Governo di svolta...
In attesa della nascita del Governo Conte 2, che però, giura
Zingaretti non sarà Conte Bis, e della pregiata lista dei nuovi titolari
dei Dicasteri, sia consentito dire qualche parola, almeno per dare
sfogo al disgusto, davanti a quanto sta accadendo nella torpida
indifferenza del popolo italiano che si gode (si fa per dire) le ultime
giornata agostane. Disgusto.
Un governo nato in modo anomalo 14 mesi
or sono, dopo ben tre mesi di trattative, sulla base di un inedito
"contratto"; una cosa mai vista nella storia repubblicana, per di più
tra due forze che pur condividendo l’elettorato e una certa ispirazione
genericamente populista avevano assai più elementi di dissidio che di
concordanza. E come si era previsto, l’esperimento è fallito, non senza
aver fatto molti danni.
Ricordiamo anche che prima dell’abbraccio mortale del M5S con la Lega
di Salvini, una mezza trattativa era stata avviata con il PD, che fu
bloccata da Matteo Renzi che oggi è stato il principale sponsor
dell’accordo con i 5S: quel Renzi, che prima della batosta sul
referendum del dicembre 2016, aveva garantito che si sarebbe ritirato
dalla vita politica, con i suoi fedelissimi, a cominciare da Maria Elena
Boschi. Quel Renzi che come il suo sodale Carlo Calenda sta in realtà
lavorando per fondare un proprio partito, mentre il suo successore
Zingaretti finge di non accorgersene. E lavora a un “governo di svolta”,
con il probabile recupero di una parte dei precedenti ministri e dopo
aver tuonato che mai il PD avrebbe accettato il ritorno di Giuseppe
Conte alla Presidenza, ora afferma che in fondo si può fare basta che
non sia un bis...
Ma i Cinque Stelle che in realtà sono il partito che più teme le
elezioni (ne sarebbero distrutti) davanti alla mollezza inerte
dell’interlocutore alzano la posta. Non basta il presidente, vogliono
anche il vice, e Di Maio scalpita per mantenere quella posizione, magari
da solo, non più a mezzadria con il mostro Salvini, e davanti al
successo di questi che ha raccattato consensi con la sua volgarità
mescolata alla sua ferocia, con il suo fare popolano rivestito di
grottesca inflessibilità, il povero Di Maio addirittura ha pensato che
la poltrona di ministro dell’Interno sarebbe la più utile a lui e al
movimento di cui qualcuno lo ha nominato “capo politico” (se questo è il
capo...).
Governo di svolta...
E intanto il prof. avv. Conte, il signor Nessuno dalle dubbie
credenziali accademiche, uscito dal cilindro del cappellaio matto, che
aveva dichiarato di non essere disponibile a proseguire questa
avventura, che lui era semplicemente un professore in prestito alla
politica, ora si avventa sulla ciambella, pronto ad addentarla e tenerla
stretta per altri 3 anni e mezzo. Sostenuto anche da una parte degli
ambienti “democratici” soltanto perché qualche giorno fa ha dato alcune
sberle a Salvini, pur rivendicando il comune operato, cosa che peraltro
non si stanca di fare Di Maio. Sberle date dopo aver sostenuto e firmato
ogni nefandezza voluta da Salvini, dopo aver parlato sia pure con toni
più morbidi la stessa lingua del suo vice, dopo aver piattamente
eseguito tutto ciò che lui e Di Maio gli ordinavano.
Governo di svolta...
Ma come si può pensare un governo di svolta, o "del cambiamento"
(ebbene sì abbiamo sentito anche questa espressione che fino all’altro
ieri era sulla bocca della coppia Di Maio – Salvini!), con questi
figuri? E su quale programma si potranno intendere PD e M5S? Non sta per
nascere un altro ircocervo destinato alla paralisi o a fare sfracelli
ignominiosi? Certo, ci liberiamo dell’orrido figuro, e non nascondo la
gioia, specie davanti agli ultimi suoi atti, come l’ennesima bravata di
dire no a chi chiede accoglienza. Quel figuro che non rinuncia,
finalmente rientrato alla scrivania del ministero dove nessuno lo ha mai
visto dopo il primo giorno del marzo ’18, non ha esitato, lui
dimissionario, a firmare l’ennesimo osceno decreto di divieto di
ingresso “nelle acque territoriali italiane”, a una nave di ONG, con un
centinaio di donne bambini e uomini in cerca di salvezza (faccio notare
tuttavia che il decreto è stato regolarmente controfirmato da due
ministri 5S, Danilo Toninelli ed Elisabetta Trenta, questa seconda in
predicato di conservare la titolarità della Difesa nel governo di
svolta...).
E intanto v’è chi ha avuto la faccia tosta di citare Marco Minniti
come titolare dell’interno, Minniti che fece l’accordo con la Libia,
fingendo di non sapere che cosa accadeva nei campi di accoglienza con i
migranti che respingevamo in quel Paese, dopo aver contribuito in modo
determinante a gettarlo nel caos, con l’aggressione militare del 2011, e
l’uccisione proditoria di Gheddafi...
Governo di svolta...
Insomma, la toppa se non rischia di essere peggio del buco, certo
difficilmente aprirà scenari progressivi. E davvero questo nascente
governo, che per almeno metà sarà animato dagli stessi spiriti populisti
ma nella sostanza antipopolari, potrà fare cose così diverse da quello
precedente? Noi che non crediamo alla “svolta”, noi che non guardiamo
con simpatia a nessuno di costoro, noi che riteniamo che il Partito
Democratico abbia compiuto un altro passo verso il baratro, noi che
pensiamo che la Costituzione, la grammatica istituzionale, la dialettica
democratica, il buonsenso persino, indichino modi assai diversi di fare
i governi...; noi, per quanto pochi (forse) e isolati (forse), per
quanto ridotti all’angolo, e (forse) destinati a nuove sconfitte...; noi,
pur rallegrandoci di non essere più sopraffatti d’ora in poi dalla
infinita salvineide che ci ha ammorbato nei mesi scorsi (al mare, in
caserma, tra croci e madonne, in pizzeria, tra cannoli e arancini, sui
palchi di piazze ricolme di folle o forse no...); noi confessiamo tutto
il nostro amaro sconforto, davanti alla annunciata soluzione della
crisi. Davanti al “governo di svolta” che sta per nascere.
Eppure, è una promessa, noi non taceremo. Non ci accoderemo. Non
batteremo le mani. Non brinderemo. Ma non taceremo. Sappiamo aspettare,
sappiamo che la strada è lunga e in salita, ma sappiamo che dobbiamo
percorrerla. E ciascuno dovrà fare la sua parte. Cercando nuove unità,
non estemporanee, non di facciata, non di cartello elettorale. Ma di
sostanza, fondate sui punti essenziali di un programma che voglia
aiutare chi, tra un governo e il successivo, rimane comunque sotto,
schiacciato, vilipeso. Un programma non genericamente per l’Italia, ma
per l’Italia del 25 Aprile e del 2 Giugno, per l’Italia antifascista,
che crede nella giustizia sociale, nei valori della cultura, nella
solidarietà, nell’umanità. Un programma di tutela idrogeologica del
territorio e di prevenzione antisismica. Un programma di salvaguardia
ambientale, e paesaggistica; di economia "verde", di equità fiscale, di
progresso civile, di lavoro per la gioventù, di aiuto alla ricerca
scientifica e alla scuola (pubblica), un programma di difesa e rilancio
del welfare, in particolare della sanità (pubblica), e del trasporto
(pubblico). Un programma che denunci e rinunci ad ogni proclama
inneggiante alle “grandi opere” e si concentri sulle “piccole opere”: le
strade provinciali, gli edifici scolastici da mettere in sicurezza, gli
argini dei fiumi, le ferrovie locali, gli ospedali cadenti..., e così
via. Un programma che cominci almeno a riequilibrare la politica estera
del nostro Paese, schiacciata dagli Stati Uniti (ricordiamo che Trump
prontamente ha sostenuto con una ulteriore inaccettabile ingerenza
Giuseppe Conte, come successore di se stesso), e incapace di cercare vie
autonome di pensiero e di azione, anche all’interno di organizzazioni
sovranazionali.
Angelo d'Orsi
(29 agosto 2019)
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