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26/08/2019

Il summit del G7. Crescenti divaricazioni nelle maggiori economie capitaliste

Nonostante le foto di circostanza, come il pranzetto a due su terrazza con vista mare tra Macron e Trump, i temi divisivi sembrano più numerosi su quelli “concertativi”, tanto che anche questo vertice del G7 è probabile che si concluda senza un comune comunicato finale, come era già accaduto lo scorso anno.

La “camera di compensazione” del summit delle maggiori economie capitaliste è da tempo che ha esaurito le riserve di ossigeno, anche perché i fattori della competizione globale (commerciali, monetari, geopolitici) sono diventati prevalenti su quelli della concertazione dell’epoca della globalizzazione ritmata dal Washington Consensus.

Non a caso la dichiarazione più tagliente della giornata di ieri è venuta – e su varie questioni – dal presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk. “È difficile immaginare un processo di ratifica dell’accordo Ue-Mercosur fin quando il governo brasiliano consentirà la distruzione dell’Amazzonia”, ha affermato Tusk e ad una domanda sulla tassa minacciata da Trump sui vini, è stato ancora più netto: “Se gli Stati Uniti imporranno delle tasse, l’Ue risponderà sullo stesso piano”. Relativamente al contenzioso con la Gran Bretagna sulla Brexit, lo stesso Tusk ha rifilato un’altra rasoiata, questa volta alla destinazione del premier britannico, “mi auguro che Johnson non voglia passare alla storia come Mister no deal”. Ma lo stesso Johnson ha fatto sapere che se l’Unione Europea non vuole una Brexit senza un accordo deve lasciar perdere con le richieste di adempiere ai costi del Trattato. Poi si è incontrato con Trump per prendere le misure e giocare in un difficile equilibrio su opzioni assai diverse tra loro. La storica relazione particolare tra Gran Bretagna e Stati Uniti non sembra più una garanzia sufficiente a rassicurare il mondo degli affari britannico.

Donald Trump si è invece scatenato con una serie di tweet postati da Biarritz, dove ha bollato come fake news le notizie “false e inaccurate” sulle tensioni con gli altri paesi del G7 e sui rischi di recessione negli Stati Uniti. Gli incontri con i leader stanno andando “molto bene” e “il nostro Paese, economicamente sta andando alla grande” ha concionato Trump, lamentandosi che “Prima che arrivassi in Francia notizie false e disgustose sostenevano che le relazioni con gli altri sei Paesi del G7 fossero molto tese e che i due giorni di incontri sarebbero stati in disastro”. Allo stesso modo, prosegue, le fake news “stanno cercando di convincerci di una recessione, stanno tentando di spingere l’America verso tempi economici difficili, tanto peggio, tanto meglio, tutto pur di rendere la mia rielezione più difficile”.

Se ne parla poco ma tra i motivi di divaricazione c’è anche l’Iran. Trump ha rotto unilateralmente il trattato siglato nel 2015 da stati europei, Russia,Cina e Stati Uniti con l’Iran. Una decisione che ha fatto schizzare la tensione nella regione del Golfo e le relazioni con i partner europei. Tant’è che venerdi, alla vigilia del G 7, Macron ha incontrato il ministro degli esteri iraniano per arrivare al summit con notizie aggiornate da mettere eventualmente sul tavolo e dunque fare pressioni su Trump affinchè con continui a seguire le ossessioni antiraniane del suo consigliere Bolton e dei “likudzik” nell’amministrazione Usa.

Qualche pannicello caldo viene distribuito in pasto ai giornalisti che seguono il vertice, ad esempio sulla possibilità che la Russia torni a far parte del G7 (che così tornerebbe ad essere G8 come lo era stato fino al 2014). E’ “certamente possibile” ha risposto Trump, alla domanda se ha intenzione di invitare la Russia al G7 del 2020 che si terrà in America. La Russia esaminerà un eventuale invito a Vladimir Putin per il summit G7 del 2020 ha replicato il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, citato dalla testata online Sputnik, anche se recentemente Putin aveva dichiarato che, allo stato in cui sono le relazioni internazionali tra le maggiori economie nel XXI Secolo, ormai era diventato più significativo il G 20.

Vada come vada, è evidente – e lo era da tempo – che i bei tempi in cui le maggiori economie capitaliste concertavano e procedevano insieme sotto la direzione degli Stati Uniti è al tramonto. Il mondo è cambiato.

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