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28/06/2018

Tria e la Lega affossano il “decreto dignità”

“Beppe abbiamo un problema”. L’invocazione diventata un tormentone, ovviamente spostandosi da Houston a Genova, si adatta bene a quanto sta accadendo dentro la triade di governo.

Il problema, ovviamente, sono le risorse per fare le cose promesse in campagna elettorale e sulle quali c’è una forte aspettativa da parte degli elettori. Ma dei tre contraenti del governo, due si stanno mettendo di traverso.

Lo stop al decreto dignità – voluto dal vicepremier e ministro Di Maio, ma fortemente osteggiato dalle associazioni degli imprenditori e dunque anche dalla Lega – è arrivato dal ministro dell’Economia Giovanni Tria, con una scelta condivisa e appoggiata dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giorgetti. Lo stesso Giorgetti che durante il Consiglio dei ministri ha ammonito i colleghi a verificare sempre le coperture finanziarie dei provvedimenti che intendono varare.

Ieri sera dall’ordine del giorno del Consiglio dei ministri è infatti scomparso il decreto legge “dignità”, messo a punto dal vicepremier e pluri-ministro Di Maio. Si tratta di un provvedimento piuttosto articolato, che vorrebbe intervenire su molti temi, dalla pubblicità del gioco d’azzardo alle regole per le assunzioni, passando per l’abolizione di molte misure fiscali di lotta all’evasione e una tassa sulle delocalizzazioni.

Secondo Di Maio, il decreto “sta facendo il giro delle Sette Chiese, tra bollinature e cose che sto scoprendo solo adesso, ma il testo è pronto. Deve essere solo vidimato dai mille e uno organi di questo paese”. Dunque sembrerebbe solo un problema burocratico (ma non ha minacciato interventi in materia...).

La faccenda appare però assai più complessa, sia sul piano economico che politico. Il decreto legge è stato infatti stoppato dal ministro dell’Economia Giovanni Tria: gli uffici della Ragioneria avrebbero avuto da ridire sulle coperture finanziarie di alcune misure, giudicate insufficienti e inadeguate. A cominciare dall’abolizione dell’obbligo dello split payment, un meccanismo tributario mirato a contrastare l’evasione del pagamento dell’Iva quando si ha a che fare con la pubblica amministrazione. Una misura, introdotta nel 2015 dal governo Renzi, che ha indubbiamente complicato la vita dei contribuenti onesti, costretti a gestire problemi di liquidità. Ma lo split payment ha dato buoni risultati sul piano del gettito Iva nel biennio 2015-2016, quantificabile in circa 3,5 miliardi.

Ma non è un mistero che il “decreto Dignità” punterebbe anche a ridurre il grado di flessibilità e precarietà del mercato del Lavoro, né che la Lega pesca molti consensi tra i prenditori delle piccole medie e imprese, spesso sopravvissute alla crisi solo spremendo fino all’osso dipendenti senza più diritti e tutele.

Dunque il sodalizio tra i professori euri-nomani e la Lega avrebbe sostanzialmente congelato il primo provvedimento “sociale” del nuovo governo, pur di non dispiacere i guardiani di Bruxelles che vegliano sul rispetto dei vincoli di bilancio e gli industrialotti leghisti.

Il problema quindi c’è. Non sarà il primo e non sarà l’ultimo per questo governo.

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