di Stefano Mauro
“Gli Stati Uniti giocano
con il fuoco nel tentativo di far riconoscere la sovranità di Israele
nelle Alture del Golan”, ha titolato mercoledì nel suo editoriale il
quotidiano online Rai Al Youm.
L’articolo si riferisce alla recente visita del senatore americano
Lindsey Graham, vicino al gruppo di potere del presidente Trump, in
Israele. In visita nel Golan, accompagnato dal premier Netanyahu
e dall’ambasciatore americano in Israele David Friedman, Graham ha
promesso al primo ministro israeliano di fare del suo meglio per far
adottare un progetto di legge relativo a “un riconoscimento della
sovranità israeliana sulle Alture del Golan” occupato.
Come riportato dal quotidiano The Times of Israel, la scorsa
settimana i senatori repubblicani Ted Cruz e Tom Cotton, insieme al
rappresentante del partito democratico Mike Gallagher, hanno inviato un
progetto di legge al senato relativo al Golan. I firmatari di questo
progetto di legge hanno indicato che “è giunto il momento di
riconoscere la realtà politica sul campo e di abbandonare le aspettative
relative ad un accordo di pace tra Israele e Siria” con un progetto di legge destinato a riconoscere ufficialmente “la sovranità israeliana nelle Alture del Golan”.
Una scelta unilaterale da parte di Washington, come avvenuto
per il riconoscimento di Gerusalemme capitale di Israele, in totale
violazione alle risoluzioni dell’Onu. La posizione delle Nazioni Unite,
rispetto allo status giuridico delle Alture del Golan, resta invariata:
“Sono un territorio occupato illegalmente da Israele”. Già lo
scorso anno il Consiglio di Sicurezza aveva espresso forte
preoccupazione in merito alle dichiarazioni del premier Netanyahu e alla
volontà di Tel Aviv di considerare quel territorio di sua appartenenza.
Il CdS aveva, inoltre, ribadito che “in base alla Risoluzione 497, del
1981, la decisione da parte israeliana di imporre le sue leggi e la sua
amministrazione nei territori del Golan siriano occupato è totalmente
illegittima, senza nessun fondamento o riconoscimento internazionale”.
Sempre secondo The Times of Israel, Netanyahu
“utilizza le sue buone relazioni interpersonali con Washington in chiave
elettorale” – riguardo alle prossime elezioni di aprile in Israele
– “presentando una possibile legittimazione sul Golan come un successo
personale, in contrapposizione all’incapacità dei suoi avversari
politici”.
Abdel Bari Atwan, direttore di Rai al Youm, ha scritto nel
suo editoriale: “Dopo che Netanyahu non è riuscito a creare una zona
tampone di sicurezza nel sud della Siria con l’utilizzo dei gruppi
jihadisti contrapposti al governo di Damasco (come documentato dagli
stessi osservatori Onu e denunciato dal Segretario Generale Guterres,
ndr), adesso si rivolge a Washington nella speranza di ottenere un
risultato importante, soprattutto in chiave elettorale”.
Sul versante siriano, il ministero degli affari esteri ha denunciato ufficialmente la promessa fatta da Graham
qualificandola come “l’ennesimo esempio dell’arroganza
dell’amministrazione Trump” e mettendo in guardia Kristin Lund,
responsabile dell’Untso (organismo Onu che monitora la tregua sul
Golan) “riguardo ad una possibile escalation nell’area”.
Molto più diretto il vice ministro degli esteri siriano, Feysal Meqdad, che ha avvertito il governo di Tel Aviv. “Se
Israele non si ritirerà dal Golan occupato – ha affermato Meqdad –
Damasco non esiterà a ricorrere alla forza per liberare parte del
territorio siriano”. Proprio in questi giorni il governo
siriano ha riattivato la sua principale base militare a Quneitra ed ha
messo in stato di allerta i suoi sistemi di difesa antiaerea, per poter
rispondere ad un eventuale attacco dell’esercito israeliano.
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