Era il 23 giugno del 2018 quando il premier greco Alexis Tsipras aveva usato il gesto plateale di rimettersi la cravatta per decretare che lo strangolamento imposto dalla troika (Ue, Bce, Fmi) era terminato. Ma i volenterosi carnefici di Bruxelles, smentendo ogni illusione, non erano ancora sazi.
Nei giorni scorsi, l’Eurogruppo ha imposto alla Grecia la revisione della legge che impediva i pignoramenti delle prime case – quelle in cui si abita – giudicata dalle banche troppo generosa verso i cittadini inadempienti che non riescono più a pagare i mutui. Non solo. È stato posta come condizione indispensabile dall’Eurogruppo per l’erogazione ad Atene dei profitti derivanti dalle sue obbligazioni, detenuti dalla Bce e altre banche centrali dell’Eurozona. L’approvazione di ben tredici misure delle sedici concordate con le istituzioni europee, portata sul tavolo Ue a marzo scorso, è stata ritenuta non sufficiente per i funzionari di Bruxelles al fine di sbloccare la prima tranche dei 4,8 miliardi di euro che devono rientrare nelle casse greche entro il giugno del 2022 in ripartizioni semestrali.
Con un voto a netta maggioranza, il Parlamento greco ha così approvato la proposta del Governo tesa a peggiorare le norme che proteggono le famiglie insolventi dai pignoramenti da parte delle banche sulle prime case di chi ha contratto debiti. La legge originaria aveva preso il nome da Katseli, il ministro che l’aveva presentata durante la fase più critica della crisi, ma Bruxelles voleva proprio l’abrogazione o la revisione della Legge Katseli, come ammesso candidamente dal Commissario Ue Pierre Moscovici.
La proposta di revisione è stata presentata martedì scorso al Parlamento di Atene. Prevede che le abitazioni dei debitori fino a un valore di 250mila euro siano escluse dai pignoramenti. Ma ci sono delle condizioni in cui rientrare per avere accesso alla protezione: il debitore deve avere un reddito familiare pari a 12.500 euro se nucleo familiare singolo, 21mila euro se coniugato più cinquemila euro per ogni figlio minore fino a un reddito complessivo massimo di 36mila euro. Al tempo stesso, è stato sensibilmente ridotto il massimale del deposito bancario dei mutuatari, passato da 65mila euro proposto da Atene a 15mila euro imposto dall’Eurogruppo. Nel caso in cui il debitore voglia proteggere la sua prima casa, si deve impegnare a pagare il 120% del suo valore commerciale a rate mensili, ad un tasso di interesse pari all’Euribor a tre mesi più il 2%. Il Governo offre il suo aiuto ai mutuatari insolventi con un fondo pubblico di 200 milioni di euro. Inoltre l’ultima modifica, inserita dal Governo giovedì, riguarda i prestiti commerciali: inizialmente la protezione degli immobili era stata fissata per prestiti inferiori a 130mila euro. Per i creditori non era sufficiente, il Governo li ha accontentati: con un emendamento dell’ultimo minuto il tetto è stato abbassato a 100mila euro.
Dopo questa ulteriore capitolazione, il governo di Alexis Tsipras spera che la riunione dell’Eurogruppo, prevista per venerdì 5 aprile, dia semaforo verde allo sblocco dei profitti maturati dalle banche sui titoli di stato della Grecia. Praticamente l’Unione Europea continua a imporre una vera e propria agonìa, che sta logorando la società greca goccia a goccia.
Dentro la gabbia dell’Unione Europea/Eurozona non c’è sopravvivenza per le fasce sociali più deboli. Fuori forse c’è una alternativa migliore.
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