di Michele Giorgio – il Manifesto
Le minacce Usa non
intimoriscono Tehran. I suoi leader ripetono che se a causa delle
sanzioni americane l’Iran non potrà vendere il suo petrolio, allora
nessuno nella regione potrà farlo, almeno non attraverso lo Stretto di
Hormuz. «L’Iran ha accesso al Golfo Persico, allo Stretto di Hormuz e al Golfo di Oman. O tutti vendono il petrolio o nessuno lo farà. L’Iran ha la capacità (di bloccare Hormuz) e gli americani lo sanno», ha ribadito ieri Seyed Hossein Naghavi-Hosseini, portavoce della commissione del parlamento iraniano per la sicurezza nazionale e la politica estera.
E che l’Iran faccia sul serio lo dicono anche le esercitazioni navali che la Guardia rivoluzionaria ha cominciato ieri
dispiegando 50 imbarcazioni piccole e veloci per dimostrare di essere
in grado di chiudere lo Stretto da dove passa circa il 15% del petrolio
mondiale. Oltre 30 anni fa, durante la guerra tra Iran-Iraq, le
imbarcazioni, spesso dei semplici motoscafi, dei Pasdaran iraniani
armati di lanciarazzi, furono in grado di ostacolare per un lungo
periodo il passaggio delle petroliere per Hormuz.
Questa e altre mosse, per ora solo annunciate, rientrano in quella «resistenza economica intelligente»
volta a vanificare le sanzioni statunitensi spiegata il mese scorso dal
vicepresidente Eshaq Jahangiri. Tuttavia in queste ore sale la
tensione sale anche sul versante sud-ovest della penisola arabica,
nello Stretto di Bab al Mandab che domina il Mar Rosso. In appoggio all’alleata Arabia Saudita, che ritiene il suo traffico commerciale messo in pericolo dai razzi in possesso dei ribelli yemeniti sostenuti da Tehran, Israele mercoledì ha lanciato un avvertimento. «Se l’Iran cercherà di bloccare lo stretto di Bab al Mandab, si troverà di fronte a una coalizione internazionale determinata a impedirgli di farlo
e questa coalizione includerà anche lo Stato di Israele e tutte le sue
armi», ha ammonito il premier israeliano Benyamin Netanyahu.
Sino ad oggi si è sempre pensato che si sprigionerà nel Golfo la
scintilla della guerra all’Iran di cui si parla da anni e che è
diventata una realtà più concreta dopo l’uscita degli Usa dall’accordo
internazionale sul programma nucleare iraniano. E questo resta lo
scenario più probabile alla luce degli ultimi sviluppi riguardanti
Hormuz. Ma ora anche Bab al Mandab diventa un possibile pretesto per l’attacco “occidentale” e arabo all’Iran.
Israele è pronto a mettere il suo enorme potenziale bellico a
disposizione delle petromonarchie sunnite confermando quanto si sia
fatta stretta l’alleanza con i paesi del Golfo (e non solo) schierati
contro il “nemico comune”. Tuttavia il ministro della difesa israeliano Lieberman parla anche di “minacce” dirette proprio allo Stato ebraico.
«Di recente abbiamo appreso di minacce indirizzate proprio alle navi
israeliane nel Mar Rosso. Vorrei sottolineare un punto: le nostre forze
armate sono pronte a rispondere simultaneamente su due fronti, e anche
sul Mar Rosso» ha affermato.
Di attacchi tentati o pianificati contro le navi israeliane di passaggio per Bab al Mandab sino ad ora non si era saputo.
Più noti sono gli attacchi al traffico commerciale dell’Arabia
Saudita, paese che alla testa di una coalizione araba da tre anni è
impegnato in una campagna militare in Yemen, soprattutto dal cielo,
contro i ribelli sciiti Houthi che ha causato molte migliaia di morti e
feriti tra i civili. La scorsa settimana la petroliera saudita Arsan,
con un carico di due milioni di barili di petrolio diretta in Egitto, è
stata colpita da missili nei pressi del porto yemenita di Hodeida, in
mano ai ribelli sciiti, dove in questi ultimi mesi si sono concentrati i
pesanti quanto inefficaci bombardamenti sauditi e degli Emirati Arabi
Uniti. Secondo fonti americane, la nave cisterna è stata colpita da un
missile C-802 che l’Iran avrebbe fornito ai ribelli. Dopo l’attacco i
sauditi hanno annunciato l’interruzione della navigazione delle sue
petroliere fino a quando il traffico marittimo «non sarà di nuovo al
sicuro». Dall’Iran ha replicato il generale Qasem Soleimani, potente
comandante della “Brigata Gerusalemme” della Guarda rivoluzionaria
accusando proprio l’Arabia Saudita di essere responsabile per le
condizioni «non sicure» nel Mar Rosso.
Sebbene gli analisti tendano, per il momento, ad escludere un attacco imminente all’Iran da parte di possibili coalizioni Usa-petromonarchie, con la partecipazione di Israele, il quadro si è fatto più complesso e un nulla potrebbe innescare una guerra.
E mercoledì il Ccg, le sei petromonarchie del Golfo, ha fatto sapere
di aver predisposto non meglio precisati “piani di emergenza” per
assicurare il flusso del petrolio nel caso in cui l’Iran chiuda lo
Stretto di Hormuz.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento