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19/03/2019

Greta Thunberg: contro di lei cyberbullismo abilista e sessista

Di Leda B.

Grazie alla risonanza mediatica ottenuta dai “Fridays for Future”, Greta Thunberg è stata recentemente al centro del dibattito pubblico, che è giunto al culmine nelle ultime 48 ore.

L’attivista è stata attaccata da una moltitudine di punti di vista dalla stampa italica e subisce diversi attacchi mirati sui social, ma la cosa sorprendente è come la maggior parte delle critiche non entrino del merito, ma si limitino a formulare attacchi ad personam contro di lei, sfociando il più delle volte in sessismo, paternalismo e abilismo.

A saltare all’occhio in primo luogo sono i commenti abilisti delle ultime ore. Rita Pavone non solo attacca l’attivista per il suo aspetto cedendo al cyber-bullismo, ma si “scusa” adducendo come giustificazione il fatto che “non sapeva avesse la sindrome di Asperger”, come se questo rendesse in qualche modo accettabile l’attacco all’immagine dell’attivista. Le scuse causano inoltre un infelice titolo di Ansa che definisce Thunberg “malata”, denotando enorme ignoranza nei confronti della sindrome di Asperger, oltre che un’incredibile mancanza di rispetto nei confronti di popolazioni non-neurotipiche.

Non solo Greta Thunberg non è malata, ma chiede a gran voce di essere presa sul serio, e con lei l’oceano di giovani che scendono in piazza ogni venerdì nelle ultime settimane per dare voce ad una preoccupazione molto concreta. I commenti sessisti sull’aspetto di Thunberg includono quelli di Giuliana Ferrara, che ci ricorda ancora una volta che una donna, non importa quanto giovane, riceverà commenti sul proprio aspetto indipendentemente da quanto sensate siano le sue istanze, soprattutto se ha le treccine: un elemento completamente irrilevante che però serve a sminuire e infantilizzare l’attivista , rientrando perfettamente della narrazione patriarcale che tende a sminuire la voce femminile, soprattutto se giovane, soprattutto se racconta qualcosa di scomodo. La costante infantilizzazione, che emerge anche dal fatto che viene utilizzato il termine “bambina” (sarebbe lo stesso, se a parlare fosse un sedicenne maschio? O lo definiremmo almeno “ragazzo”?) diviene tra l’altro paradossale quando si considera che, sebbene non ritenuta in grado di pensare con la sua testa o di rappresentare una voce riconosciuta nel dibattito pubblico, la si ritiene abbastanza grande per poter subire quello che è nient’altro che cyber bullismo da una serie di adulti che non sono in grado di rapportarsi con lei, o con i giovani in piazza, sul piano dei contenuti.

Al di là del cyber bullismo, anche le critiche che entrano nel merito dei contenuti denotano un totale fraintendimento del messaggio portato avanti dai Fridays For Future. In un articolo sul Post viene rimarcato il fatto che le accuse di Greta vanno dritte contro l’élite, che dalla giovane viene definita come responsabile: “La nostra biosfera viene sacrificata per far sì che le persone ricche in Paesi come il mio possano vivere nel lusso. Molti soffrono per garantire a pochi di vivere nel lusso”. Attaccare le élite politiche, sostiene Costa, significa abbandonarsi alla retorica populista contro il sistema e non prendere in considerazione il fatto che i paesi in via di sviluppo sono anch’essi responsabili dell’aumento di C02, e che la classe politica si è fatta promotrice negli anni di numerosi interventi ambientali “non voluti” dalla maggior parte della popolazione. Questa critica, però, manca completamente il punto dell’istanza di Thunberg: sono i politici a dover attuare il cambiamento, obbligando l’industria a operare nel rispetto dell’ambiente. La responsabilità della drammatica situazione climatica non può ricadere sul singolo cittadino, che può premurarsi di fare raccolta differenziata e abolire i sacchetti, ma sarà comunque senza speranza di vincere la battaglia ambientalista, senza interventi sistematici.

Quando le discariche si riempiono di elettrodomestici forzosamente obsoleti che con tutto l’impegno del mondo il singolo acquirente non può aggiustare per mancanza di ricambi; quando l’industria della fast fashion non viene penalizzata quando sfrutta i lavoratori e non rispetta norme ambientali; quando le multinazionali possono infrangere i protocolli ecologici e lavorativi e inquinare nei paesi in via di sviluppo, l’azione individuale non può essere risolutiva. La critica di Costa manca il punto perché deresponsabilizza i colossi industriali occidentali che sono tra i responsabili dell’inquinamento anche nei paesi in via di sviluppo; non coglie, inoltre, il fondamentale messaggio di Greta Thunberg, che ci ricorda che occorrono cambiamenti strutturali e globali per contrastare il cambiamento climatico, che il capitalismo ha instaurato un’economia insostenibile per il pianeta, e che il minimo che i governi di tutto il mondo possono fare è imporre delle limitazioni sulle emissioni di CO2 e conseguentemente su tutta la cultura del profitto a ogni costo. Ribaltare le carte in tavola ed attribuire la responsabilità al consumatore singolo è un modo per sollevare le responsabilità di industriali e governi occidentali: ma l’intervento di questi ultimi è indispensabile per fermare il crollo ambientale.

Forse il fatto che un’attivista donna non-neurotipica di 16 anni abbia la forza e l’energia per rendere questa conversazione globale è il problema che tormenta i suoi sedicenti critici, che si rifugiano nel cyber bullismo abilista e sessista per mancanza di argomenti migliori.

UPDATE: gli insulti a Greta vanno aggiornati, purtroppo. C’è una Maria Giovanna Maglie che nel corso della trasmissione “Un giorno da pecora” su Radio” ha detto “se non fosse malata la metterei sotto con l’auto”. Gentile, vero?

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