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26/06/2018

La “sinistra” è inadeguata per opporsi a questo governo

Nei giorni scorsi si è tenuto a Napoli un dibattito tra comunisti ed attivisti politici e sociali, organizzato dalla Rdc, finalizzato alla comprensione e all’analisi del Governo Conte.

La Rete dei Comunisti ha inviato, nei giorni scorsi, una traccia di discussione su cui venerdì 22 giugno si è avviato il dibattito presso la Sala Nugnes del Comune di Napoli.

Riportiamo un sintetico report degli interventi per socializzare ai nostri lettori un quadro dei temi affrontati nella discussione sviluppata.

Michele Franco per la Rete dei Comunisti, nella sua introduzione all’assemblea, ha sostenuto la necessità di un’analisi a più voci slegata dalle “incombenze” dell’attività politica quotidiana. Quello che è certo è che il governo Conte rappresenta una cesura rispetto ai governi degli ultimi trent’anni. Una cesura legata al contesto internazionale di competizione interimperialistica. Il 4 Marzo c’è stata una “rivolta elettorale”, per altri versi analoga all’ascesa di Berlusconi nel panorama politico italiano più di trent’anni fa. Già allora si gridava al fascismo ma non si trattò di fascismo anche perché i poteri forti del capitale non hanno seguito Berlusconi ma hanno sostenuto le forze che garantivano l’adesione dell’Italia all’Unione Europea e all’Euro. Ci troviamo in una situazione in cui c’è meno margine redistributivo e c’è minore possibilità di mediazione sociale. Le scelte concrete che si possono fare sono legate alla dura realtà dei fatti e quest’ultima è l’UE con tutta la sua capacità di pressione. E già adesso questo governo si va adeguando all’Europa e alla Nato. La guerra protezionistica iniziata dagli Usa porterà ad un’ulteriore centralizzazione autoritaria in Europa. E’ necessario abbandonare la “Sinistra”, intesa come i ceti politici che in questi anni hanno del tutto abbandonato il rapporto con la classe. La questione europea è centrale e non ideologica: anche la formazione del governo Conte ha manifestato tutta la centralità di tale questione. Bisogna uscire dall’UE senza tornare ad un angusto nazionalismo (ipotesi di area Euro/mediterranea). Altre questioni molto importanti sono quella sindacale, che esige una scelta di campo stante l’irriformabilità della Cgil. A questo proposito è stata importante la manifestazione a Roma del 16 giugno contro le “disuguaglianze sociali”. Preoccupazione per lo spaesamento causato dall’offensiva ideologica di Salvini. Bisogna ancorarsi ad una concezione metodologica che resta quella dell’analisi concreta della situazione concreta. In questo contesto la sperimentazione avviata con Potere al Popolo va sostenuta anche attraverso l’approfondimento politico e programmatico per definire PaP come soggetto politico, sul versante della necessaria Rappresentanza Politica, e non come mero cartello elettorale.

Maria Pia Zanni per l’Usb ha riscontrato la necessità di estendere ulteriormente questa discussione. Per individuare gli strumenti che ci consentano di reagire a questo governo bisogna andare a ritroso nell’analisi e vederne la genesi negli stessi “governi tecnici” che hanno usato il ricatto del debito e della crisi seminando povertà ed incertezza sociale anche nei ceti medi. A questo processo non c’è stata una risposta adeguata e c’è stata anzi una mancata rappresentanza del blocco sociale con conseguente scardinamento della cultura politica di estrazione proletaria e popolare in nome di una politica che non fosse né di destra né di sinistra. Nel frattempo questo governo già sconfessa le sue intenzioni sia di rottura con l’Unione Europea sia per quanto riguarda l’istituzione di un vero reddito di cittadinanza. Si parla anzi di riduzione delle aliquote fiscali e di maxi-condono, con una riduzione delle entrate e una riduzione corrispondente dei servizi sociali. Rimangono come strategia di distrazione di massa le parole d’ordine di tipo securitario. Occorre riaprire spazi di democrazia reale non solo nei posti di lavoro ma anche nei territori.

Rosario Marra per Rifondazione Comunista ha concentrato la sua attenzione sulla possibilità che questo nuovo governo possa mirare ad una sorta di ulteriore attacco alla Costituzione, possibilità ancora remota ma che nel lungo periodo potrebbe rendere più plausibile l’ipotesi di un “fronte democratico” che nel breve periodo va, però, rifiutata. Il punto è vedere come procederà l’accumulazione delle forze di questi soggetti, accumulazione che ha bisogno di tempo per essere meglio valutata. Un secondo punto su cui Marra ha posto l’attenzione riguarda l’individuazione dei ceti rappresentati da questo governo che non sono solo le piccole imprese aventi un mercato sostanzialmente interno, ma anche le imprese orientate all’esportazione che sono molto diffuse proprio nei territori ormai da anni amministrati dalla Lega. Ovviamente l’UE difficilmente potrà venire incontro a queste istanze. Per quanto riguarda invece la strategia per contrastare questo disegno, bisogna evitare ogni scorciatoia politicista e dunque – nel caso di Potere al Popolo – lavorare per una democratizzazione non solo apparente del suo processo di costituzione, valorizzando l’adesione individuale ed evitando il correntismo che indebolì, fin dal suo costituirsi, Rifondazione Comunista quando si costituì all’indomani dello scioglimento del vecchio PCI.

Salvatore Galiero per il Pci ha fatto notare come questo governo nato anche all’insegna dell’onestà a tutti i costi rappresenti invece un centro di collusione con gli evasori fiscali e con associazioni equivoche come l’Opus Dei. Questo governo è anche il frutto di una riforma del titolo V° della Costituzione che è risultata monca proprio per quanto riguarda i fondi di perequazione tra le regioni del paese. L’ipotesi dell’Euro/Mediterranea è affascinante ma soprattutto bisogna ritrovare il collegamento con la classe e per fare questo bisogna rinnovare il linguaggio della politica e del suo agire.

Giovanni Pagano di Napoli Direzione Opposta ha “interpretato” il ruolo di voce un po’ fuori dal coro affermando che il problema non è che Salvini sia al governo, ma che non ci sia una vera opposizione in questo paese. Pagano ha evidenziato come la Lega già governi da anni la parte più produttiva del nostro paese e come questo governo sia in continuità con i governi di centrosinistra sia per le gestione dell’immigrazione, sia per la gestione della sicurezza, sia per l’impianto neoliberista. Ha ricordato come il referendum sia stato soprattutto in opposizione a Renzi (e quindi dentro c’era in parte anche il voto alla Lega, a Berlusconi e ai Cinque Stelle). Bisogna evitare il rischio di sostituire il proletariato (in cui ci sono anche migranti) con i migranti. La strada da percorrere implica che i problemi (anche quello che riguarda la questione europea) vadano affrontati partendo dai territori come dimostrano alcune esperienze (Barcellona, Valencia, alcune città greche). Devono essere le comunità territoriali a confliggere con questa Europa. Bisogna sottolineare la centralità della questione meridionale dal momento che la Lega ripropone in chiave nazionale la difesa di interessi propri del Nord, ristabilendo per altre vie l’equilibrio che il Pci aveva accettato all’epoca della cosiddetta Prima Repubblica.

Francesco Tirro dell’Opg ha ricordato che non possiamo, al momento, definire il blocco sociale legato a questo governo né guardando i flussi elettorali né la distribuzione regionale del voto. Ci sono, nei ceti che hanno vinto le elezioni, anche contatti con il grande capitale. Ad esempio: la distanza tra la piccola impresa orientata al mercato interno e quella orientata all’esportazione non è incolmabile. Comunque le promesse espansive sono state già subordinate ai parametri di bilancio e per favorire il piccolo capitale si continua a precarizzare il lavoro e si pensa di ridurre le entrate fiscali, tanto è vero che il Sole 24 Ore che è la voce del grande capitale nazionale evidenzia il suo disaccordo dal momento che questo grande capitale nazionale più che prendere respiro vuole che l’integrazione europea sia completata. L’elettorato deve invece accontentarsi di un nemico. Il punto è vedere quanto questa coalizione può dilazionare la parte più economicamente espansiva delle proprie promesse. Al momento la Lega cresce e fa campagna elettorale anche se i Cinque Stelle al basso profilo tentano di accoppiare qualche risultato concreto come si vede dalla trattativa relative ai riders. Per quanto riguarda noi, non dovremmo subire l’agenda del governo, ma, oggettivamente, la subiremo. Il punto è che per le masse popolari non c’è differenza tra sinistra moderata e sinistra radicale. Anche noi siamo stati sconfitti al di là delle nostre responsabilità. Bisogna fare opposizione di classe e non considerare questo governo un nostro interlocutore così come non era i governi Renzi. Abbiamo di fronte una strada strettissima nella quale bisogna alimentare l’indignazione senza al contempo alimentare l’ideologia che trionfa al momento. La continuità tra questo governo e i precedenti c’è, ma la novità è lo sfondamento ideologico nei settori popolari che deve essere assolutamente scongiurato per cui non si può arretrare di un solo passo sull’antirazzismo che diventa la linea di demarcazione e di una possibile ricostruzione culturale e politica. Su Potere al Popolo: nei prossimi giorni sarà lanciata la campagna di adesione mentre continua la costruzione e la sedimentazione delle assemblee territoriali che dovranno essere, sempre più, l’ambito decisionale di PaP.

Michele Franco ha concluso l’assemblea valorizzando lo svolgimento di una discussione vera e non formale, da cui si desume che se i comunisti vogliono avere un futuro non possono ridursi ad un ruolo testimoniale o, semplicemente, propagandista di temi generali e generici ma devono svolgere una funzione realmente di avanguardia culturale, sociale e politica su tutto l’arco delle questioni che attengono alle forme del dominio capitalistico.

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