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25/06/2018

BUTAC ci dà dei bufalari. Ecco perchè non è così

Domenica scorsa un nostro post sulla nostra pagina Facebook ha ricevuto le attenzioni della pagina BUTAC (Bufale un tanto al chilo) che cerca di smascherare le bufale che girano sui social network. Un post che è stato visualizzato su oltre 800.000 bacheche e che ha ricevuto oltre 200.000 interazioni in aggiunta a 3000 like e 4000 condivisioni.

Cosa diceva il nostro post di così clamoroso? Mostrava alcune foto scattate su un pullman partito da Viareggio che andava a partecipare ad una manifestazione a Roma organizzata dal sindacato USB dal titolo “Prima gli sfruttati” contro Jobs Act, legge Fornero, sfruttamento e precarietà. Nelle foto si vedeva una persona con abiti civili (un poliziotto in borghese), fotografare le persone sedute sul pullman. Infatti tutti i pullman partiti per Roma sono stati fermati e le persone fotografate con il documento in mano come riportano numerose testimonianze e come poi hanno confermato ulteriori foto (anche con poliziotti in divisa) e questo video.

Quindi nessuna bufala ma la pura realtà. Anche perchè le bufale sono un fenomeno che sta devastando la cultura civile, sociale e politica del nostro paese e da sempre cerchiamo di combatterle in ogni modo, e abbiamo parlato diverse volte di quanto siano dannose, oltre a dedicargli anche prime pagine del nostro giornale cartaceo.

La nostra testata nasce nel 2005. Facciamo informazione indipendente da 13 anni, fino allo scorso anno anche con un giornale cartaceo che veniva spedito ai nostri associati e si trovava nelle edicole della nostra città, ed era “acquistabile” ad offerta libera.

Inoltre ci teniamo a dire che sì, siamo un giornale di parte, un giornale che ripudia il fascismo, il razzismo, il sessismo e che quotidianamente denuncia tutti i sistemi e le norme che producono un sempre maggiore impoverimento delle masse a favore di pochi detentori delle ricchezze.

Siamo totalmente autofinanziati e questo garantisce la nostra indipendenza editoriale, inoltre né sul nostro sito, né sulla nostra pagina facebook o sul giornale cartaceo sono mai apparse pubblicità, quindi non siamo acchiappa like per lucro o altri motivi. Semplicemente raccontiamo le notizie con il nostro punto di vista. Qui potete trovare “chi siamo“.

Questa premessa era necessaria per spiegare perchè non possiamo tollerare di finire su un sito che si occupa di “bufale” come se avessimo distorto una notizia, prima cosa perchè siamo giornalisti e “militanti politici” e su alcuni di quei pullman c’era anche gente che appartiene alla nostra redazione; secondo perchè l’accusa di generare inutilmente indignazione e rabbia, la vogliamo rispedire al mittente.

Ma perchè BUTAC si è occupato di noi? Perché secondo loro i fatti da noi raccontati e vissuti in prima persona, sono “meno eclatanti di quello che sembrano”. E secondo loro il fatto che nel nostro post abbiamo menzionato l’attuale governo e abbiamo denunciato una deriva verso uno stato di polizia è fazioso.

Ebbene questa è una vera e propria bufala, per due motivi. Il primo perchè l’ordine pubblico è gestito di volta in volta da questure e prefetture (che rappresentano il governo) su indirizzo del ministero degli interni, sulla base di valutazioni tecniche e politiche e sulla base delle norme vigenti. Visto che abbiamo partecipato a decine e decine di manifestazioni a Roma, possiamo dire che quello che è avvenuto sabato scorso non l’avevamo mai visto ad un corteo sindacale autorizzato ed oltretutto organizzato da un sindacato riconosciuto. Forse non è chiaro, ma se una prefettura decide di applicare misure preventive o repressive che si rifanno a norme in vigore del codice Rocco, non è che è colpa di Rocco o di Mussolini. La responsabilità è di chi oggi decide di applicare quel livello di controllo o di repressione preventiva.

Per BUTAC “Non c’è nulla di strano nei controlli pre-manifestazioni”, e secondo loro la polizia da molto tempo controlla i manifestanti e può chiedere i documenti a chi vuole. In seguito si parla di un sacco di leggi che evidentemente l’autore dell’articolo cita senza aver capito cosa sia successo sabato scorso.

Quindi vediamo di smontare le accuse di aver fomentato inutilmente l’indignazione.

Ciò che è grave in quanto successo, non è la richiesta di identificazione delle persone. Questa cosa è assolutamente legale e prassi giuridica. Si va un po’ oltre invece se si vuole identificare TUTTE le persone che partecipano ad una manifestazione. Su questo punto si scontrano il diritto e il controllo dell’ordine pubblico, con l’articolo 7 della legge n° 121 del 1° aprile 1981 che recita:
b) è vietato raccogliere informazioni e dati sui cittadini per il solo fatto della loro razza, fede religiosa od opinione politica, o della loro adesione ai principi di movimenti sindacali, cooperativi, assistenziali, culturali, nonché per la legittima attività che svolgano come appartenenti ad organizzazioni legalmente operanti nei settori sopraindicati.
Su questo fatto ci sembra che fermare TUTTI, ripetiamo TUTTI i pullman diretti ad una manifestazione politica, ed identificare tutte quante le persone, sia una cosa molto assimilabile al “raccogliere informazioni e dati sui cittadini per la loro opinione politica, o per adesione ai principi di movimenti sindacali” (la manifestazione era appunto organizzata da un sindacato).

Ma quello che riteniamo più grave di tutta la faccenda, e che evidentemente l’autore di BUTAC non ha capito, è questo pezzo del nostro post: “ogni manifestante è stato schedato e fotografato in faccia con carta d’identità in mano”.

Questa pratica non ci pare sia autorizzata esplicitamente da nessuna legge. La legge che spiega e regolamenta l’identificazione è l’Articolo 4 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS) – (R.D. 18 giugno 1931, n.773). Ecco cosa dice:
L’autorità di pubblica sicurezza ha facoltà di ordinare che le persone pericolose o sospette e coloro che non sono in grado o si rifiutano di provare la loro identità siano sottoposti a rilievi segnaletici.

Ha facoltà inoltre di ordinare alle persone pericolose o sospette di munirsi, entro un dato termine, della carta di identità e di esibirla ad ogni richiesta degli ufficiali o degli agenti di pubblica sicurezza.
Il rifiuto all’identificazione è punito con l’articolo 651 del Codice Penale che recita così:
Chiunque, richiesto da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni (1), rifiuta di dare indicazioni sulla propria identità personale, sul proprio stato, o su altre qualità personali (2) (3) , è punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a duecentosei euro.

(1) La richiesta deve essere legittima e deve al contempo provenire da un pubblico ufficiale, qualifica riconosciuta anche al controllore o al capotreno rispetto al controllo dei titoli di viaggio.

(2) Si tratta di un reato omissivo proprio che difatti si sostanzia in un’attività di inerzia nei riguardi della richiesta di identificazione mossa dall’autorità di polizia.

(3) E’ sufficiente ai fini dell’integrazione della norma in esame che il soggetto declini le proprie generalità, non essendo richiesto che fornisca i documenti attestanti la propria identità personale. 
Tornando al succo della questione, la legge parla della possibilità in qualsiasi momento, da parte di un pubblico ufficiale, di “identificare” una qualsiasi persona.

Nel diritto, per “identificazione” si intende l’accertamento dell’identità personale. E’ quindi evidente, oltre che specificato nell’articolo 651 del codice penale, che per identificare una persona basta che questa fornisca le proprie generalità a voce, o esibendo un documento. Se poi l’autorità ritiene che queste generalità siano false, scattano tutta una serie di ulteriori controlli, possibilità di fermo, ecc. che però non sono questo il caso che ci interessa. Quello che ci interessa, è che da nessuna parte si dà la possibilità all’autorità di fare una fotografia del documento. Oltretutto senza sapere cosa ne verrà fatta di quella fotografia e di quei dati che sono regolamentati dalla disciplina sulla privacy.

Se poi qualcuno è curioso di leggere un po’ dei 5000 commenti vi mettiamo qui il link.

In particolare segnaliamo quelli che commentano dicendo che se uno è onesto non ha niente da temere da qualsiasi tipo di controllo e schedatura e che in ogni caso le manifestazione si devono svolgere nei limiti previsti dalla legge. Fino a ieri volevano mettere a ferro e fuoco, su Facebook, l’Italia e il suo governo non eletto dal popolo, oggi chiedono solo ordine. Una posizione talmente miope che se la storia si fosse sviluppata su quella dinamica invece che sul conflitto, probabilmente saremmo sempre al servaggio della gleba o allo Ius primae noctis.

Purtroppo anni di leghismo e di Mediaset ma anche di propaganda del M5S hanno impedito di sviluppare la differenza fra il concetto di giustizia e legalità. Rendiamoci conto tuttavia che siamo circondati da pericolosi eversivi visto che la grandissima maggioranza degli elettori di questo governo è contraria a quasi tutti gli articoli della Costituzione (specialmente la parte sui PRINCIPI FONDAMENTALI e quella sui DIRITTI E DOVERI DEI CITTADINI) ma non ad esempio al pareggio di bilancio che larga parte nemmeno conosce. C’è soprattutto difficoltà a comprendere che fra le funzioni delle norme e delle leggi c’è anche quello di bilanciare i poteri fra governo e cittadini e disciplinare il rapporto fra controllore e controllato. Sono discorsi di sistema che sono alla base dello stato di diritto da qualche secolo. Possono sembrare complicati ma non lo sono, il problema è che per molti concittadini qualsiasi sistema dovrebbe occuparsi di ciò che accade entro il raggio del proprio naso.

Ma i più belli di tutti sono quelli per cui se contesti il sistema dell’ordine pubblico o critichi il comportamento di qualche poliziotto o la repressività di una norma sei un ipocrita perché quando poi ti rubano in casa o ti aggrediscono chiami la polizia. Se vi capita che qualcuno vi dica così, rispondetegli pure che se uno critica il sistema sanitario nazionale per il servizio che dà o qualche dottore per i comportamenti che tiene o gli errori che fa, la prossima volta che si deve operare lo faccia da solo in casa sua o vada in una clinica privata. Vediamo cosa risponde.

Ribadiamo tuttavia un concetto. La preoccupazione principale non deve essere Salvini ma i milioni di persone che lui e questo governo rappresentano ampiamente. Non c’è un governo golpista al potere ma un governo che rappresenta ampiamente una parte di Paese. Per ora minoritaria elettoralmente (considerati gli astenuti) ma maggioritaria culturalmente. Chiunque deve fare i conti con questo. Prima ce ne rendiamo conto, meno tempo si perde.

Redazione, 23 giugno 2018

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