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15/08/2019

Il Sud Conta. E ora si vede pure...

I misteri ingloriosi dell'”autonomia differenziata” cominciano ad essere svelati, passando dal “dibattito” tra esperti (compresi i maneggioni leghisti che l’avevano quasi imposta prima al governo Pd (con Gentiloni) e poi, a maggior ragione, all’esecutivo gialloverde). Diventano pian piano consapevolezza sociale e politica, tema di intervento “tra la gente”, mettendo al corrente i diretti interessati della grande rapina che si va profilando sui loro già scarsi redditi.

Qui di seguito un articolo che, retorica a parte, dà conto dello svilupparsi di questo processo, con importanti spiegazioni delle conseguenze pratiche.


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Come “rose nel deserto”: quattro giovani eroi napoletani della “guerra” contro il regionalismo discriminatorio

“Fratelli d’Italia”? Mors tua vita mea. Delenda Mezzogiorno e finis Italiae.

Nel corso degli ultimi dieci mesi, anche se solo in pochi se ne sono accorti, l’Italia è stata attraversata da una “guerra civile”, non nell’accezione storico-giuridico-politica del termine, ma in quella traslata di lotta condotta tramite le “armi” del dissenso civile – dibattiti, assemblee pubbliche, seminari, convegni, sit-in, cortei – di cui la tanta “vituperata” e “gommorroide” Napoli è stata la capitale morale e culturale, in cui si è concretizzata la mobilitazione contro il regionalismo differenziato richiesto “in gran segreto” dalle Regioni, Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna.

Come in ogni guerra, ci sono stati degli eroi che, anche a discapito dei loro interessi personali, si sono distinti per essersi opposti con lucidità, fermezza e tempestività al piano promosso dal “Grande Partito Trasversale del Nord” di istituzionalizzare prima la condizione del Mezzogiorno come “colonia interna estrattiva”, per poi, dopo averlo desertificato del tutto, mollarlo definitivamente al suo destino “africano”, dando, così, vita alla fuga della “locomotiva” del “Grande Nord” verso le tanto ambite ed agognate mete europee.

La posta in gioco era ed è tuttora altissima:

1) Legalizzare e perpetuare “il furto di Stato” di circa 60 miliardi di euro di spesa allargata l’anno, operato, grazie al “piede di porco” della spesa storica” dalle “virtuose” Regioni centro-settentrionali ai danni di quelle meridionali, che, invece, costituendo, il 34,3% della popolazione italiana, nel corso degli ultimi dieci anni hanno ottenuto soltanto il 28,3% dei finanziamenti pubblici complessivi loro spettanti. Il sistema statistico nazionale ha calcolato che in questo modo, nel solo quadriennio 2014/2017, sono stati sottratti al Sud 245 miliardi lordi, azzerandone e dimezzandone i più basilari diritti sociali e civili: asili nido, mense scolastiche, tempo pieno e prolungato, trasporti, assistenza sociale, cure sanitarie.

2) Estendere il “furto con destrezza” anche alla cassa ministeriale, affiancando al “piede di porco” della spesa storica quello vantaggioso per il Centro-Nord della media nazionale pro-capite della spesa pubblica centrale.

3) Modificare, tramite un “golpe bianco”, la forma Stato, per instaurare un federalismo estrattivo, iniquo, sperequato, asimmetrico e discriminatorio, che avrebbe riprodotto ancora di più le diseguaglianze sociali, economiche e territoriali, destinando stipendi, salari, diritti e servizi di serie A ai territori ricchi, “virtuosi” e “laboriosi” del Settentrione e stipendi, salari, diritti e servizi di serie B a quelli poveri, “spreconi” e “fannulloni” del Meridione. L’apartheid conclamato!

4) Minare definitivamente i pilastri della coesione, della solidarietà e dell’unità nazionale per realizzare, in prospettiva, il progetto secessionista della Lega Nord, ormai divenuto egemonico e fatto proprio da tutte le preponderanti forze sociali, economiche e culturali organiche al “Grande Partito Trasversale del Nord”.

Insomma, mors tua vita mea, delenda Mezzogiorno e finis Italiae, per consentire agli appetiti egoistici dei ricchi territori settentrionali di rimanere agganciati all’Europa che conta. Il sacrificio di 21 milioni di cittadini meridionali per consentire ai rimanenti 40 milioni di “virtuosi” di conservare livelli di vita e prospettive di sviluppo accettabili ed adeguate alla competizione globale capitalista. La dialettica sociale di marxiana memoria che si intreccia con quella territoriale.

Come in un suo recente post ha osservato l’artista Claudio Verde, la filosofia del liberismo in salsa “celtico-padana” è riassumibile nella seguente “massima”: “I soldi vanno dove stanno i soldi, i treni dove stanno i treni e gli asili nido dove stanno gli asili nido”.

Uno scandalo ed una vergogna etica, culturale, politica, giuridica e civile che, denunciata da pochi, dovrebbe indurre molti meridionali e tutte le forze laiche, democratiche, progressiste e radicali di questo Paese a riflettere sull’effettiva consistenza di tanta retorica unitaria. A riflettere per indignarsi e mobilitarsi contro le crescenti disparità sociali, economiche e civili tra Nord e Sud Italia, così come dimostrato dall’ultimo rapporto SVIMEZ.

Gli eroi della “guerra” contro l’egoismo dei ricchi: dai grandi “condottieri” agli “ufficiali di linea”.

La “guerra” contro questo disegno “eversivo” in “irrimediabile contrasto” con l’intero quadro costituzionale, ha avuto ed ha ancora i suoi eroi nei grandi “condottieri”, così come negli “ufficiali di linea e di collegamento”.

Tra i primi, i “condottieri”, si annoverano i nomi di eminenti studiosi e giornalisti, che hanno condotto e continuano a condurre una magistrale e rigorosa “operazione verità” contro le tesi ideologiche dei “ricchi”. Tra gli altri, si ricordano: gli economisti della prestigiosa SVIMEZ Luca Bianchi ed Adriano Giannola; il docente universitario della Federico II Giuliano Laccetti, che, in qualità di Presidente del Comitato scientifico dell’Associazione politico-culturale e-Laboriamo, ha promosso convegni e sit-in; il giornalista del Mattino Marco Esposito, autore di Zero al Sud; il direttore dell’autorevole Quotidiano del Sud Roberto Napoletano; il Presidente emerito della Corte costituzionale Giuseppe Tesauro, autore di saggi ed articoli fondamenti sull’argomento; il costituzionalista Sandro Staiano, promotore e coordinatore dell’Osservatorio sul regionalismo differenziato istituito presso il Dipartimento di Giurisprudenza della Federico II; l’economista Gianfranco Viesti, autore di Verso la secessione dei ricchi?; il costituzionalista Massimo Villone, autore di Italia, divisa e diseguale.

Giornalisti ed accademici che hanno profuso ed ancora oggi profondono un impegno pedagogico-civile basato sull’analisi critica rigorosa, sulla produzione scientifica e sulla divulgazione pubblicistica. Giornalisti ed accademici che per amore della verità, della giustizia, dell’uguaglianza e della solidarietà si sono messi umilmente al servizio della comunità, scendendo in “prima linea”, percorrendo instancabilmente il Paese da Sud a Nord, da Est ad Ovest, passando dalle aule accademiche e quelle dei centri di alta cultura, dalle sale consiliari dei Comuni a quelle delle associazioni culturali e dei nascenti comitati meridionalisti.

Affianco ed insieme ai grandi “condottieri”, che non hanno temuto di sporcarsi le mani, altri eroi, meno noti, ma altrettanto importanti. Giovani “ufficiali di linea e di collegamento”, che, in tempi non sospetti, hanno capito la portata della posta in gioco ed hanno preso decisamente posizione contro il regionalismo discriminatorio, contribuendo alla costruzione della rete Il Sud Conta. I loro nomi: Dario Franco, Bruno Martirani, Giovanni Pagano, Mario Raimondi.

Già impegnati a livello territoriale campano in numerose attività sindacali, sociali, politiche e culturali atte a favorire l’emancipazione delle classi meno abbienti – disoccupati, inoccupati, precari e senza casa – scevri da astratti ed inconcludenti schematismi ideologi, sulla base dello studio rigoroso e dell’analisi critica dei processi reali, sin dal mese di gennaio 2019 i nostri giovani eroi hanno lanciato petizioni, creato pagine facebook, piattaforme e blog informativi – http://www.ilsudconta.org/ https://www.facebook.com/groups/255111648565549/ – promosso sit-in, cortei, assemblee pubbliche nazionali, meetup, incontri dibattito a livello comunale e seminari di approfondimento con esperti, tesi a favorire da parte delle classi dirigenti locali e dei cittadini comuni la presa di coscienza dei danni provocati sia dalla “perversa attuazione del federalismo fiscale”, sia della sua definitiva istituzionalizzazione ed estensione attraverso l’approvazione del regionalismo differenziato.

In altri termini, facendo anche, ma non solo, tesoro degli studi proposti dai “condottieri” e dimostrando di sapere “fare sistema” ed a tratti “comunità”, i nostri giovani “ufficiali di linea e di collegamento” hanno contribuito dal “basso” sia alla promozione dei ricorsi presentati da settanta sindaci meridionali contro il dimezzamento del Fondo di perequazione comunale, sia alla costruzione di una fitta rete di comitati meridionalisti a livello interregionale, sia alla momentanea interruzione dell’approvazione del federalismo discriminatorio.

Aperti al dialogo ed al confronto critico e profondendo un impegno in termini di tempi e di energie che ne hanno fatto un punto di rifermento in tutto il Meridione, Franco, Martirani, Pagano e Raimondi hanno interloquito in modo costruttivo con tutte le forze mobilitatesi contro il “colpo di Stato” dei ricchi, rispettandone le posizioni anche quando non coincidevano con le loro tesi.

Scevri da personalismi, a fronte della retorica verbalistica e delle mere logiche di apparato di certe aree della cosiddetta sinistra radicale, ancora oggi la loro lettura dei processi in atto è il frutto di attente analisi critica, in cui intrecciano sapientemente la dimensione politica con quella sociale e territoriale, come quando in suo recente post Pagano osserva che: “Questa crisi di governo mette a nudo i veri interessi leghisti e la finzione del passaggio da partito del Nord a Partito nazionale (dove ci fossero delle differenze). La flat tax sarebbe servita a cementificare il consenso leghista al Nord, i beneficiari sarebbero stato in stragrande maggioranza i ceti medi residenti nelle regioni settentrionali, per farla però ci volevano i soldi, da dove prenderli? Dal Sud, ovviamente! Così come il welfare delle regioni settentrionali dopo la crisi del 2008 è stato garantito, dal 2011 in poi, con i miliardi di mancati trasferimenti, che spettavano da costituzione ai comuni del sud (vedi perequazione), così la flat tax e i nuovi assetti delle tre regioni che hanno richiesto l’autonomia si sarebbero retti con i 60 miliardi annui del famoso residuo fiscale. Questo avrebbe permesso alla Lega di tenere buono il ceto medio/basso, garantendo un welfare migliore di quello meridionale e un sistema di tassazione più basso, maggiori introiti nel pubblico da spostare nelle privatizzazioni (scuola e sanità) e soprattutto stare all’interno delle direttive europee. Anche se Salvini fa l’antieuropeista, il blocco di potere che lo sostiene (Gavio, Atlantia e tutte le grandi imprese del Nord) è fortemente europeista, anzi teme che la palla al piede del Meridione lo allontani dai ritmi produttivi centro europei”.

Alla domanda su chi lotterà nel Sud, col Sud e per il Sud, non si può non rispondere che, per la loro serietà, il loro rigore, il loro radicamento sociale, la loro umiltà e la costanza del loro impegno, Dario Franco, Bruno Martirani, Giovanni Pagano e Mario Raimondi sono, tra gli altri, dei punti di riferimento imprescindibili per la costruzione dal “basso” di un soggetto politico meridionalista di orientamento laico, democratico e radicale.

Quattro “rose nel deserto” da cui ripartire per infondere nuove speranze ai tanti meridionali che si sono allontanati dalla politica perché stanchi delle solite “promesse da marinai” fatte da classi dirigenti, per lo più, clientelari ed estrattive sia a livello locale che nazionale, come nel corso dei decenni, seppure a partire da prospettive non sempre sovrapponibili, è stato denunciato dai meridionalisti classici Gaetano Salvemini, Antonio Gramsci e Guido Dorso e dai neomeridionalisti Nicola Zitara e Pietro Massimo Busetta.

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