La nota avvocata iraniana per i diritti umani Nasrin Sotoudeh è stata condannata lunedì a 38 anni di prigione e a 148 frustate. Secondo
quanto affermato dal marito Reza Khandan, la pena è la somma di due
differenti condanne: una a cinque anni di carcere e un’altra a 33. I
media iraniani avevano inizialmente riferito che la donna aveva ricevuto
una condanna pari a 7 anni di prigione: il giudice Mohammad Moghiseh
aveva parlato di “cinque anni per aver cospirato contro il sistema e due
per aver insultato la Guida Suprema [l’Ayatollah Ali Khamenei]”.
In realtà gli anni da scontare dietro le sbarre sono molti di più.
Senza poi dimenticare l’aggravante barbara delle frustrate. Non è chiaro
perché ci sia stata questa discrepanza di informazioni, tuttavia quel
che è certo è che Sotoudeh è stata condannata per spionaggio e altri “crimini” legati alla sicurezza nazionale: diffusione di informazioni contro la Repubblica islamica oltre e per offese contro Khamenei. In
realtà, però, i suoi “reati” sono altri: essersi sempre spesa per la
giustizia, aver difeso attivisti, giornalisti e dissidenti politici (tra cui il premio Nobel per la pace Shirin Ebadi) durante la campagna di arresti di massa del 2009, essersi
opposta alla pena di morte (attivissima nel Paese) e aver difeso le
donne che protestano contro l’imposizione del foulard stabilita 40 anni
fa dall’Ayatollah Khomenei. Posizioni molto rischiose in un
Paese, l’Iran, dove la repressione contro chi critica la Guida Suprema e
l’intero clero religioso (e loro imposizioni) è durissima. Per il suo
lavoro nel campo dei diritti (famosa la sua battaglia contro i minorenni
che ricevono la pena di morte in Iran) ha vinto il prestigioso premio Sakharov nel 2012.
L’avvocata e attivista ha pagato sulla sua pelle le sue prese
di posizione coraggiose: è stata infatti arrestata in diverse occasioni,
l’ultima volta lo scorso giugno. Le sue beghe giudiziarie sono iniziate
nel 2010 quando ha ricevuto una pena di 11 anni di carcere perché “rea”
di aver fatto propaganda e aver cospirato contro lo stato iraniano
(reati che ha sempre negato). Le fu impedito allora anche di esercitare
la sua professione per 20 anni (sentenza poi rovesciata nell’agosto del
2014 della corte degli avvocati dell’Ordine di Teheran). Nel periodo in
cui è stata in carcere, Sotoudeh ha iniziato due scioperi della fame per
protestare contro le condizioni di detenzione del carcere di Evin e
perché le era stato impedito di vedere i suoi due figli. E’ stata
rilasciata nel settembre del 2013 poco prima che venisse eletto il
presidente moderato Hassan Rouahni che proprio sul miglioramento dei
diritti civili nel Paese aveva impostato la sua campagna elettorale.
Quando uscì dal carcere, Sotoudeh chiese immediatamente il
rilascio di tutti gli altri avvocati, vittime, a suo giudizio, del clima
da caccia alle streghe che si è registrato in Iran dopo le elezioni del
2009 vinte con palesi brogli dall’ex presidente Ahmadinejad.
“Secondo le leggi internazionali – dichiarò in quella circostanza – gli
avvocati hanno l’immunità per condurre le loro attività professionali.
Tuttavia, questo principio viene violato qui in Iran”.
La sua sentenza di lunedì ha scatenato le proteste di Amnesty International.
“E’ scioccante che Nasrin Sotoudeh stia quasi quattro decenni in
carcere e riceva 148 frustrate per il lavoro pacifico che svolge nel
campo dei diritti umani, inclusa la difesa delle donne che protestano
contro le degradanti leggi che impongono l’hijab [il velo]” ha detto
Philip Luther, il direttore della ong nel campo delle ricerche per il
Medio Oriente e il Nord Africa. “Nasrine deve essere rilasciata
immediatamente e incondizionatamente. Questa sentenza oscena deve essere
annullata senza alcun ritardo” ha aggiunto.
La sua condanna ha suscitato forte indignazione anche sui social media.
C’è chi ha sottolineato come la “colpa” di Sotoudeh sia stata quella di
aver avuto una diverbio in tribunale con l’editore del giornale Kayhan,
Hossein Shariatmadari, nominato dalla Guida suprema. C’è chi poi su
Twitter ha fatto notare come la sua condanna coincida con il primo
giorno come capo della magistratura di Ebrahim Raisi,
lasciando così intendere che non ci saranno aperture nel campo dei
diritti rispetto al passato. Sarcastico il cinguettio social
dell’avvocato iraniano Seyyed Ali Mojtahedzadeh: “La tempistica
dell’inizio del Sig. Raisi e la condanna di Sotoudeh è una coincidenza?
Gli amici ottimisti possano dargli il bevenuto”.
Già Raisi. Non sono in pochi a vedere dietro la dura pena inflitta all’avvocata la sua ombra. Il suo curriculum parla da solo:
alla fine degli anni ’80 è stato responsabile della condanna a morte di
migliaia di oppositori politici della Repubblica islamica. Cinquantotto
anni, membro del clero sciita con il turbante nero (discendente quindi
del Profeta Mohammad), è legato al clero conservatore e soprattutto a
Khamenei e dal 2006 fa parte dell’Assemblea degli Esperti incaricata
della successione della Guida Suprema. Nel 2017 Raisi aveva provato a
compiere il grande passo cercando di sfidare Rouhani alle presidenziali.
Perse, ma secondo molti analisti potrebbe essere lui il successore alla
massima carica della Repubblica islamica.
Per il momento quest’ultima è un’ipotesi. Quel che però appare è che
con lui a capo della magistratura il giro di vite contro gli oppositori
politici e chi chiede semplicemente maggiori diritti si farà sempre più
duro. La condanna di Nasrin Sotoudeh è un monito inquietante.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento