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12/06/2018

Trump e Kim Jong-Un si sono incontrati: nuovi scenari in Estremo Oriente?


Fino a qualche mese fa sembrava quasi impossibile, e invece è successo: Donald Trump e Kim Long-Un si sono incontrati, si sono stretti la mano e, al netto della forma, forse qualcosa di nuovo potrebbe avvenire, a partire da domani. Qualcosa di significativo per lo scenario strategico dell’Asia ed in generale per i delicati equilibri globali che mai come in questi ultimi anni sono liquidi ed in continua evoluzione.

Alle tre di notte qui in Italia (nove di mattina ora locale) i due leader si sono incontrati a Sentosa, una isola di Singapore.

Dopo la rituale stretta di mano, Trump e Kim si sono ritirati per un faccia a faccia di circa 45 minuti, al termine del quale si sono unite anche le rispettive delegazioni.

A sentire le prime dichiarazioni, il meeting è stato un successo: “Il vertice è andato molto molto bene, abbiamo già una eccellente relazione e sarà un successo”, sono state le prime parole di Trump.

Subito dopo, i due leader hanno firmato una dichiarazione congiunta, che riassume i contenuti dell’incontro e della bozza di accordo.

Il tema al centro del confronto è ovviamente la denuclearizzazione nordcoreana. A margine, il miglioramento dei rapporti con la Corea del Sud (introdotto dall’incontro di fine aprile tra lo stesso Kim ed il presidente sudcoreano Moon Jae-in) e la conseguente diminuzione dell’apparato militare statunitense nell’area.

Questi, in linea di massima, i contenuti del colloqui, che saranno ovviamente resi noti nel corso dei prossimi giorni.

Quello che si può affermare, almeno che emerge formalmente, è il clima cordiale e la fiducia che Trump ha dichiarato di avere nei confronti della “buona volontà” del leader nordcoreano.

“Denuclearizzazione completa”, “pace duratura e stabile”, “nuovi rapporti tra Usa e Corea del Nord” sono i tre risultati auspicati in questo che dovrebbe essere il primo di una serie di incontri bilaterali.

Impossibile, al momento, stabilire se siano obiettivi seriamente raggiungibili: solo il tempo saprà darci l’esatta misura dei risultati realisticamente raggiungibili.

All’ottimismo (forse un po’ di facciata) ostentato da Trump fa da contraltare la dichiarazione dell’eurodeputato Guy Verhofstadt, ex premier del Belgio:

“Ho seri dubbi sul fatto che legittimare un dittatore con un accordo non vincolante che ricicla il vecchio accordo del 1990 con la Corea del Nord avrà successo”, “Trump è l’uomo che ha ucciso l’accordo sul clima di Parig, l’intesa sul nucleare con l’Iran e recentemente il G7. Per il bene dell’umanità, spero di sbagliarmi”, ha scritto in un tweet l’eurodeputato, tra i primi a commentare gli esiti del vertice.

Al momento le sanzioni dovrebbero restare, in attesa di valutare le reali intenzioni dei nordcoreani.

Certo, gli scenari che si aprono in caso di un reale riavvicinamento tra i due paesi sono potenzialmente molto interessanti, ed inevitabilmente riguardano la Cina, che è il vero interlocutore/competitor che gli Stati Uniti hanno in Asia ed ormai in tutto il mondo.

Secondo alcune analisi l’avvicinamento della Corea del Nord agli Stati Uniti – già molto vicini alla Corea del Sud – potrebbe rappresentare alla lunga un problema per la Cina, che si troverebbe in qualche modo “accerchiata” da una serie di alleati degli Usa, che sono diretti avversari nella violenta guerra economica in atto ormai da anni.

Per cui il colosso cinese, che in una prima fase avrebbe esercitato una serie di pressioni per “ammorbidire” Kim Jong-un nella fase più critica dello scontro con Trump, potrebbe trovarsi a non gradire una apertura ampia e profonda.

Fantapolitica? Forse si, forse no. Di certo, il famoso “Asse del Male” inventato da Bush, dopo l’Iraq conquistato manu militari rischia di perdere un altro pezzo. Rimarrebbe l’Iran: ma quella è decisamente un’altra storia.

Fonte

L'apertura statunitense al regime coreano del nord, credo andrebbe letta, in via ipotetica, anche nell'ottica statunitense di ridimensionare la proprie proiezione di forza.
Un impero al termine della propria egemonia globale che intende riscrivere i rapporti esclusivamente in chiave bilaterale non può permettersi di essere militarmente in prima fila dappertutto.

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