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23/08/2019

L’ultimo regalo di Salvini: il ritorno delle “istituzioni”

Dicevano i nostri maestri che la storia che conosciamo è storia di lotte di classe. Se avessero avuto come riferimento le istituzioni e il loro rispetto, l'umanità si troverebbe probabilmente ancora al Medioevo.

La crisi di governo che è andata in onda a reti unificate è stata definita un “evento storico”. Nel 2019, in effetti, anche una fiction di quarto ordine può essere considerata tale.

Abbiamo sentito che Conte avrebbe “asfaltato” Salvini in diretta ed effettivamente il sistema mediatico ci ha mostrato qualcosa di simile. Un primo piano con l’ex Presidente del Consiglio in piedi e un ministro dell’interno cereo, piegato su un rosario con gli occhi vitrei e una gestualità che via via non poteva che accompagnare le nubi che si addensavano sulla sua persona.

L’intervento di Conte era centrato sull’unico discorso politico che poteva servire a costruire una nuova maggioranza responsabile: il rispetto delle istituzioni, della tradizione e del protocollo. Quella tradizione che Salvini avrebbe ridicolizzato in ultimo con le danze del Papete Beach, con le forzature della procedura istituzionale, con il richiamo al popolo.

Così abbiamo assistito ad una recita in cui nessuno spazio è lasciato alle cause reali della crisi, un suicidio senza movente come se la politica non c’entrasse nulla.

Verrebbe a questo punto da chiedersi cosa intende il nostro mainstream mediatico parlando di istituzioni. Forse la risposta sta nell’accostamento piccato di qualche giorno prima, quando il ministro dell’interno coi boxer a una festa in spiaggia veniva confrontato con l’ex Presidente Aldo Moro fotografato negli anni ‘60 in una spiaggia deserta vestito in giacca e cravatta con un libro in mano, accanto alla figlia. Come a confrontare due stili di fare politica apparentemente incompatibili.

Moro negli anni ‘60 era un potente bigotto e austero, Salvini nel 2019 era semplicemente in preda a un delirio più o meno spontaneo. Un confronto tutto basato sull’apparenza, un confronto ipocrita.

In Italia, per rimanere al solo dopoguerra, le istituzioni sono state rispettate con la cessione di sovranità alla NATO, con le trame delle varie logge massoniche, con le stragi di Stato, con i rapporti con la mafia, infiltrata in qualsiasi livello politico. Con le repressioni dei movimenti rivoluzionari, con le torture e le morti in carcere e potremmo continuare l’elenco.

La politica italiana è sempre stata così rispettosa delle istituzioni che non ha esitato a stracciare la Costituzione ogni qualvolta è stato possibile. Le istituzioni che si dovrebbero rispettare sono ben rappresentate da quei servitori dello Stato che hanno fatto carriera dopo la mattanza del G8 di Genova.

Salvini era e rimane un reazionario pericoloso e inguardabile, ma se la sua sconfitta si basa solo su un richiamo al rispetto di alcune regole formali allora non capiamo cosa ci sia da gioire per i lavoratori e per gli sfruttati.

Rimarrebbe da capire se la ricerca della “correttezza istituzionale” sia semplicemente un modo per non affrontare i nodi politici reali o se quello che loro intendono per “istituzioni” è quella cosa spaventosa che serve solo a schiacciare i più deboli e chi si ribella. Ma, molto probabilmente, sono vere entrambe le cose.

Collettivo Comunista Genova City Strike

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