C’è stata una svolta negli assetti e nella dislocazione delle forze in campo nel nord della Siria. Le Ypg, le Unità di protezione popolare dei curdi siriani, hanno chiesto all’esercito siriano di prendere il controllo di Manbji, una città strategica fino ad oggi sotto il controllo curdo, che le Ypg si apprestano a lasciare.
La richiesta era arrivata proprio quando la Turchia si preparava a sferrare un’imponente operazione militare contro le Ypg curde nei distretti di Manbji e Kobane. Nel comunicato delle Ypg è scritto chiaramente che ad Assad viene chiesto di “proteggere questi territori dall’invasione turca”.
“I nostri contatti con la Russia e il regime (del presidente siriano Bashar al-Assad) mirano a trovare chiari meccanismi per proteggere il confine nel nord. Vogliamo che la Russia svolga un ruolo importante nel raggiungimento della stabilità “, ha dichiarato Aldar Xelil, un dirigente politico curdo in un’intervista pubblicata ieri dall’agenzia di stampa britannica Reuters.
I curdi avevano denunciato il ritiro delle forze Usa annunciato il 19 dicembre dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, definendolo un “tradimento” e una “pugnalata alle spalle”, così hanno affermato la loro volontà di prendere in considerazione “gli accordi protezione sul terreno con le forze iraniane e siriane.
L’esercito siriano è così entrato a Manbij, località strategica situata a ovest dell’Eufrate (nordest) controllata dalle forze curde. “Fuori dall’impegno dell’esercito siriano e su richiesta del popolo di Manbij, il comando generale dell’esercito siriano dichiara di essere entrato a Manbij e di aver issato la bandiera siriana al suo interno”, ha affermato l’esercito siriano in un comunicato.
Le enclavi di Mambji e Kobane sono infatti territorio siriano ed Erdogan, qualora avesse sferrato l’operazione militare, sarebbe entrato nel territorio della Siria.
Intanto all’inizio del prossimo anno è previsto un nuovo round dei colloqui sulla Siria tra i presidenti di Russia, Iran e Turchia. A confermarlo è stato il vice ministro degli Esteri russo Mikhail Bogdanov. “E’ il nostro turno per accogliere il summit dei tre Paesi garanti con il presidente turco, iraniano e il nostro. E’ stato concordato che avrà luogo attorno alla prima settimana del nuovo anno, dipende dalle agende dei presidenti”, ha detto Bogdanov.
L’incontro a tre si iscrive nell’ambito del processo di pace di Astana, che dall’inizio del 2017 riunisce regolarmente Russia, Turchia e Iran, oltre a rappresentanti dell’opposizione e del regime siriani. Gli Usa non sono coinvolti e questi colloqui hanno progressivamente eclissato i negoziati sotto sulla Siria sotto l’egida dell’Onu.
Sul fronte siriano, alla luce dell’annunciato ritiro delle truppe statunitensi dal terreno, una delegazione militare americana è attesa “questa settimana” in Turchia per discussioni sul ritiro americano in Siria.
La decisione di Trump di ritirare le truppe dalla Siria, ha spiazzato il suo stesso staff e gli è costata le dimissioni del segretario alla difesa, James N. Mattis, che, secondo il New York Times avrebbe parlato espressamente di «Un tradimento dei curdi», aggiungendo che «I kurdi potrebbero diventare vittime di un attacco turco» e che «L’influenza della Russia e dell’Iran crescerebbe».
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