L’Unione Europea è salva, almeno a parole. E nella notte ha trovato un faticoso compromesso proprio sulle parole da infilare nel comunicato finale. Ma oltre alle parole è difficile immaginare qualche condivisione concreta.
Sarà il caso di andare per ordine, e in modo abbastanza sintetico, visto che l’annuncio dell’accordo è stato dato all’alba.
Fissato con l’idea di farne l’appuntamento decisivo per la “rifondazione” della UE, a costo di creare una “Europa a due velocità”, questo vertice ha rischiato la rottura completa sulla gestione dei flussi migratori. Lo scarto tra progettazione e risultati dà insomma la misura del conflitto scatenato tra i vari interessi (non solo o non tanto “nazionali”) da politiche europee che hanno creato o aggravato squilibri, diseguaglianze, egoismi da ricchi, odio e paura verso chi “sta sotto”. E siccome ogni strato sociale ha qualcuno che “sta sotto” il suo livello, ecco che il razzismo fascista ha preso corpo e forza in tutta Europa.
La gestione dei migranti è diventata così, per tutti i protagonisti dell’Unione Europea, un punto da risolvere in qualsiasi modo per distrarre la propria opinione pubblica, pressata ovunque dal peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro, nonché dalla riduzione del welfare e dei servizi pubblici. Quasi naturale, insomma, che sia stata la questione principale per tutti gli organi di stampa, a qualsiasi livello e di qualsiasi orientamento o proprietà.
L’accordo su questo fronte è stato raggiunto solo all’alba, si diceva, ed è articolato in dodici punti. Quello fondamentale è però soltanto uno: tutto quel che segue avverrà su base volontaria. Non c’è insomma nessun obbligo comunitario per nessun paese – se non sul fronte dei finanziamenti – di accogliere profughi. Anzi. C’è una sostanziale chiusura militare delle frontiere europee, secondo cui tutte le persone salvate in mare o fermate in altri modi, saranno prigioniere in “centri chiusi” alle frontiere dei “paesi volenterosi”, europei e non, fin quando le autorità non avranno deciso se classificarle come aventi diritto d’asilo oppure come “migranti economici” da rimpatriare velocemente.
L’approccio strategico – questo, sì, davvero “condiviso”, è infatti «rafforzare l’azione per prevenire un ritorno ai flussi incontrollati del 2015 e per ridurre ulteriormente la migrazione illegale, sulle rotte esistenti e su quelle nuove». Per questo, accettando la richiesta del governo grillin-leghista, si prevede «sul territorio europeo chi viene salvato secondo il diritto internazionale debba essere preso in carico sulla base di uno sforzo condiviso, attraverso il trasferimento in centri controllati istituiti in alcuni Stati membri, solo su base volontaria».
La precisazione sulla “volontarietà”, è fin troppo facile capirlo, esclude qualsiasi redistribuzione di profughi aventi diritto tra i vari paesi. Se non resteranno nei paesi di primo sbarco (Italia, Grecia, Malta, Spagna) bisognerà ringraziare i “volenterosi” disposti a prendersene una certa quota, decisa autonomamente in base alle proprie esigenze nazionali.
Si gioca sulle parole, come si vede, tra uno “sforzo condiviso” e una “base volontaria”, creando le premesse certe per ulteriori scontri tra governi che potranno considerarsi tutti liberi di fare quel che preferiscono, ma “in modo condiviso”. I gesuiti, insomma, hanno fatto scuola a tutti...
In particolare, i 28 hanno deciso «di esplorare il concetto di piattaforme regionali di sbarco», gestite in collaborazione con l’Alto commissariato dell’ONU per i rifugiati. «Queste piattaforme dovranno valutare le situazioni dei singoli, nel pieno rispetto del diritto internazionale, e senza creare un fattore di attrazione» dei migranti che vogliono arrivare in Europa. Non si precisa se le piattaforme debbano essere sul territorio europeo o in paesi terzi.
Il che, lo si ammetterà senza sforzo, è un bel pasticcio. Di fatto, l’Unione cerca di scaricare parte del peso del problema su altri (in parte l’Onu, in parte altri paesi mediterranei o dell’Africa sahariana), senza peraltro aver ancora stretto con questi soggetti terzi alcun accordo specifico. E infatti parecchi dei diplomatici di professione che hanno potuto leggere il testo hanno fatto notare che bisognerà risolvere non pochi problemi politici e giuridici.
La parte più facile è comunque l’eliminazione dei testimoni civili di quel che accade nel mar Mediterrano. L’impegno comune dei 28 è per “rafforzare il sostegno alla Guardia costiera libica”, e l’invito a «tutte le navi che operano nel Mediterraneo a rispettare le leggi applicabili e a non ostruire le operazioni della Guardia costiera libica». Quel che accade ai migranti sull’altra sponda, non è “affare” che interessi all’Europa...
“Esternalizzare il problema” era del resto l’unico compromesso possibile in una “comunità” dove tutti cercano di allontanare da sé quel problema. E qui si è avuta la verifica dell’indebolimento della Germania – e in particolare di Angela Merkel – come “guida” del processo di integrazione. La cancelliera tedesca doveva a tutti i costi spuntare un accordo sul blocco dei cosiddetti “movimenti secondari” – i migranti che passano dal paese di primo sbarco a quello ritenuto migliore per rifarsi una vita – per silenziare almeno in parte le richieste ultimative arrivate dal “suo” ministro dell’interno (Horst Seehofer, capo della Csu bavarese), che minaccia esplicitamente una crisi di governo e il ritorno a nuove elezioni. La pressione della destra interna è in questi giorni pressoché incontenibile, al punto che i para-nazisti di Alternative fur Deutschland addebitano tranquillamente la disfatta tedesca ai mondiali di calcio... alla presenza di calciatori etnicamente impuri!
Più semplice l’accordo sui fondi. Sono previsti trasferimenti per 500 milioni di euro dal Fondo europeo di sviluppo per rifinanziare il trust Fund per l’Africa, oltre a sbloccare altri 3 miliardi di euro per la Turchia.
Anche il regolamento di Dublino, ormai defunto per tutti, verrà modificato all’unanimità, come richiesto sempre dai Paesi di Visegrad, e non con la maggioranza qualificata, come invece sarebbe previsto dal trattato. Una “vittoria” per i paesi del gruppo di Visegrad, che si vedono così attribuire un diritto di veto su qualsiasi evoluzione che preveda una loro corresponsabilizzazione.
Più vaghi, ma inquietanti, i riferimenti allo “sviluppo economico dell’Africa”, con riferimento all’Agenda 2063, che palesemente prefigura un potente ritorno a pratiche colonialiste appena appena riverniciate.
Chiusa la questione immigrazione, su cui tutti hanno concentrato l’attenzione dell’opinione pubblica, nel silenzio più completo sembrano essere stati approvati invece i robustissimi punti economici previsti dall’ordine del giorno (anche se una coda di confronto tra i paesi dell’Eurozona è prevista per oggi).
Li elenchiamo per far capire quanto siano questi i veri pilastri di una governance che perpetua diseguaglianze e tensioni in grado di distruggere la struttura sociale e produttiva di interi paesi.
In ballo c’era infatti l’approvazione delle raccomandazioni specifiche per paese diffuse dalla Commissione Ue lo scorso 23 maggio.
In questo documento sono dettagliate le misure che ogni paese deve adottare da qui a 12 mesi. Per l’Italia il margine è strettissimo sul fronte dei conti pubblici, visto che la Ue richiede un aggiustamento strutturale dello 0,6% nel 2019, mentre il ministro Tria proverà a contrattare una maggiore flessibilità di dimensioni pressoché identiche. Secondo l’impostazione Ue ci sarebbero insomma da tagliare o trovare almeno 10 miliardi subito, mentre il governo pretenderebbe un maggior deficit vicino a quella cifra. La distanza tra due posizioni era calcolata in 20 miliardi. Vedremo...
Altra raccomandazione “che non si può rifiutare” è quella di «utilizzare entrate straordinarie per accelerare la riduzione del rapporto debito pubblico/PIL».
Mentre potrebbe avere effetti esplosivi sul sistema bancario nazionale l’ordine proveniente da Bruxelles: l’Italia deve «mantenere il ritmo della riduzione dell’elevato stock di crediti deteriorati e sostenere ulteriori misure di ristrutturazione e risanamento dei bilanci delle banche, anche per gli istituti di piccole e medie dimensioni». Al contrario, le migliaia di miliardi di “prodotti derivati illiquidi” (ossia invendibili, carta straccia) in mano alle banche tedesche e francesi non costituirebbero un “problema sistemico”. Solo una bomba atomica...
Ma la ciccia più interessante, dal punto di vista della popolazione italiana, è nell’indicazione di Bruxelles per «spostare la pressione fiscale dal lavoro, in particolare riducendo le agevolazioni fiscali e riformando i valori catastali non aggiornati. Intensificare gli sforzi per ridurre l’economia sommersa, in particolare potenziando i pagamenti elettronici obbligatori mediante un abbassamento dei limiti legali per i pagamenti in contanti. Ridurre il peso delle pensioni di vecchiaia nella spesa pubblica al fine di creare margini per l’altra spesa sociale».
Traduciamo, anche se forse non sarebbe necessario:
a) L’aggiornamento dei valori catastali delle case di proprietà è immediatamente un aumento delle tasse sulla casa (Imu), delle dichiarazioni dei redditi e relativa tassazione, ecc;
b) Il pagamento elettronico obbligatorio riduce certamente l’evasione fiscale, ma si trasforma automaticamente in un controllo totale della capacità di spesa dei cittadini;
c) “Ridurre il peso delle pensioni di vecchiaia” – quelle erogate quando proprio sei costretto per legge a uscire dal lavoro, oggi a 66 anni e 7 mesi – si può fare in molti modi:
1) aumentando ancora l’età pensionabile,
2) riducendo l’importo delle pensioni già erogate, ossia l’assegno mensile.
Su quest’ultimo punto – chiaramente incostituzionale, a legislazione attuale – l’attuale governo sta lavorando con un’altra “arma di distrazione di massa”, ossia i vitalizi degli ex parlamentari. Da questi tireranno fuori, è stato calcolato, appena 40 milioni di euro l’anno. I miliardi di risparmio si faranno mettendo mano alle pensioni di milioni di poveracci.
Come? Creando un precedente molto “popolare” di legge con effetti retroattivi (cosa vietata da tutte le Costituzioni liberali). Per ridurre di una fetecchia i vitalizi di poche migliaia di odiosi privilegiati si ammette la possibilità di “ricalcolare” un’intera carriera lavorativa con il più penalizzante “metodo contributivo” Ma siccome “la legge è uguale per tutti”, una volta fatta l’eccezione alla norma costituzionale, questa eccezione diventa la nuova regola. E dunque un governo può ridurre le pensioni già erogate a milioni di persone “ricalcolandole” con un altro metodo.
Su questo sarà necessario tornare quanto prima ma, come si può agevolmente vedere, “l’invasione dei migranti” non è esattamente il primo dei problemi di questo paese. Un po’ come “il traffico” a Palermo...
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