Nel primo pomeriggio di ieri il generale Gaïd Salah è intervenuto con un discorso finalizzato a prefigurare un'uscita dall’attuale crisi politica algerina.
Il capo di stato maggiore ha chiesto l’applicazione dell’articolo 102 della Costituzione, che prevede lo stato d’impedimento e la destituzione del Presidente della Repubblica – in questo caso l’ottuagenario Abdelaziz Bouteflika – per causa di grave e durevole malattia ed incapacità di esercitare le proprie funzioni.
Come prevede la legge, e come ha fatto tempestivamente dopo l’annuncio del generale, si deve riunire il Consiglio Costituzionale e dopo avere verificato la realtà di questo impedimento attraverso tutti i mezzi idonei, propone, all’unanimità, al parlamento di dichiarare lo stato d’ impedimento.
Il Parlamento che si deve riunire a camere congiunte, deve votare con la maggioranza dei due terzi l’impedimento del Presidente e incaricare come Capo di Stato ad interim il Presidente del Consiglio per massimo 45 giorni nei quali egli esercita le sue prerogative all’interno e nel rispetto dell’articolo 104.
Nel caso di continuazione dell’impedimento alla fine dei 45 giorni, vi è un iter costituzionale che prevede che il Presidente del Consiglio – che non potrà presentarsi come candidato alla presidenza – eserciti le funzioni di Capo dello Stato per un massimo di 90 giorni all’interno dei quali devono essere preparate le elezioni presidenziali, come ha scritto “Observatoire Algerie”.
Il Consiglio Costituzionale si è di fatto riunito d’urgenza dopo il discorso del generale, e ha deliberato all’unanimità la “vacanza” della funzione del Presidente della Repubblica, accelerando quindi la via prefigurata dal capo dell’esercito, attendendo così la riunione delle due camere per deliberare a loro volta.
Nel caso di conferma da parte delle due camere, Abdelkader Bensalah, attuale presidente del Senato diverrà Presidente ad interim, secondo quanto riportato da “Afrique du Nord News”.
Nel suo discorso – riportato integralmente da “Algerie Part” – Salah ha sottolineato il carattere esteso e pacifico delle attuali mobilitazioni e la loro richiesta di cambiamenti politici, così come il pericolo che tali mobilitazioni possano essere sfruttate da parte di partiti ostili e malintenzionati, all’interno così come all’esterno [...] miranti ad attentare la stabilità del Paese. Dei disegni abietti che questo popolo cosciente e vigile saprà sconfiggere.
Ribadisce il ruolo storico e la funzione dell’esercito: rimane leale nella nostra missione e nei nostri impegni, e non permetterà mai, a chi che sia, di distruggere ciò che il popolo algerino ha costituito.
Conclude affermando che diviene necessario anzi imperativo adottare una soluzione per uscire dalla crisi, che risponda alle rivendicazioni legittime del popolo algerino, e che garantisca il rispetto delle disposizioni della Costituzione e il mantenimento della sovranità dello stato.
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In questo caso l’esercito – istituzione garante nei momenti più critici dell’Algeria durante la sua storia di nazione indipendente – è entrato nella determinazione di una exit strategy precisa dall’attuale impasse politico, sconfessando di fatto la road map prefigurata da Bouteflika nel suo discorso alla Nazione ed in parte sconvolgendo i piani dell’establishment.
Insorgono le opposizioni, come Djamel Zenati, del FFS secondo il quale l’attaccamento alla Costituzione del Generale sarebbe quanto meno dubbiosa e tardiva, e che interpreta questa manovra come mirante ad ingabbiare l’ideale popolare in una procedura il cui unico obiettivo è permettere al sistema di rigenerarsi. Zenati ricorda che la transizione è un doppio processo che consiste nel porre le fondamenta di un nuovo sistema e decostruire il vecchio.
Sostanzialmente dello stesso avviso Sofiane Djillali – come riporta nello stesso articolo “TSA” – che sottolinea la volontà di un cambiamento radicale espresso dal popolo e gli obiettivi conquistati, aggiungendo: non dobbiamo abbandonare, dobbiamo mantenere la pressione e il venerdì sarà un altro appuntamento per una vittoria in prospettiva.
Anche Abdelwahb Fersaoui dell’associazione RAJ si associa ai giudizi precedenti e parla di manovra macchiavellica, mentre l’RCD giudica un tentativo di colpo di stato il discorso del generale.
Certamente la strategia messa in campo non aveva né affievolito le proteste popolari – sintomo di una volontà di cambiamento più marcato e che rimettesse al popolo la sua capacità di decisione – né aveva fatto sostanzialmente dei passi in avanti, mentre due delle principali formazioni della maggioranza come l’FLN e l’RND stavano conoscendo una profonda crisi interna e significative spaccature, sviluppando una posizione al limite della schizofrenia politica sostenendo sia il movimento popolare sia Bouteflika, sintomo di uno sfarinamento dei corpi politici – ma lo stesso lo si può dire della centrale sindacale UGTA – che avevano garantito il consenso all’assetto politico che fino a qui ha governato il Paese.
L’Esecutivo doveva essere formato giovedì scorso, secondo le parole Bedoui una delle due persone designate da Bouteflika per comporlo, mentre l’altra figura chiave da lui designata Lamamra si sta recando nelle cancellerie dei partner principali dell’Algeria per assicurarsi il consenso – di cui non gode in patria – rispetto alla strategia di transizione tutt’interna all’attuale assetto di potere prefigurata dall’ottuagenario Presidente, ed ora messa in discussione dall’esercito.
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È da rilevare il tentativo di questi ultimi giorni di mettere una OPA sul movimento popolare accreditando alcuni personaggi assolutamente squalificati come possibili interpreti e vettori del cambiamento, proprio quando si moltiplicano e si consolidano le discussioni a livello popolare sulla prefigurazione di un assetto diverso che sviluppi realmente la sovranità popolare e su quale transizione sia praticabile.
Allo stesso tempo sono oggi sul tavolo politico numerosi dossier economici che vanno a toccare alcuni punti chiave della futura configurazione economica algerina, lo sviluppo delle sue trame di relazioni, ed il suo futuro ruolo geo-strategico all’interno di un contesto di forte scontro tra attori politici globali di cui l’Algeria è un tassello e in cui le pressioni neo-coloniali evidenti attuate dalla Francia con il bene placido della UE emergono con forza.
Nel mentre le mobilitazioni non sono scemate, è si profila all’orizzonte l’ennesimo venerdì consecutivo di protesta che fa entrare pienamente nel secondo mese di mobilitazione l’hizak algerina iniziata venerdì 22 febbraio.
È chiaro che se anche Bouteflika ha personificato un quasi ventennale sistema di potere, non sarà la sua ormai inevitabile ed accelerata uscita di scena – ancora inimmaginabile poco più di un mese fa – a cambiare le basi su cui questo si sosteneva (in particolare l’oligarchia rentier), e che il livello di coscienza politica a livello di massa chiede un reale protagonismo da una ampia parte della popolazione algerina che vuole avere una rappresentanza politica degna di questo nome.
Allo stesso tempo senza cambiamenti “strutturali” in senso economico e senza una riappropriazione della sovranità economica sulle risorse di cui dispone l’Algeria, rendendola più indipendente dai centri di potere occidentale e dalle loro esigenze, un cambiamento politico di facciata potrebbe risolversi in una peggiore condizione economica delle classi subalterne, un maggior ruolo degli “avvoltoi” che si sono arricchiti sulle spalle della popolazione, ed una maggiore ingerenza del neo-colonialismo targato USA o UE.
La lotta algerina è di nuovo un cuneo nei confronti di un'Europa non troppo diversa da quella descritta – mutatis mutandi – da Jean Paul Sartre nel 1961 che va verso abissi da cui è meglio allontanarsi. In altre parole è fottuta.
Il futuro dell’Algeria e del vecchio continente si modella a caldo.
La base del Cuneo che parte dall’Africa sub-sahariana con la sua nuova leva di militanti e movimenti contro la presenza militare occidentale e la sua subordinazione economica e giunge fino alla periferia della metropoli imperialistica.
La cittadella fortificata di un potere delegittimato che si difende con il terrore ne è ormai l’evidente resa plastica.
Le mobilitazioni algerine di venerdì 29 (e quelle domenicali in Francia in loro sostegno) e l’Atto XX dei GJ del 30 sono due momenti della stessa contraddizione e parte dello stesso movimento generale.
Vi ricorda qualcosa l’espressione “I dannati della terra”?
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