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13/03/2019

La Tav? Solo archeologia geopolitica


Se anche i più attenti analisti macroeconomici ritengono il Tav in Val Susa “una boiata pazzesca” sorge il sospetto – fondato – che la cosiddetta Grande Opera serva a chi deve costruirla e niente affatto al paese.

Vi proponiamo qui l’editoriale apparso sull’agenzia Teleborsa – testata poco incline alla repubblica sovietica – che boccia senza mezzi termini il cavallo di battaglia del cosiddetto “partito del Pil” (Lega, Partito Democratico, Forza Italia, Bonino, Leu e Fdi).

Neanche la probabile firma del Memorandum of understanding con la Cina potrebbe diminuirne l’inutilità, visto che comunque gli eventuali nuovi flussi di merci non passeranno su quella direttrice.

Guido Salerno Aletta ne rifà la storia, ricordando i tanti cambiamenti di progetti infrastrutturali succedutisi nel tempo, col variare delle congiunture economiche e degli scenari geopolitici (il crollo del “socialismo reale” ha costretto tutti a ripensare le vie di comunicazione, e non sempre in modo sensato).

Alla fine, il Tav Torino-Lione è un pezzo marginale di un progetto più grande (Kiev-Lisbona) che nel frattempo è stato abbandonato. Archeologia, insomma, ma fruttuosa per pochi e calamitosa per tanti (noi che paghiamo le tasse e gli abitanti della Val Susa).

Allora perché “si deve fare” a tutti i costi? Perché consente a un piccolo gruppo di grandi imprese, ben ammanicate con tutti i governi degli ultimi 30 anni (‘ndrangheta compresa), di guadagnarci costruendola con i soldi dello stato e dell’Unione Europea, senza rischiare un solo centesimo.

Un vero esempio del “coraggio imprenditoriale” della borghesia italica, che ha come unica stella polare la fuga dal rischio di impresa. Miserabili che andrebbero rieducati col lavoro in miniera...

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La Tav? Solo archeologia geopolitica

Neppure la Via della Seta passerà per Torino

Guido Salerno Aletta – Editorialista dell’Agenzia Teleborsa

Per capire che cosa sta succedendo davvero sulla TAV, con una analisi costi-benefici assai controversa che rimette in discussione la convenienza dell’opera, la lettera del Presidente del Consiglio Conte che invita la Società mista italo-francese a non assumere impegni che comportino oneri per l’Italia, e la prospettiva di ridiscutere tutto il progetto direttamente con il Presidente francese Emmanuel Macron e con la Commissione europea, bisogna fare qualche passo indietro, nella Storia.

Il progetto iniziale che più si avvicina al tema della TAV è quello che alla fine degli anni Ottanta prevedeva un Asse ferroviario Lione/Genova – Basilea – Duisburg – Rotterdam/Anversa, denominato “il ponte dei due mari”. Era orientato chiaramente sull’asse Nord-Sud: non passava per Torino, né tantomeno collegava questa città con Lione, poiché il tracciato prevedeva di attraversare le Alpi al confine tra l’Italia e la Svizzera. Si trattava di integrare con una rete efficiente il sistema dei trasporti dell’Europa. Era stato pensato quando ancora i Paesi dell’Est erano parte del blocco sovietico e del patto di Varsavia.

Mentre si costruiva il Mercato interno europeo, anche attraverso un sistema efficiente di infrastrutture di trasporto, cadeva il Muro di Berlino e cambiavano anche le priorità geopolitiche: occorreva integrare il più velocemente possibile i Paesi dell’Est. Era una strategia che richiedeva di collegarli economicamente all’Unione europea e militarmente alla Nato.

Ecco, allora, che nell’elenco dei 30 progetti prioritari (definiti Assi) delle reti Trans Europee di trasporto (TEN-T) si individua con il numero “6” un collegamento completamente diverso, orientato sull’asse Est-Ovest, che segue il seguente percorso: si attraversano le Alpi collegando Lione a Torino, poi si collega tutto il Nord Italia toccando Novara, Milano, Brescia, Verona, e Trieste, quindi si punta verso Est: prima si arriva in Slovenia a Lubiana, poi si sale verso l’Ungheria toccando Budapest, ed infine ci si arresta al confine della Ucraina. Era ancora quella la vera frontiera dell’Europa geopolitica.

Insomma, era completamente un’altra impostazione, che poi fu estesa con un collegamento ancora più ambizioso: si partiva da Lisbona in Portogallo per arrivare fino a Kiev in Ucraina. Anche l’Ucraina veniva pienamente integrata in un ambito europeo e naturalmente filo-Atlantico.

Si passa quindi dalla strategia dei primi anni Ottanta, che aveva come priorità la creazione del Mercato Unico europeo in un contesto definito dal Trans European Network (TEN-T), a quella che punta alla integrazione dei Paesi dell’Est europeo, che prima facevano parte del Blocco Sovietico e del Patto di Varsavia.

Prima le Reti trans-europee (TEN-T), poi gli Assi, ed infine i Corridoi pan-europei non sono affatto la stessa cosa: seguono logiche geopolitiche che si configurano in tempi diversi.

Una volta integrati i Paesi dell’Est europeo, il nuovo contesto geopolitico è rappresentato dalla avanzata della Cina e dal suo progetto BRI (Belt & Road Initiative) che approda nel Mediterraneo, sempre meglio collegato all’Oceano Indiano dopo il raddoppio del canale di Suez.

Sempre che non si apra la Rotta artica che sembrerebbe ormai praticabile per via della riduzione della banchisa polare, i porti di Genova e di Trieste diventerebbero teoricamente due terminali preferibili per le merci proveniente dall’Asia, rispetto a quelli del Nord Europa.

Ci sono però delle controindicazioni enormi: la TAV Torino-Lione sarà pronta tra una decina d’anni, e comunque non basta. Occorre potenziare Genova: ma qui il retroporto è inesistente, ed i collegamenti ferroviari ed autostradali sono fermi da decenni. Trieste, a sua volta, è stretta dalla frontiera.

In un ipotetico raccordo con la Cina, e nella prospettiva per l’Italia di diventare uno snodo logistico tra Europa ed Asia, forse sarebbe più utile il Porto di Gioia Tauro, opportunamente collegato con un passante ferroviario. Mentre la Calabria avrebbe un ruolo per la logistica, la Puglia diventerebbe un hub energetico essenziale con la TAP, collegandosi sia ai giacimenti dell’Azerbaijan che in futuro a quelli sottomarini intorno a Cipro e di fronte ad Israele.

Torino guarda alla TAV come rimedio ad un irreversibile declino, e lo stesso accade per Genova. I Paesi dell’Est europeo, ed ormai anche la Ucraina, ormai sono ben connessi dal punto di vista economico all’Unione europea ed alla Nato.

Neppure la Via della Seta passerà per Torino.

La TAV?

Solo archeologia geopolitica.

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