesta è ovviamente il giovane e rampante palazzinaro romano Parnasi, che negli ultimi anni è riuscito a competere e in diversi a spuntarla sul “padre di tutti i palazzinari”, Caltagirone. Quest’ultimo da tempo aveva scatenato contro il suo competitore le cronache del quotidiano Il Messaggero (di proprietà di Caltagirone) e non aveva mancato di far sentire il suo disappunto soprattutto negli ambienti del Pd verso cui Parnasi è un po’ un palazzinaro – e un finanziatore – di riferimento. In realtà Parnasi, come vuole la tradizione dei palazzinari romani, ha versato finanziamenti alla politica con un raggio piuttosto ampio e trasversale, adeguando interlocutori e contatti ai cambiamenti dello scenario politico e della guida amministrativa della Capitale. Tanto per dirne una, Parnasi, tramite una sua società avrebbe devoluto un’erogazione liberale da 250mila euro all’associazione “Più Voci”, una onlus che l’Espresso afferma essere molto vicina alla Lega.

Il progetto del nuovo stadio per la Roma, per Parnasi era un investimento decisivo a causa del suo forte indebitamento con l’Unicredit. Non a caso nella cementificazione dell’area di Tor di Valle, c’era spazio anche per un palazzone che avrebbe dovuto ospitare gli uffici dell’Unicredit a compenso, parziale, del debito verso l’istituto bancario. A tale scopo l’Eurnova, la società di Parnasi acquistò i terreni dell’ex ippodromo di Tor di Valle, dove dovrebbe sorgere lo stadio ma soprattutto il resto (palazzi, uffici, centri commerciali etc.), dalla società Sais della famiglia Papalia. Ma proprio su quest’ultima è già in corso un processo al tribunale di Roma. Secondo i magistrati dell’accusa, il contratto di affitto del terreno di Tor di Valle è stato oggetto di una serie di distrazioni da parte della società locataria, che hanno danneggiato i creditori delle due società, poi fallite. Sotto processo sono finiti gli imprenditori Gaetano e Umberto Papalia, già presidente e componente del Cda della Ippodromo Tor di Valle, società costituita nel 2008 per la gestione del galoppatoio ma fallita nel giugno 2013. I due Papalia sono anche soci e detentori del capitale della società Sais (fallita nel 2014). Tra gli imputati risultano esserci anche Umberto Ciccozzi, liquidatore della Ippodromo Tor di Valle, e Michele Saggese, ex amministratore unico della Sais.

Nelle trecento pagine dell’ordinanza di custodia cautelare della nuova inchiesta, risultano parecchie intercettazioni telefoniche. E da queste emerge il sistema di relazioni necessario a spianare la strada al progetto della cementificazione dell’area di Tor di Valle con il pretesto del nuovo stadio per la Roma.

Al presidente dell’Acea voluto fortemente da Beppe Grillo, Luca Lanzalone, Parnasi avrebbe promesso una consulenza da 100mila euro e un aiuto nella ricerca di una casa e di uno studio a Roma.

Lanzalone, prima di essere indicato per il vertice della azienda municipalizzata dell’energia e acqua di Roma (di cui il comune è azionista per il 51% ma l’azionista privato di riferimento è Caltagirone), era stato il consulente di fiducia del M5s ed aveva agevolato la mediazione con la nuova amministrazione comunale e lo stesso Parnasi. Erano i primi mesi del 2017 e la mediazione aveva fatto sbloccare il progetto.

Secondo l’ordinanza, per la Regione Lazio si sarebbe occupato della medesima questione Michele Civita, allora assessore all’urbanistica, al quale il gruppo Parnasi avrebbe promesso l’assunzione del figlio in una delle sue società. Alle trattative con Parnasi aveva partecipato anche il capogruppo del M5S in Campidoglio, Paolo Ferrara: secondo l’accusa avrebbe ricevuto da Parnasi un progetto per la riqualificazione del lungomare di Ostia. Per l’attuale vicepresidente della Consiglio Regionale, Palozzi, l’imprenditore avrebbe erogato fatture per operazioni inesistenti pari a 25mila euro.

Non solo. Dall’ordinanza di custodia cautelare emerge come Parnasi si fosse speso per “un’attività di promozione in favore del candidato del M5S alla Regione Roberta Lombardi” al fine di ottenere “favori del mondo 5 Stelle”. In questo modo “egli rafforza i suoi legami con Paolo Ferrara e con Marcello De Vito – scrive il gip nell’ordinanza –, che gli hanno avanzato tale richiesta in quanto ricoprono rilevanti incarichi nell’ambito dell’amministrazione capitolina. I due svolgono un ben preciso ruolo nell’approvazione nel progetto dello stadio”. Parnasi puntava così a creare “presupposti per lo sviluppo di ulteriori progetti imprenditoriali, essendo la Lombardi, oltre che candidata alla Regione, personaggio di spicco dei 5 Stelle a livello nazionale e quindi destinata, in ipotesi di un successo elettorale della sua compagine nelle elezioni politiche a ricoprire ruoli decisionali nel nuovo assetto che si determinerà all’esito del voto”.

Da quanto risulta dall’ordinanza, la sindaca Virginia Raggi appare totalmente estranea alle indagini in corso. Come noto, anche ieri ha manifestato l’auspicio che il progetto dello stadio possa andare avanti. A metà luglio era prevista la delibera comunale contenente il progetto su Tor di Valle variato sulla base osservazioni ricevute (il termine era scaduto lunedì notte) da inviare alla Regione Lazio per l’approvazione definitiva. Ma adesso l’inchiesta potrebbe portare allo stop dell’operazione e della cementificazione sull’area di Tor di Valle. Quello per cui per anni si sono battuti i comitati del territorio e, per una fase anche il M5S... fino a quando non è andato al governo della città.

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