Con un emendamento presentato dalla Lega alla Legge di Bilancio si modifica il congedo di maternità obbligatorio inserendo la possibilità di continuare a lavorare anche fino al nono mese di gravidanza, se il medico non lo sconsiglia esplicitamente. Le madri lavoratrici, se vorranno, potranno iniziare i cinque mesi di congedo previsto dalla maternità dopo il parto.
Fino ad oggi il congedo di maternità obbligatorio prevede che le donne lavoratrici in gravidanza inizino il congedo all’inizio dell’ottavo mese di gravidanza e lo proseguano fino ai tre mesi successivi il parto. In seguito è possibile richiedere il congedo di maternità facoltativo con riduzioni sulla retribuzione.
Nel testo dell’emendamento è scritto che «è riconosciuta alle lavoratrici la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro».
Questo emendamento, già approvato dalla Commissione Bilancio della Camera, modifica le regole attuali secondo le quali non si può lavorare durante i 30 giorni che precedono la nascita.
La perversione sta nella scelta facoltativa di interrompere il lavoro a ridosso della gravidanza o meno.
In apparenza lascia alle donne lavoratrici la possibilità di decidere, a meno di una esplicita e diversa prescrizione del medico, in realtà metterà le madri lavoratrici alla mercè dei datori di lavoro, i quali potranno «fare pressione» affinché la lavoratrice resti in servizio in base alle esigenze aziendali e non interrompere il lavoro perché c’è una legge che la tutela e lo impone.
Il passaggio non è un dettaglio. Un conto è andare alla direzione del personale all’inizio dell’ottavo mese di gravidanza e comunicare che si va in congedo perché questo prevede la legge, un conto è “poter scegliere” a propria discrezione, ma condizionate dalla situazione materiale che si vive sul lavoro e nei rapporti con la direzione aziendale. Il venir meno di un parametro certo – alla fine del settimo mese si va in congedo – crea un fattore di oggettiva vulnerabilità per moltissime donne lavoratrici.
Il mondo del lavoro nell’Italia del 2018 non vede certo una proliferazione di donne in carriera che possono disporre dei propri tempi e di una retribuzione rassicurante. Al contrario è esploso il lavoro «povero», a part time, a bassa e bassissima retribuzione, che coinvolge soprattutto donne e molto spesso nelle fasce dei servizi più basse, esposte a livelli di ricattabilità inimmaginabili o, al contrario, ben conosciute proprio dagli autori dell’emendamento.
Un altro regalo ai padroni e un altro danno alle donne lavoratrici. Che la Lega si sia candidata a rappresentare il nuovo partito dei padroni «itagliani» emerge anche da questi provvedimenti.
Contro l’emendamento leghista-confindustriale si sono sentite finora troppe poche reazioni. Ma veramente c’è qualcuna o qualcuno convinta/o che questa del congedo di gravidanza facoltativa nella scelta del periodo sia una scelta di libertà?
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