Diviso dalla rivalità tra il blocco Islah e quello Bina, il
parlamento iracheno non è riuscito ieri a completare la squadra
governativa, prolungando così l’impasse politica che va avanti da quando
(a maggio) si sono tenute le elezioni parlamentari.
L’esecutivo del premier designato Abdel Mahdi ha infatti
finora solo 17 nomi, 14 approvati ad ottobre e tre ieri. Restano ancora
due caselle da riempire: quella della difesa e degli interni, che però
costituiscono i principali motivi d’attrito tra i due blocchi rivali.
Ieri i deputati hanno fatto un leggero passo in avanti scegliendo al
ministero dell’educazione Quasay al-Suheil, vicino all’ex premier Nouri
al-Maliki. Luce verde anche per Nuri al-Dulaimi (Partito islamico
iracheno) al dicastero della progettazione e per l’archeologo Abdulamir
al-Hamdani (sostenuto dalla forza pro-iraniana Asadi Ahl al-Haq) a
quello della cultura.
La prossima seduta del parlamento è prevista per giovedì
pomeriggio quando si proverà a stabilire definitivamente la squadra
governativa. Pia illusione al momento: il
premier Abdel Mahdi ha fatto sapere che sosterrà rispettivamente alla
difesa e agli interni Faysal al-Jarba e Falih al-Fayyadh, entrambi
vicini all’Iran. Le forze sunnite, in particolare, non condividono la
scelta di al-Jarba mentre la coalizione Sairoun, che fa capo al potente
religioso sciita Muqtada al-Sadr, si oppone a quella di al-Fayyadh.
“Abbiamo votato per ministri che non suscitano disaccordi” ha ribadito
ieri il deputato Sabah al-Ugaili di Sairoun.
Infastidito dai ritardi nella formazione del governo, la
scorsa settimana il premier ha puntato il dito contro gli opposti
schieramenti: “Noi siamo liberi di scegliere 8 o 9 ministri. Il resto
sono il risultato di accordi politici. Quando si arriva ai
dicasteri della difesa e degli interni, sono i partiti a scegliere, non
il primo ministro”. Se il processo della formazione della squadra
governativa dovesse ulteriormente ritardare, scrivono alcuni
commentatori, Abdel Majdi potrebbe essere costretto a dimettersi. Una
mossa che destabilizzerebbe ancora di più l’Iraq che ha invece necessità
di avere quanto prima un esecutivo che possa affrontare i tanti
problemi economici e sociali che vive il Paese.
Al netto delle differenze, un clima simile si vive anche in
Libano dove il premier designato Hariri non riesce ancora a completare
la sua squadra di governo. Dopo 7 mesi di nulla di fatto, la
situazione sembra però ormai vicina a risolversi “nei prossimi giorni”.
Almeno così affermano diversi esponenti delle forze politiche locali.
“Le cose si stanno muovendo rapidamente e se non incontrano ostacoli, e
io non credo lo faranno, il governo vedrà presto luce” ha dichiarato
ieri il Maggior General Abbas Ibrahim nel corso di una conferenza
stampa. Sulla stessa lunghezza d’onda il ministro delle finanze Ali Hassan Khalil che, intervistato dalla Reuters, ha
fatto sapere che il processo “è nella sua ultima fase” e che quindi
l’esecutivo “potrebbe veder luce prima delle vacanza di Natale”. “Ciò – ha aggiunto Khalil – avrà un impatto positivo sulla situazione
finanziaria ed economica [nazionale]”. Non ha tutti i torti: la
formazione di un governo è un passo assolutamente necessario viste le
condizioni economiche in cui versa il Libano. Ieri l’agenzia Fitch ha abbassato il rating del Paese dei Cedri a causa di un ulteriore peggioramento dei conti governativi.
Le elezioni dello scorso 6 maggio – le prime dopo 9 anni – hanno
prodotto un parlamento a favore del partito sciita filo-iraniano
Hezbollah (70 seggi conquistati insieme ai suoi alleati rispetto ai 128
complessivi). Hariri, sostenuto dall’Arabia Saudita e rivale del
“Partito di Dio”, ha perso oltre un terzo dei suoi parlamentari pur
restando il leader dei sunniti del Paese.
Resta da capire come si sbloccherà la crisi politica: 6
deputati sunniti pro-Hezbollah, infatti, non sembrano essere pronti a
rinunciare alla presenza di un loro rappresentante all’interno del
futuro governo. La loro richiesta, sostenuta da Hezbollah e dal
blocco che guida (Alleanza 8 marzo), è fortemente osteggiata
dall’Alleanza rivale (14 marzo) che fa capo ad Hariri.
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