A sinistra, persino in alcune compagini che si definiscono radicali ed antagoniste, si legge un eventuale governo PD-5stelle con sollievo, a volte addirittura si affaccia un malcelato sostegno a questa opzione.
Si pensa che un governo di questo genere potrà fare da argine all'avanzare della barbarie e aprire nuovi spazi per una classica dinamica progressista e riformista. E certo che fa piacere vedere il Capitone finalmente in difficoltà e la Lega in caduta libera nei sondaggi, ma è miope e superficiale pensare che un eventuale governo di legislatura giallo-salmone potrà infliggere un colpo mortale al sovranismo e alla sua declinazione italiana del "salvinismo".
Lo diciamo da anni, le contraddizioni che hanno portato a questa fase non sono né congiunturali, né localizzate e sono qui per restare ancora per diverso tempo.
Innanzitutto va analizzata la perdita di consenso di Salvini in un quadro in cui non c'è una corrispondenza reale tra la caduta nei sondaggi della Lega e il crescere del sostegno ad altri partiti (e nell'assenza di significativi movimenti di massa che non si riducano alla dimensione mediale): ad aumentare sono soprattutto gli indecisi. Salvini paga il suo "tradimento" al governo giallo-verde, il tempismo completamente sbagliato e una retorica, quella del partito del Sì, che non comunica immediatamente con la pancia del paese, ma solo con una parte storica del suo elettorato, e che alla maggior parte risulta almeno esagerata se utilizzata per provocare la rottura del governo, vista anche la resa quasi totale dei grillini sulle battaglie storiche. Paga soprattutto l'immagine per cui, per un tornaconto personale e partitico, il Capitone ha provocato la crisi del primo governo che, nella percezione degli italiani, nonostante tutti i suoi difetti e le sue incoerenze è stato un'increspatura nel solito procedere del gattopardismo parlamentare nostrano. Poco importa quanto questa alterità sia reale o solamente immaginaria, a Salvini viene rimproverata l'occasione persa e che difficilmente si ripresenterà.
Ma mesi, anni di opposizione come unica alternativa a un 5stelle normalizzato e garante degli assetti europei, anche se blandamente ricontrattati, (si veda gli apprezzamenti mossi da Tusk per Conte) e un PD ancorato alla cadrega e senza identità, probabilmente cancelleranno questo scotto e ripresenteranno una Lega o chi per lei ancora più radicata nel senso comune. Perché, c'è da scommetterci, nonostante la momentanea quiete, il turbinio della crisi permanente e internazionale del capitalismo avrà nuove ricadute sociali e massificate specie nella periferia UE.
Stupiscono le letture semplificate per cui tenere lontano Salvini dal Viminale, produrre un patto politico alchemico con una base sociale minima se pure colorato di verde e salmone potrebbe portare a ri-contendere l'egemonia culturale del sovranismo sui settori popolari. Una fuga sull'autonomia del politico che non concepisce minimamente le dinamiche di classe e le contraddizioni sovrastanti e sottostanti al fatto del governo. Basterebbe considerare il personale politico su cui si dovrebbe articolare questa opzione per farsi due risate, un minimo di memoria della storia recente e un briciolo di visione di lungo respiro. Ma se non fosse sufficiente toccherebbe sottolineare come l'esperienza di governo PD-5stelle, unta da Grillo con la considerazione della necessità dei pentastellati di diventare progressisti (che misera parabola infine quella dei "portavoce" dei cittadini), non sarebbe altro che il primo parodico esperimento della risposta liberal capitalista al sovranismo sotto l'ombrello del Green New Deal. Nessuna messa in discussione del paradigma della crescita, dell'accumulazione e dell'estrattivismo. Preoccupa pensare ai seminari, agli articoli, ai percorsi di lotta in cui si sostiene che non può esistere nessun capitalismo green, e poi sentire affermare che è necessario "ingoiare il rospo". Una visione tutta tattica e miope di chi ritiene che l'abolizione dei due decreti sicurezza non avrà come contropartita altre misure, magari più raffinate, di disciplinamento, repressione e controllo biopolitico. Sì, perché nessuna nuova verginità si può concedere a partiti come il PD che a pancia piena si permettono di dare lezioni di civiltà ai barbari, contenti dei porti chiusi, quando poi la loro solidarietà è puro paternalismo ipocrita, sfruttamento di persone all'interno del sistema di produzione capitalistica travestito da tolleranza per il diverso.
Sono indubbi la spoliticizzazione, la frammentazione e l'individualismo, l'egoismo sociale che si sono diffusi nel nostro paese e che la compagine giallo-verde ha sostanzialmente implementato, ma pensare che un governo PD-5S possa dall'alto aprire spazi per una ri-educazione alla solidarietà, alla tolleranza e al civismo in un fronte contro la barbarie è illusorio, quando non immediatamente classista (nelle sue varianti che sfumano da una pedagogia per i barbari fino al mito del buon selvaggio metropolitano) e riporta indietro a concezioni sconfitte dalla storia. Una cura culturale e via, come se il sovranismo fosse un raffreddore. Senza considerare che, se ancora una volta i settori di classe scelgono di collocarsi sui fronti che, più efficacemente, possono inserire confusione sul piano sistemico capitalistico, pur nella completa assenza di una esperienza collettiva della contrapposizione, un motivo ci sarà e tocca a noi indagarlo.
Dunque che la crisi di governo e il suo teatrino si risolvano in una direzione o in un'altra non bisogna nutrire aspettative, illusioni, frontismi, ma piuttosto tocca andare a capire come si riposizioneranno in questa dinamica i diversi settori di classe e quali pulsioni possono aprire possibilità per una rottura reale della compatibilità capitalista che metta in difficoltà tanto l'opzione sovranista, quanto quella del green capitalism, come in parte stiamo vedendo succedere in Francia.
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