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19/06/2018

Immgrazione, basta isterie


Questa è la curva demografica italiana uscita fresca fresca dall’Istat. Sempre più morti e sempre meno nati. I motivi sono molteplici, la precarietà certo non aiuta la natalità, ma il risultato è che siamo un paese sempre più vecchio. E un paese vecchio nell’economia globale regredisce in termini socio-economici.

Questo invece è il sondaggio apparso su Il Fatto Quotidiano in cui il 64% degli italiani vuole il blocco totale dell’immigrazione attraverso una misura di guerra come il blocco navale.

Poi ci sono altri dati come quello che smentisce come l’Italia sia un paese invaso dagli immigrati. Paesi come la Germania e la Svezia hanno una percentuale di stranieri in rapporto alla popolazione nettamente superiore. Ma qui percepiamo che vengono tutti e solo qui.

Si vede quindi come il primo problema da affrontare sia quello fra percezione e realtà, dovuto soprattutto alla martellante propaganda di chi ha ricevuto ampi dividendi in termini di voti da questa situazione.

Stiamo assistendo ad una grande confusione e polarizzazione di approcci al fenomeno dell’immigrazione che sta diventando un’isteria collettiva: a destra dove ogni colpa ed ogni male della nostra epoca viene riportato alla presenza di immigrati, di cui ormai si sa tutto, anche cosa mangiano e quanto costano al centesimo, mentre di chi comanda le nostre vite si sa poco e nulla.

Ma sta diventando un’isteria collettiva anche a sinistra dove c’è grossa confusione fra questione umana e solidale e questione politica. Cosa significa questione politica? Significa che invece di protrarre uno slogan come quello di ACCOGLIERE TUTTI che non vuole dire niente e non aiuta certo a comprendere la dimensione del fenomeno fra le masse, servirebbe un approccio comunicativo e di proposta politica che mettesse insieme la questione solidale e del soccorso con un una proposta sui sistemi di accoglienza che funzionano (e qui non funzionano), sui doveri verso le ex colonie (vedi caso eritreo), sui trattati internazionali, sulle conseguenze della Bossi-Fini come fabbrica di clandestinità, sulla vendita di armi al sud del mondo, sullo sfruttamento di risorse, sul problema ecologico e climatico che crea milioni di sfollati causati da disastri naturali e desertificazione.

È una sfida gigantesca ma che deve iniziare a trovare risposte altrimenti i numeri, fino ad ora contenuti, si trasformeranno in esodi epocali perché come i capitali (che ormai vagano nel mondo senza nessun limite), anche gli esseri umani tendono a spostarsi verso quei mercati che gli danno più opportunità, specialmente quando a casa loro (la famigerata casa loro) le opportunità sono molto ridotte. È un fenomeno naturale quanto quello che ormai i liberisti selvaggi pensano sia questa fase di capitalismo globalizzato e predatorio.

Quindi cosa rimane da dire in termini concreti? Intanto no agli sciacalli e alla propaganda tossica. Ma non basta. Perché c’è un problema POLITICO grosso come una casa: era ampiamente prevedibile che in una fase di crisi di sistema (vedi crisi subprime e bomba finanziaria dal 2007) e in una fase di arretramento di occupazione, diritti, salari e redistribuzione delle ricchezze (anche indiretta come i servizi) una larga fetta di popolazione individuasse nell’immigrazione il primo nemico, considerando gli immigrati potenziali competitori verso i residui diritti, la residua ricchezza e i residui servizi. Col rischio che questo poi diventi una convinzione anche da parte degli immigrati di prima generazione che si sentono minacciati dai nuovi. Così come non era difficile prevedere che in questo contesto l’immigrazione avrebbe potuto fare da detonatore di un malessere sociale diffuso.

Quindi la questione POLITICA oggi non può che andare in due direzioni: una teorica ed analitica che vada a spiegare questa situazione bloccando l’isteria collettiva e riportando le questioni alla ragione. Una di proposta politica verso l’esterno che aggredisca i problemi alla radice (sfruttamento, traffico d’armi e guerre assurde e criminali come ad esempio quella voluta da inglesi e francesi in Libia) e una verso l’interno che vada a recuperare il terreno perduto in termini di diritti e redistribuzione. Altrimenti si innescano guerre fra poveri.

Ah, dimenticavamo un’ultima cosa altrimenti saremmo tutti ipocriti. Se non ci fossero quotidianamente sbarchi e polemiche sull’immigrazione di cosa succede in Africa e come sono le condizioni di vita laggiù non gliene fregherebbe quasi a nessuno. Quindi come sempre, se il problema non si palesa, nessuno se ne occupa. Basta esserne coscienti.

Perché il problema non è Salvini (potrebbe anche non essere più ministro fra qualche mese) ma l’80% di un paese che dice che lui ha ragione e che segue le sue ricette (ciniche, speculative e alla lunga controproducenti) pensando che siano di buon senso. Chi fa politica, informazione, volontariato o soccorso deve sapersi misurare con questa dimensione.

Redazione, 16 giugno 2018

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