di Maria Grazia Meriggi
Nonostante debba lavorare intensamente pur essendo stanca di non avere praticamente mai staccato vorrei fare – circa un mese dopo il primo post – qualche osservazione su M di Scurati.
Non sottovaluto gli svarioni poco spiegabili visto che si tratta di nozioni che dovrebbe avere qualsiasi studente del primo anno e dato che l’autore rivendica un’attenzione addirittura scrupolosa per i fatti. Ma sono stati subito rimossi – semmai c’è da chiedersi come mai l’editing non li avesse evitati e qui si aprono gossip in cui non entro – nella mia edizione di luglio non ci sono più.
È rimasto un errore grave ma non notato in genere: di Angelo Tasca si dice che era di famiglia borghese mentre la sua appartenenza famigliare alla classe operaia piemontese è essenziale nel suo percorso, compreso il legame con Buozzi, e anche nella sua cultura, riscontrabile per chi abbia letto i moltissimi testi del suo archivio pubblicati nei decenni dagli Annali Feltrinelli.
Ma il limite dell’operazione è nel contenuto. L’interesse suscitato fra gli storici da M ha a che fare con la cosiddetta Public History, il volume si propone come uno strumento per far conoscere una crisi di sistema e la nascita di una dittatura a chi non legge i libri di storia. Ma i libri di storia “noiosi” hanno naturalmente un punto di vista interpretativo – a partire dalla selezione delle fonti – ma presentano appunto delle fonti: consentono al lettore di usarli anche non condividendone l’interpretazione. È per questo che tutti abbiamo letto e leggiamo i volumi di Renzo de Felice.
M fornisce delle origini del fascismo una visione nichilista, direi céliniana, in cui tutti i protagonisti sono immersi nello stesso impasto di ottusità e di fango. La radicalizzazione dei conflitti sociali nei “quattro anni” sembra suscitata solo dall’estremismo dei massimalisti mentre è il frutto di una crisi messa in moto dalla Grande guerra e dalle nuove forme di rappresentanza che ha suscitato (in tutta Europa, Russia compresa). Di tutti i “bolscevichi” italiani il solo messo in scena continuamente è Bombacci cioè – per usare una categoria magari non rigorosa ma efficace – il più stupido di tutti.
Scurati non può non rilevare il coraggio di Matteotti, ma più di una volta ricorda che il padre era sospetto di prestare a usura. Ma la pratica di vendere a credito – i Matteotti erano anche proprietari di negozi – e nel caso di mezzadria (in questo caso non per i Matteotti che conducevano le terre con braccianti) di anticipare i fondi per le migliorie era tipico di tutta l’economia rurale in cui i Matteotti operavano e in cui il proletariato rurale era privo proprio di contanti.
Insomma il lettore che ignori tutto delle origini del fascismo apprende il punto di vista dell’autore: una crisi in cui precipita la bestialità umana più che il prodotto di processi concreti.
Da un romanzo infatti non ci si aspetta la ricostruzione di questi processi, ma allora il romanzo non dovrebbe pretendere di presentarsi come Public History. E M porta nettissime le tracce di un punto di vista soggettivo, addirittura ideologico.
Mi capitò molti anni fa di parlare a lungo con Daniel Mayer, la cui mamma faceva lo stesso mestiere della madre di Céline in Mort à credit, e mi disse il suo stupore (era un uomo rigoroso, ma spiritoso): non sapevo di vivere in mezzo ai mostri (forse perché almeno i miei non erano antisemiti...). Mort à credit resta un grande romanzo, ma non sostituisce le ricerche sulla Francia degli anni fra le due guerre...
In conclusione: a chi non è lettore abituale dei libri di storia consiglierei Angelo Tasca, Nascita e avvento del fascismo, che dalla prima edizione del ’38 attraverso le numerosissime ristampe non ha perso niente del suo rigore e della sua passione ed è anche scritto benissimo.
Per gli storici di mestiere, nonostante le più di 800 pagine, credo valga la pena di leggerlo per capire come mai abbia suscitato tanto interesse fra gli specialisti.
Un appunto per chi ritiene che “noi” siamo in poche parole “invidiosi” di Scurati. Credo di no, perché si può essere “invidiosi” di chi compete nella stessa categoria. Se scoprissi che Stefano Musso o Maurizio Gribaudi scrivendo di regolazione dei conflitti in età giolittiana, o di Paul Leroux e la Grève de Samarez diventano best sellers, potrei sentirmi frustrata... Ma purtroppo questo non è accaduto. M però è un fenomeno su cui riflettere.
Ora cerco di rimettermi a studiare
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