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22/08/2019

L’incubo della “manovra”, ma con qualche differenza...

Fuori dalla miseria delle dichiarazioni politiche, quale manovra di bilancio dovrà affrontare il prossimo governicchio semi-tecnico e “di alto profilo”?

Da mesi gli esperti vicini a Bruxelles (per esempio: Mario Monti) parlano di “tante lacrime e molto sangue”. E certo non sarà una passeggiata di salute per lavoratori, studenti, pensionati, disoccupati, utenti della sanità pubblica.

Ma – nella tragedia sociale – le ipotesi in campo possono essere molto diverse per dimensioni, estensioni, durata.

Sappiamo che il Peracottaro Padano aveva buttato lì l’idea di una manovra da 50 miliardi per tenere insieme l’ennesima sterilizzazione dell’aumento dell’Iva, la flat tax (che implicava necessariamente una forte riduzione delle entrate fiscali) e altre misure per regalare soldi alle imprese, soprattutto del Nord.

Difficile, con certe cifre e con un’impronta fintamente “anti-europea”, trovare accoglienza favorevole tra i “revisori dei conti pubblici” della Commissione.

Un esecutivo invece pienamente allineato con le direttive di Bruxelles ha sicuramente qualche margine di flessibilità in più, specie se i numeri da far quadrare sono quasi la metà. Non a caso è la prima delle “cinque condizioni” poste da Zingaretti per la trattativa con i Cinque Stelle.

Una manovra da 30 miliardi è comunque molto pesante, ma meno di quanto si possa pensare. La posta più grossa è per congelare l’Iva: 27,6 miliardi, già quantificati dall’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), che comprendono i 23,1 miliardi per Iva e accise e altri 3-4 per il finanziamento delle spese indifferibili. Su questo fronte, Tria ha preparato un piano piuttosto articolato, che potrebbe essere ripreso ed aggiornato dal prossimo ministro dell’economia (se sarà un altro).

Le “coperture” in questo caso arriverebbero dai “risparmi” relativi a reddito di cittadinanza e quota 100, che nella pratica sono stati appannaggio di una platea molto inferiore a quella stimata (come del resto noi di Contropiano avevamo spiegato ancor prima che venissero approvati quei decreti). Si tratta, a consuntivo, di quasi 3 miliardi, cui vanno aggiunte le maggiori entrate Iva derivanti dagli effetti dell’introduzione della fatturazione elettronica, che ha colpito parte dell’evasione su questa imposta.

Come sempre, altri “risparmi” verrebbero dalla riduzione della spesa pubblica corrente per sanità, istruzione, welfare e pensioni. Ma nessuno prova per ora a quantificarle.

L’eventuale ammanco per raggiungere i 30 miliardi richiederebbe appunto una richiesta di maggiore “flessibilità” da parte della Ue (la Commissione al momento non è ancora stata formata). E la congiuntura economica pesantemente negativa, a partire dalla recessione tedesca e dalle incertezze sugli effetti sistemici della Brexit, costringe comunque anche i cerberi di Bruxelles a limitare, per il momento, gli interventi più pesanti sulla terza economia del continente. Aggiungere altra benzina sul fuoco sarebbe controproducente, specie davanti a un governo più “allineato”.

Esiste poi l’ipotesi di un governo di breve durata, che pensi soltanto a presentare la manovra e poi andare ad elezioni anticipate (dipende dal grado di serietà dell’accordo tra Pd e Cinque Stelle). In questo caso, la sterilizzazione dell’Iva potrebbe essere limitata a soli 4 mesi (il tempo necessario a indire elezioni e far formare un nuovo governo), e dunque le risorse necessarie per questo capitolo sarebbero limitate a circa 8 miliardi.

Poi, se la vede chi vince la lotteria delle urne…

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