di Gioacchino Toni
Rodolphe Christin, Turismo di massa e usura del mondo, Elèuthera, Milano, 2019, pp. 134, € 14,00
«Con l’industrializzazione del quotidiano anche i nostri sogni sono
stati industrializzati». «Il turismo è la soluzione proposta dal
capitalismo liberista per canalizzare la spinta sovversiva intrinseca
alla volontà di trasformare la propria condizione». «La nostra smania di
partire per le vacanze è l’indice della nostra insoddisfazione.
Testimonia la nostra rassegnazione a vivere il noioso, l’insulso il
carente, l’invivibile. Turismo o rivoluzione: bisogna scegliere»
Rodolphe Christin
L’antropologo iraniano Shahram Khosravi nota che se da un lato
l’attuale “sistema delle frontiere” sembra voler imporre l’immobilità
agli esseri umani più poveri, dall’altro non manca di imporre agli
stessi un’estenuante mobilità che li costringe a vagare tra paesi,
legislazioni, istituzioni, burocrazie, campi di accoglienza e di
espulsione ecc. Khosravi spiega perfettamente come attorno alla mobilità
umana si sviluppi una lotta incessante tra chi tenta di ridurla a
strumento di controllo sociale e chi cerca di sottrarsi a quest’ultimo.
La rigida distinzione gerarchica introdotta dall’attuale “regime
delle frontiere” prevede una netta differenziazione tra viaggiatori “non
qualificati” (migranti, profughi, persone prive di documenti) e
viaggiatori “qualificati” (turisti, espatriati, avventurieri). Se Io sono confine (Elèuthera, 2019) di Shahram Khosravi [su Carmilla] si occupa del primo tipo di viaggiatori, Turismo di massa e usura del mondo
(Elèuthera, 2019) del sociologo Rodolphe Christin affronta il secondo
con l’intento di analizzare l’usura del mondo «mettendo in evidenza le
contraddizioni tra l’apparente libertà di movimento e lo sviluppo
dell’industria turistica».
Secondo il sociologo viviamo una contemporaneità “dromomaniaca”, in
balia dell’automatismo deambulatorio. Se per i personaggi pubblici la
mobilità è una condizione di visibilità, più in generale è spesso vista
come mezzo per conseguire la felicità e se nel turismo è possibile
vedere «la punta di diamante dell’ideologia edonistica associata al
muoversi nello spazio», per certi versi il mondo virtuale è lo spazio
limite in cui la mobilità giunge ad annullarlo nell’istante. L’ubiquità è
la forma massima di ipermobilità.
Nonostante solitamente alla mobilità venga associata l’idea di
libertà, lo spostamento può divenire un obbligo. «Subita o in apparenza
accettata, la mobilità è la condizione degli individui che si mettono a
disposizione, che si sottomettono al capitalismo fluido e flessibile.
Per chi è disposto ad adattarsi alle opportunità offerte dal Grande
Mercato, il prezzo da pagare è lo sradicamento, o quanto meno la sua
versione estetico-turistica, lo spaesamento».
La mobilità, sostiene Rodolphe Christin, favorisce l’espansione
capitalismo: grazie ad essa i prodotti conquistano nuovi consumatori, le
aziende si delocalizzano riducendo i costi, si fluidifica il transito
della manodopera ecc. «Una tale fluidità sociale è connaturata
all’economia di mercato e la migrazione ne è un ingrediente di base». La
libertà di andare e venire può trasformarsi in un obbligo imposto dal
sistema economico. «La conseguenza dell’ipermobilità è lo sradicamento,
necessario all’intercambiabilità degli esseri e alla standardizzazione
dei luoghi, che dunque riguarda sia gli oggetti che i soggetti»
Se il turista nasce come sperimentatore esistenziale, ora si è
trasformato in un “consumatore geografico” e la mobilità turistica
risulta essere al servizio del “consumo del mondo”. La libertà concessa
dal tempo libero è presto degenerata in «nuove forme di controllo
sociale finalizzate a canalizzare le energie destinate alle vacanze». Il
tempo libero, continua l’autore, «diventa ben presto la preda preferita
delle normative messe in campo da una razionalizzazione ideologica tesa
a inculcare un certo modello di salute pubblica, che peraltro va in
continuità con il pretesto terapeutico del turismo delle origini, le cui
destinazioni erano speso terme o sanatori».
Da indubbio avanzamento sociale, le ferie retribuite sono presto divenute dal punto di vista legislativo un «adeguamento al modus operandi
del capitalismo che ne favorì l’accettazione da parte delle classi
lavoratrici. Ma ancor di più il rapporto tra salariato e ferie destinate
allo svago gettò le basi per lo stile di vita tipico della società
consumista». Come accaduto con il tempo lavorativo, «anche il tempo
delle vacanze è stato progressivamente conquistato dall’ingiunzione
mobilitaria, che non poteva certo lasciarsi sfuggire una simile
opportunità per assicurarsi una circolazione sempre maggiore di beni,
servizi e persone».
Il senso di libertà del turista risiede nel godere per alcune
settimane all’anno dell’illusione di vivere di rendita. Libero di
impiegare tempo come crede e di farsi servire dagli altri che invece
stanno lavorando, il turista si sente un rentier. «Se il
turista sogna di emanciparsi dal lavoro, di fatto lo fa solo nello
spazio temporale dedicato alle vacanze». «Industria della ‘falsa
partenza’, il turismo prospera grazie al male di vivere. Al quale si
torna sempre, inesorabilmente».
Walter Benjamin individuava tre condizioni affinché potesse esservi la figura del flaneur:
la città, la folla e il capitalismo. Rodolphe Christian ritiene che il
turista presupponga: il lavoro salariato con ferie retribuite, la
capacità logistica di organizzare una mobilità su larga scala e il
capitalismo.
Il luogo consacrato ai consumatori in transito per eccellenza è il centro commerciale, ove il consumatore-flaneur
vaga nel suo anonimato sentendosi libero di fare acquisti senza
interferenze. La galleria commerciale accoglie un pubblico che tenta di
placare la sua noia frequentando un luogo pensato per l’individuo
indolente. «La figura del consumatore-flaneur, furtivo e
prodigo al tempo stesso, è complementare a quella del produttore di beni
o servizi, remunerato per quello che fa, un rapporto che configura il
primo come il cliente attuale o potenziale del secondo. Questa stessa
partizione è presente nel turista e struttura la relazione commerciale
che intrattiene con il mondo. Anzi il turismo è l’esempio perfetto di
questa ambivalenza dell’uomo contemporaneo, diviso tra il desiderio di
avere, qui e ora, la possibilità di godersela senza alcun ostacolo e
l’obbligo di pagare un prezzo per tutto questo, ovvero l’obbligo di
lavorare per guadagnare il denaro necessario per i suoi acquisti, che
farà durante il tempo libero. Alla pari dell’ozio anche il bighellonare
consapevole […] ha in sé un potenziale di dissidenza comportamentale. Ma
la società del consumo e l’ideologia economicista sono riuscite a
canalizzare la forza a proprio vantaggio, riducendola al fugace piacere
di passeggiare guardando le vetrine. Il prevalente orientamento
mercantile impedisce a quel potenziale di trasformarsi in autentica
forza sovversiva, convertendolo in turismo, cioè una realtà organizzata
attorno al consumo».
«Affinare il sogno turistico, fornendogli una gamma di risposte
adatte a ogni esigenza, rende accettabile la vita di tutti i giorni:
sempre a condizione di averne i mezzi, l’offerta è quella di trascorrere
qualche settimana in un luogo in cui si è temporaneamente sgravati
dall’obbligo di lavorare e dalla monotonia del tran tran quotidiano». Il
fatto di viaggiare in compagnia di “strumenti ausiliari” come
smartphone, computer ecc., sostiene il sociologo, sottolinea quanto si
tenda a voler tutto sommato restare gli stessi indipendentemente da dove
ci si viene a trovare. L’ipermobilità contemporanea sembra funzionale a
contenere gli individui all’interno dello spazio sociologico
predefinito. Tale tipo di mobilità sembra essere un modo per mantenere
l’essere umano all’interno di un mondo di beni e servizi presentato come
il solo auspicabile o possibile.
«Dal canto suo il turismo è eterotopico: genera i propri luoghi, che
adatta ai propri fini [...] Per diventare turisticamente compatibile, una
realtà deve prima estirpare i modi di vita tradizionali in cui affonda
le proprie radici». Secondo l’autore, dopo essere state conquistate con
fatica, le vacanze sono divenute uno dei pilastri del sistema insieme
alla televisione, agli antidepressivi, al calcio ecc. «La fugace
felicità delle vacanze turistiche è una risposta al cupo fardello della
vita quotidiana».
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