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18/06/2018

Forti contrapposizioni nella resistenza palestinese. Scontro politico sulle manifestazioni contro l’Anp

Ci sono problemi tra le organizzazioni della resistenza palestinese. Non è la prima volta che accade e ci coinvolge. Era accaduto in Libano nel 1983 e a Gaza nel 2006. Ci sono problemi che portano a contrapposizioni frontali che non vorremmo vedere ma che sono parte di ogni processo reale e delle forze che le animano. In particolare lo scontro riguarda l’atteggiamento dell’Anp verso alcune manifestazioni di protesta avvenute nei giorni scorsi In Cisgiordania, nei territori palestinesi amministrati dall’Autorità Nazionale Palestinese. Le manifestazioni contestavano le misure restrittive decise dall’Anp verso Gaza amministrata da Hamas e la polizia palestinese ha arrestato dieci manifestanti. Non è la prima denuncia su questo aspetto.

In questi giorni abbiamo ricevuto un documento dei compagni palestinesi dell’Udap e un articolo di replica del compagno palestinese Bassam Saleh di cui spesso abbiamo ospitato articoli sul nostro giornale. Sono, in entrambi i casi, compagni che conosciamo a stimiamo da anni. Riproduciamo qui di seguito il comunicato dei compagni vicini all’Udap e l’articolo del compagno Bassam Saleh (la prima vicina alle posizioni del Fplp, il secondo di Al Fath), consentendo ai lettori di Contropiano di avere a disposizione due punti di vista diversi e purtroppo contrapposti. Con l’augurio che la divisione tra le componenti nel movimento di resistenza palestinese venga superata.

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Comunicato dell’Unione delle Comunità e Organizzazioni Palestinesi in Europa sulla repressione esercitata dall’Autorità Nazionale Palestinese contro le pacifiche manifestazioni popolari tenutesi nelle città di Ramallah e Nablus.

L’Unione delle Comunità e Organizzazioni Palestinesi in Europa condanna fermamente i vergognosi crimini commessi dai servizi di sicurezza dell’Autorità Nazionale Palestinese nelle città di Ramallah e Nablus e ne attribuisce la completa responsabilità e conseguenze alla dirigenza dell’Autorità e dell’OLP. Questa barbara repressione va contro qualunque principio del nostro popolo e della sua lotta.

Le azioni commesse ieri dall’ANP nella Cisgiordania occupata, unite all’imposizione da parte delle sue dirigenze di ingiuste ed illegali sanzioni contro la popolazione di Gaza, confermano la natura di questa autorità, mero strumento di guardia dell’entità sionista e anch’esso oppressore del nostro popolo in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Il compito dell’ANP è quello di assediare la resistenza palestinese e facilitare ambigui accordi politici che ledono i legittimi diritti nazionali e la dignità dell’intero popolo palestinese.

Nello stesso momento in cui l’entità sionista porta avanti, in tutte le sue forme, l’aggressione, l’assedio, gli arresti, l’esproprio di terre, la demolizione di case, la fame imposta assieme a vere e proprie stragi collettive, l’Autorità Palestinese finalizza il lavoro delle forze di occupazione imponendo ulteriori sanzioni contro il nostro popolo, chiudendo qualunque interlocuzione politica e parlando alle masse popolari col solo linguaggio della violenza, dei manganelli e degli insulti.

L’Unione delle Comunità condanna queste pratiche criminali ed invita le masse e le comunità palestinesi ed arabe in Europa, con particolare riguardo i giovani, a mettersi di fronte alle proprie responsabilità contribuendo alla mobilitazione popolare per sostenere il nostro resiliente popolo in Palestina, sostenendo la sua lotta e portando avanti pressioni contro l’occupazione, l’autorità palestinese, le sue ambasciate e i suoi rappresentanti all’estero affinché cessino le sanzioni contro la Striscia di Gaza. Per questo è necessario che le mobilitazioni arrivino nella Diaspora e in Europa.

L’Unione delle Comunità considera la battaglia per la fine dell’assedio e delle sanzioni contro Gaza, assieme al contrasto all’aggressione dell’ANP ai diritti e alla dignità del nostro popolo in Palestina, parte integrante ed indivisibile della lotta del movimento di liberazione nazionale del popolo palestinese.

Libertà ai prigionieri nelle carceri dell’ANP

Saluti e auguri di pronta guarigione ai feriti

Vergogna agli oppressori del nostro popolo, dei suoi diritti e della sua dignità

Unione delle Comunità e Organizzazioni Palestinesi in Europa
14 giugno 2018

– LINK AL COMUNICATO SUL SITO DELL’UDAP

– LINK ALLE IMMAGINI DEGLI EVENTI DI IERI SERA

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Diritto di espressione nella nascente democrazia palestinese

di Bassam Saleh

Il diritto di manifestare, di fare sit-in, di organizzarsi, di scioperare, la libertà di espressione e le elezioni sono diritti garantiti dalla legge fondamentale a tutto il popolo palestinese. Questo non vuol dire che non ci siano delle cadute qua o là nella storia palestinese e dell’Autorità palestinese, e nella nostra nascente democrazia. Malgrado la permanente occupazione militare sionista, l’esperienza democratica palestinese regge ed è protetta dalla legge fondamentale e dall’autorità nazionale palestinese che opera, in una situazione impossibile, per approfondire e stabilire la democrazia nella realtà nazionale palestinese, e cerca di consolidarla nella coscienza collettiva e individuale della società.

Questa nascente democrazia è sotto attacco da parte di varie forze nemiche israeliane e da parte di chi ha attuato la secessione di Gaza con le armi, comprese anche diverse organizzazioni non governative (Ong) e purtroppo alcune opposizioni patriottiche, che cercano di sfruttare questa democrazia e abusarne (con le dovute differenze tra queste componenti), pugnalandola alle spalle.

Un uso assurdo e scandaloso, e, talvolta, abusivo e sospettoso, oltre che dannoso, di giuste manifestazioni di rivendicazione o altri eventi politici. Questo distorto uso della democrazia colpisce negativamente l’approfondimento dei fatti. Perché alcune forze ben pagate, che hanno una agenda non patriottica, o i golpisti di Hamas, e altri sotto copertura, in contrasto con il progetto nazionale palestinese, cercano di infiltrarsi nei percorsi democratici per diffondere il caos e diffamare il progetto nazionale, distorcere il ruolo e lo status dell’Autorità Nazionale e degli apparati di sicurezza, e oltraggiare la persona del presidente del popolo palestinese con cavilli e osservazioni fuorvianti. Dall’altra parte, c’è una opposizione nazionale e sociale che svolge le sue diverse attività sul terreno per rafforzare il partenariato politico, e che lavora per correggere carenze ed errori nella composizione delle istituzioni dell’Autorità Nazionale e nell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, senza esagerazioni e cieco estremismo, e quelle tendenze infantili che influenzano alcuni adolescenti.

La manifestazione che ha avuto luogo la sera di domenica scorsa a piazza Manara, tra le città di Ramallah e di Al-Bireh, convocata dai gruppi di ONG con l’adesione di alcune delle forze di sinistra, e (dietro le quinte) rappresentanti di Hamas, della Jihad islamica e altri, in linea di principio è stata una manifestazione legittima; è diritto delle varie forze manifestare, nel caso in cui sentissero che ci sono posizioni che non sono positive e che hanno una ricaduta negativa sul popolo e sui suoi diversi settori, o effetti negativi sui loro interessi personali e sociali.

Infatti, i manifestanti hanno svolto la loro manifestazione senza incidenti, esprimendo una grande e dovuta solidarietà con le rivendicazioni dei loro fratelli di Gaza e appoggiando il loro diritto come dipendenti ad avere lo stesso trattamento economico dei dipendenti in Cisgiordania.

Ma alcuni gruppi infiltrati e sul libro paga di forze estranee si sono mescolati ai manifestanti, sollevando slogan osceni e ostili all’Autorità e al suo legittimo presidente Abu Mazen, con infamanti e infondate accuse. Questi slogan politici riflettono gli scopi malevoli delle forze trincerate contro la legittimità nazionale. E con malevolenza si sono infiltrati nella schiera dei manifestanti come “il veleno nel miele”, cercando di deviare la bussola della manifestazione, scagliando contro la leadership palestinese accuse insopportabili e fuori luogo.

Alcuni hanno cercato di distogliere l’attenzione dall’obiettivo della dimostrazione, di ripulire la faccia di chi ha causato la secessione di Gaza dalla Cisgiordania, dimenticando 12 anni di divisione che hanno causato crimini e sventure alla causa del popolo palestinese in generale e alla popolazione della Striscia di Gaza in particolare, soprattutto perché alcune delle forze coinvolte, già da undici anni, hanno chinato la testa in modo non dignitoso davanti al dispotismo dei golpisti di Hamas.

Inoltre, le poche volte in cui hanno provato a esprimere apertamente il loro rifiuto alle violazioni di Hamas a Gaza, Khan Younis, Jabalia, Rafah e Gaza centrale, hanno avuto la loro parte di manganellate, oltre a subire persecuzioni e prigione, e persino minacce di morte. Questi gruppi, rassegnati e alla ricerca del quieto vivere con Hamas, praticano il lavoro della Croce Rossa, attestandosi sulla neutralità tra i patrioti e le canaglie che sono fuori legge e fuori della legittimità nazionale.

Senza voler riaprire le ferite di alcune delle forze di opposizione, che hanno abbassato la testa, con posizioni non commisurate, con i loro riferimenti ideologico-politico-intellettuali, di strategia politica e tattica, posizioni che hanno deteriorato il ruolo da loro adottato nel complesso del progetto nazionale, caduto nella miseria della loro ingenua scommessa utilitaristica, e hanno accettato di partecipare ad un piano ben orchestrato con l’obiettivo di destabilizzare la situazione di sicurezza in Cisgiordania, trascinandola in un scontro militare fra palestinesi con l’intervento dell’esercito di occupazione.

Questo non serve ad altro che a preparare il terreno al piano di Trump, che mira alla liquidazione della causa palestinese, e lo si vede dal trasferimento dell’ambasciata USA a Gerusalemme e dalle frequenti votazioni americane all’Onu contro ogni tentativo di decisione a favore della Palestina. Tutto avviene nel momento in cui la leadership palestinese sta affrontando con grande coraggio il piano sionista e americano, sostenuto da alcuni regimi arabi, sia a livello interno che internazionale e regionale, e mentre il popolo palestinese continua la sua lotta pacifica contro l’occupazione, sia in Cisgiordania sia a Gerusalemme e a Gaza, con le grandi manifestazioni per il diritto al ritorno, pagando un caro prezzo in vite umane, per ricordare al mondo intero che dopo 70 anni sta aspettando l’attuazione della risoluzione 194 per ritornare in Palestina.

Tuttavia, sulla questione della riduzione degli stipendi dei dipendenti di Gaza vale la pena sottolineare ciò che hanno confermato il Comitato Esecutivo dell’Olp e il Comitato centrale del movimento Fatah, cioè che nell’interesse nazionale gli stipendi al personale della Striscia di Gaza vanno corrisposti, per intero e senza riduzione, come ai loro colleghi in Cisgiordania, e senza deroga. Perché lo stipendio è un diritto garantito dalla legge e dalla legittimità dell’Olp, unico legittimo rappresentante del popolo palestinese a cui alcuni, invano, hanno cercato di creare un’alternativa, alla vigilia della seduta del Consiglio Nazionale Palestinese (il parlamento palestinese) tenutasi il mese scorso. Tentativo, voluto da Hamas e Jihad islamica con l’alleanza di ciò che è rimasto della sinistra palestinese, che è fallito. Ci rincresce tanto la mancata presenza al CNP dei compagni del FPLP, che non hanno voluto partecipare al CNP di Ramallah occupata, dimenticando che il Segretario generale del Fronte, Mustafa Abu Ali, è stato assassinato nei Territori occupati, dove svolgeva il suo lavoro, e un altro Segretario, Ahmad Sa’adat, è stato arrestato nei Territori occupati. Quindi mettersi sotto la tutela e accettare il ricatto di Hamas, in cambio di poche agevolazioni a Gaza, vale più dell’unità nazionale! Una caduta imperdonabile.

Detto ciò per chiarezza, trovo importante precisare che l’ANP è una conquista delle lotte palestinesi, nel bene e nel male, e va protetta e riformata perché è il nucleo dello Stato palestinese riconosciuto dall’Assemblea generale dell’Onu. Vale lo stesso discorso per l’Olp, che è la casa di tutti i palestinesi; accusarla e diffamarla, come fanno alcune fazioni palestinesi, serve solo ai piani sionisti di liquidazione della causa palestinese. Leggo nei comunicati che sono usciti subito dopo i fatti di Ramallah e Nablus miopia politica e infantilismo. Chi mette la lotta di liberazione dall’occupazione coloniale allo stesso livello della lotta contro l’Autorità nazionale, di sicuro tradisce i principi rivoluzionari della sua organizzazione.

Penso che la stragrande maggioranza del popolo palestinese considera che il nemico principale è l’occupazione sionista, avamposto dell’imperialismo mondiale che i palestinesi da oltre cento anni stanno combattendo per il loro diritto all’autodeterminazione, alla libertà e l’indipendenza.

Infine, i fedeli alla legittima leadership e alle istituzioni nazionali palestinesi esprimono la ferma condanna a qualsiasi forma di repressione, e riaffermano che la libertà di espressione, in tutte le sue forme, è garantita a tutti dalla legge fondamentale palestinese. E chiediamo una commissione di indagine sui fatti accaduti. Ricordiamo anche che nei paesi democratici non è permesso manifestare senza l’autorizzazione delle autorità competenti. Ci sentiamo in dovere di difendere tutte le organizzazioni palestinesi, rifiutando di condannare qualsivoglia di esse o di registrarle sulla lista nera; l’esempio più recente è l’ultimo, fallito (per rigetto dei paesi arabi) tentativo americano all’Assemblea dell’Onu di condannare alla pari Israele e Hamas.

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