Come cambia anche la nostra gente... Nel pubblicare questa testimonianza di Marisa D’Alfonso chiediamo ai nostri lettori di fare un piccolo sforzo di astrazione: laddove leggete “pugliesi” potete tranquillamente sostituire con il nome degli abitanti della vostra regione.
E’ inevitabile infatti che per cogliere le dinamiche reali sia necessario immergersi in un luogo particolare, dove però si ritrovano facilmente i tratti caratteristici di una mutazione antropologica, “culturale” nel senso più ampio e massivo, che riguarda tutto il nostro paese. Gli aspetti più inquietanti di questa mutazione, insomma, non sono un “peccato” regionale, ma li ritroviamo nei comportamenti e nel generale “chiudere entrambi gli occhi”, sotto casa di ognuno di noi.
Certo, chi abita “in centro”, certe cose le nota meno...
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Fino a un paio d’anni fa mi recavo in Puglia per lavoro almeno una o due volte a settimana.
Andavo sul Gargano e nella Daunia, a San Severo, a Lucera, Foggia Cerignola fino a Corato e Trani.
Il mio ex datore di lavoro per risparmiare sulle spese mi chiedeva di evitare il più possibile le autostrade, e così ebbi modo di conoscere tutte le campagne dei dintorni, sia percorrendo la statale 16, sia deviando ogni tanto tra le strade comunali e provinciali della “splendida” Puglia.
Ma non appena rallentavi entravi in un altro mondo.
Ogni cento-duecento metri sul ciglio delle strade ragazze di tutte le età e tutte le etnie, svestite, costrette a offrirsi, giorno e notte, estate e inverno, e se ti avvicinavi per chiedere della loro sorte ti mandavano via terrorizzate mentre si facevano caricare da camionisti di passaggio o da anziani clienti;
Casolari fatiscenti privi di infissi, squallidi e devastati, che denotavano la presenza di qualcuno che li abitava perché c’erano panni stesi ad asciugare e biciclette parcheggiate.
Le campagne che lambivo in auto, specialmente quando mi perdevo, erano popolate ovunque da ragazzi, spesso di colore, chini sui campi di pomodori, e al mercato di San Severo incontravo anche tanti polacchi col sacchettino della spesa con due o tre povere cose.
Prima di raggiungere San Giovanni Rotondo speravo che lì in un “santo” luogo il fenomeno si sarebbe attenuato, o almeno dalle parti dell’aeroporto militare, invece lo spettacolo che si offriva ai miei occhi era ancora più palese e manifesto: ovunque campi coltivati da extracomunitari e ragazze che si offrivano ad ogni angolo, mentre le macchine della polizia sfrecciavano indifferenti.
Ebbene cari pugliesi non ditemi che non ne sapevate nulla, o che avete fatto il possibile per evitarlo, perché nulla è stato fatto, schiavi nei campi oppure ragazze in vendita nella più totale indifferenza davanti ai vostri occhi ogni fottuto giorno.
Forse sono colpevole quanto voi, perché la mia denuncia è stata blanda, perché non ho insistito con i miei ex compagni di partito, perché ho ripreso l’autostrada pur di non vedere più quello spettacolo nauseante.
E voi, voi che ci vivete e che avete fatto crescere i vostri figli in mezzo a questo orrendo spettacolo, voi che li avete abituati a considerare tutto ciò come ineluttabile o normale siete davvero senza scampo.
(“Se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?”)
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