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31/08/2019

Quattro passi nel delirio preparano il bisConte

Non ci sono parole. Da decenni osserviamo le contorsioni della inconsistente classe politica italiana, ma dobbiamo ogni volta constatare che il degrado peggiora di mese in mese, come le metastasi di un tumore incurabile.

Per chi ha una qualche memoria delle crisi più complicate della “prima” e “seconda” repubblica, la situazione oggettiva appare abbastanza semplice. Una coalizione di governo si è rotta per decisione di un chiacchierone da palcoscenico persuaso, nell’autoesaltazione da spiaggia, di poter fare rubamazzo e ottenere i mitici “pieni poteri”. Il che già indica non aver capito affatto quanto il potere vero non risieda nelle stanze dei bottoni di Palazzo Chigi, ma nelle asettiche suite della borghesia finanziaria multinazionale e in quelle altrettanto impenetrabili dell’Unione Europea.

Data una realtà parlamentare “tripolare”, gioco forza le altre due formazioni politiche erano obbligate a trovare un accordo per evitare elezioni anticipate. Il mitico “programma”, una volta usciti i fantasiosi maneggioni leghisti, si riduceva all’ordinaria amministrazione di una regione sottoposta a controllo ferreo (la struttura della legge di bilancio, peraltro resa meno drammatica dalle risorse extra derivanti da entrate fiscali e risparmi su “quota 100” e reddito di cittadinanza).

Dunque ci voleva veramente poco per “trovare la quadra” sulla minutaglia che resta liberamente disponibile per nutrire un briciolo di clientele e promesse elettorali depotenziate.

E invece abbiamo assistito a un delirio in diretta televisiva, tra un Di Maio più stordito del solito che moltiplicava “punti di programma” come pani e pesci d’aprile per poter restare “vice-premier”, e un PD squassato dalle incomposte ambizioni dei singoli cacicchi (renziani in testa).

Tutto rientrato, pare, grazie alle paure di gruppi parlamentari terrorizzati dalla disoccupazione incipiente e alla “sapienza” dei pochi terminali intelligenti del potere vero (di cui sopra). I quali hanno facile gioco nello stemperare asprezze che sanno poter essere solo verbali, visto che alternative non ce ne sono.

Nel delirio, in particolare sul “toto-ministri”, qualche buontempone ha fatto circolare il nome persino di Luciano Vasapollo, docente di economia alla Sapienza di Roma, saldamente marxista e militante dell’Usb, che in passato – quando parte dei Cinque Stelle ipotizzava l’uscita dall’Unione Europea e dall’euro – era stato invitato come relatore in alcuni convegni sul tema. Interpellato, Luciano ci ha riso sopra, ricordando invece che “questo è un governo che non quindi sarà certamente amico dei lavoratori, bensì attento alle ‘ragioni’ delle imprese e del capitale, dimenticando che io sono un marxista e milito nel sindacato USB, che è rimasto l’unico a difendere i lavoratori”. E che “Cuba e Venezuela sono i governi che difendono queste istanze e certo una componente del Conte bis; il Pd, non li appoggia”.

Un dettaglio ci sembra rivelatore: l’insistenza del cosiddetto “capo politico” dei Cinque Stelle su “i decreti sicurezza non si toccano”, come fossero stati una sua creatura anziché del suo succhiavoti, Salvini. È un dettaglio che indica non solo confusione, ma l’assoluta ed anche inutile strumentalità, anche perché su quel tema non è che si possa pensare di trovare “resistenza umanitaria” nel Pd di Minniti & co.

“La politica” ridotta a mucillagine in perenne fermentazione non merita di essere narrata minuto per minuto, come fanno disperatamente i media mainstream, perché lo sbocco è individuabile solo guardando al ”contenitore” – europeo ed atlantico – dentro cui scorre. Un po’ come avviene per la pioggia, che si incanala a seconda della conformazione del suolo, raccogliendo scorie e liquami d’ogni tipo, viaggiando verso il mare.

Segnaliamo però all’attenzione dei compagni la fine ingloriosa della stagione dell’“antipolitica populista”, quella “né di destra né di sinistra”, perciò assolutamente priva di idee-guida, visioni del mondo, progettualità di almeno medio periodo, e quindi rapidamente ridotta ad ambizioni personali, opportunismi, furbizie e menzogne da sottobosco amministrativo.

Del resto, se la struttura economica del capitalismo occidentale vive da oltre un decennio nella “stagnazione”, se la volontà delle popolazioni dei diversi Stati non può e non deve trovare risposta, come potrebbe “la politica” essere qualcosa di più che pura recitazione per un quarto d’ora di notorietà?

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