Mapping Police Violence è un sito che monitora il livello di violenza espresso dalla polizia statunitense: il primo dato utilizzato, ovviamente, è il numero delle vittime.
Aprendo la home page, la prima informazione che arriva è il numero dei morti: solo nel 2018 sono 466. “Police have killed 466 people in 2018”.
Sono tanti, considerato il fatto che siamo a fine giugno. Di questo passo, a fine anno si sfiorerebbe quota mille.
Sarebbe comunque andata meglio che nel 2017, quando – sempre secondo il sito mappingpoliceviolence.org, – le vittime sono state 1147.
Approfondendo i vari dati proposti (sono molti, diversificati e classificati in modo chiaro), emerge uno scenario quasi surreale nella sua drammaticità, ben noto a chi segue le vicende di politica interna statunitense con attenzione, ma forse meno evidente a chi si limita ad intercettare le notizie che ogni tanto l’informazione mainstream italiana riporta sulle vicende di “malapolizia” americane.
Per spiegare meglio di cosa stiamo parlando, partiamo dall’ultima vicenda di cronaca che è arrivata in Italia: la scorsa settimana, a Pittsburgh in Pennsylvania, un agente di polizia ha ucciso Antwon Rose jr, un diciassettenne afroamericano che stava fuggendo a piedi in seguito ad un controllo della vettura su cui si trovava insieme ad altre persone.
C’era stata una sparatoria, e la polizia aveva installato dei posti di blocco.
Ad uno di questi gli agenti hanno intercettato la macchina con a bordo il giovane che si è dato alla fuga.
Circola sulla rete un video della sparatoria: si vede il diciassettenne che inizia a correre, e immediatamente si sentono i colpi esplodere. Il ragazzo cade a terra.
Pochi secondi che raccontano quella che, nei fatti, è stata una sorta di esecuzione. Antwon Rose jr era disarmato e non rappresentava una minaccia. Il fatto che nella vettura siano state trovate due pistole diventa, nel migliore dei casi, una scusa per “ammorbidire” il senso della vicenda.
Viene alla mente un altro recente episodio, quello relativo alla morte di Stephon Clark, ventiduenne padre di famiglia ammazzato con venti colpi di pistola nel retro della casa dei nonni: gli agenti erano intervenuti in seguito ad una segnalazione di atti di vandalsimo, hanno scambiato Clark per un vandalo, e sopratutto hanno scambiato il suo smartphone per una pistola. Freddato.
A questo tipo di notizie ne affianchiamo altre due, utili a tirare qualche conclusione. La prima: nel 2014 due agenti sparano al 37enne Alton Sterling, afroamericano di Baton Rouge. L’uomo era stato fermato e bloccato a terra, e poi colpito a bruciapelo. I due agenti si erano difesi sostenendo che Sterling stava provando ad estrarre un arma, anche se i molti video realizzati non chiariscono il particolare. I due agenti sono stati scagionati.
Sempre nello stesso anno muore Gregory Vaughn Hill jr, afroamericano di 30 anni, anche lui freddato dalla polizia. Era ubriaco ed in possesso di un’arma scarica.
Un tribunale della Florida ha sentenziato che il risarcimento che spetta alla famiglia è di quattro euro, e che gli agenti non hanno ecceduto nell’uso della forza.
Torniamo al sito Mapping Police Violence: tra i vari dati riportati ce n’è uno particolarmente interessante. Nel 2015, tra le vittime della polizia, ben 100 erano persone disarmate. Esattamente come Antwon Rose jr, il diciassettenne ammazzato una settimana fa.
Di cosa parliamo, dunque? Di un paese in cui è legale detenere armi, in cui la polizia interviene spesso in modo letale, a prescindere dal fatto che la vittima sia armata o meno. Gli agenti coinvolti, infine, non vengono quasi mai ritenuti colpevoli di nulla.
Tre giorni fa è uscita in Italia la notizia del risarcimento di 60 mila euro che lo Stato italiano ha concesso ad un rom colpito alla schiena da un agente (condannato per questo a nove mesi) nel corso di un inseguimento e rimasto per questo semiparalizzato.
Il rom per quel furto è stato condannato ad undici mesi di carcere.
Nel clima che stiamo vivendo nel nostro paese di questi tempi la notizia è di quelle “succulente”, è stata riportata ed enfatizzata persino nel corso della seguitissima trasmissione radiofonica “La Zanzara” su Radio24.
Un agente di polizia nel corso di un inseguimento può essere autorizzato a sparare: un po’ come avvenne nella circostanza in cui morì Gabriele Sandri, ad esempio.
Abbiamo un metro di paragone che può aiutarci a riflettere: esiste un paese, gli Stati Uniti, in cui è legittimo detenere armi, in cui gli agenti sparano nel corso di interventi anche di routine, e lo fanno a prescindere dalla reale pericolosità della vittima. E non vengono mai condannati per questo.
E’ un paese in cui, sulla base di queste dinamiche, crepano mille persone all’anno, più – ad esempio – delle vittime civili (per anno) della guerra in Donbass. Che è, appunto, una guerra.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento