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21/06/2018

L’asse franco-tedesco difende le proprie banche, e lascia ragliare gli asini

Quanto bisogna credere agli strepiti di Salvini? Ben poco. Ormai lo stanno capendo tutti, meno i potenziali elettori censiti da sondaggi ancora trionfali. Cerchiamo quindi di illuminare proprio le zone scure che tutto il governo grilli-leghista vorrebbe continuare a tenere in ombra.

E partiamo dalla cronaca di stamattina che riferisce dell’ennesima esternazione del boss leghista che, a quanto pare, non trova ancora il tempo di calarsi nel ruolo di semplice ministro degli interni. «Se andiamo lì per avere il compitino già preparato da francesi e tedeschi è giusto risparmiare i soldi del viaggio», ha detto dallo studio di Vespa. Con la bozza di Meseberg, frutto dell’incontro tra Macron e Merkel, «pensano di mandarci altri migranti invece di aiutarci ed in cambio faranno poi i centri di raccolta fuori dall’Europa, ma meglio un uovo oggi».

Non sappiamo se si sia accorto che il “trappolone” franco-tedesco sta nascosto in tutt’altra parte. E precisamente là dove si parla di banche. Siamo certi che il prof. Tria l’ha invece capito benissimo, ma ha preferito – in Parlamento – far finta di nulla e garantire comunque l’impegno italiano a rispettare i vincoli posti dai trattati, a cominciare dalla riduzione del debito.

Di che si parla in quella bozza che, la prossima settimana, farà da base al vertice europeo dei capi di stato e di governo?

Di meccanismi “tecnici”, come sempre, che si tramutano in cappi politici. Ad esempio: se si pone l’obiettivo della riduzione al 5% lordo – e al 2,5% netto – dei “crediti deteriorati” in mano alle banche a prima vista sembra una cosa neutra, politicamente indifferente. Stiamo parlando di prestiti fatti a clienti soprattutto aziende, per entità delle somme, che ormai hanno ben poca probabilità di essere restituiti. In inglese li chiamano non performing loans (Npl). A noi poveri mortali che faticano ad arrivare a fine mese, che ce ne importa?

Indirettamente, molto. Bisogna infatti sapere che le banche italiane presentano in questo momento una situazione pesante proprio su questo fronte, con npl lordi all’11% dei prestiti totali, e netti al 6%. Dunque dovrebbero smettere di prestare soldi alle imprese (e in parte anche alle famiglie) e fare pressione sui clienti per “rientrare”; oppure cartolarizzare queste “sofferenze”, svendendole a qualche pirata della speculazione.

Le conseguenze sono immediate anche nella vita economica: rallentamento del credito, rincaro dei tassi di interesse praticati sui prestiti privati, difficoltà aggiuntive per imprese e famiglie a corto di liquidità, dunque frenata nella crescita economica e nei consumi. Insomma, meno posti di lavoro, salari più bassi, contratti più precari.

Si dirà: beh, certo è un guaio, ma almeno si risanano le banche, così poi funzioneranno meglio, ecc.

Teoria opinabile, specie se si guarda alla situazione di altre grandi banche europee. Quelle francesi e tedesche, per esempio, sono messe malissimo sul fronte dei “titoli illiquidi”, ovvero di “prodotti finanziari derivati”, carta straccia speculativa messa in circolazione al tempo del denaro facile, creato dal nulla. Il 75% dei titoli illiquidi vaganti in Europa è in mano a banche francesi o tedesche. Ma di questo, nella bozza di Meseberg, non si fa menzione. Risultato: le banche di Parigi e Berlino possono essere considerate “sane” anche se alcune sarebbero tecnicamente sull’orlo del fallimento (un nome per tutti: Deutsche Bank), mentre quelle italiane sarebbero “a rischio”.

Di fatto, dunque, Merkel e Macron hanno messo a punto un pacchetto che stringe i vincoli europei, ma salvaguardando i propri interessi nazionali. Il prezzo, ovviamente, va scaricato sui partner.

I dettagli tecnici sono ovviamente molto complessi, i criteri scelti (perché gli Npl sono un pericolo mentre i prodotti derivati no) risentono della forza politica dei vari paesi nel consesso europeo, circolano ponderose analisi della Banca d’Italia su tutta la materia, ma la conoscono bene soltanto gli addetti ai lavori.

La posta in gioco è insomma alta. L’unione bancaria europea è una necessità per la stabilità del sistema, ma può essere costruita in molti modi diversi. E’ nota l’insofferenza tedesca per la condivisione dei rischi con altri paesi. E per questo hanno messo a punto, insieme a Macron un pacchetto di misure in cui la “condivisione” riguarderebbe soltanto i rischi dei gruppi tedeschi e francesi.

La sostanza è dunque chiara: se gli scricchiolii franco-tedeschi sono “sanati” per via politica, quelli italiani (e spagnoli, greci, ciprioti, portoghesi, ecc.) dovranno per forza esserlo tramite la riduzione del debito e della spesa pubblica. Deprimendo così ulteriormente le rispettive economie, e dunque di nuovo i conti pubblici; con effetti pesanti anche sugli “asset”, per esempio i valori degli immobili, che favoriranno capitali in cerca di occasioni a prezzi bassi, se non stracciati.

Ecco dunque che l’oscura materia economica, su cui il governo Salvini-Conte non può o non sa reagire, deve essere messa sullo sfondo. Mentre in primo piano deve essere portata la vicenda dei migranti, su cui il ministro razzista può sbraitare a piacere.

Distrazione di massa, tutto qui. Una strategia di “comunicazione” decisamente macabra, ma anche dal fiato corto. Quanto pensano di poter reggere, questi cervelloni del governo (e dell’opposizione piddina), indicando nei migranti i colpevoli di tutto? Giusto il tempo di fare la finanziaria, ci sembra. Quella in cui di legge Fornero, reddito di cittadinanza e persino flat tax per le sole imprese, non ci sarà probabilmente traccia. Poi la forza dei fatti dovrà avere, come sempre, il meglio sui ragli da campagna elettorale permanente.

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