Nella estate romana arriva un nuovo delitto “pesante” di malavita. Non solo i mercati ma anche l’economia criminale ha i suoi “equilibri” e le sue rese dei conti.
È stato infatti ucciso con un colpo di pistola Fabrizio Piscitelli, 53 anni, detto “Diabolik”, con molti precedenti per traffico di droga, figura di spicco nella curva Nord della Lazio come capo degli Irriducibili e note frequentazioni con i gruppi neofascisti della Capitale.
Gli hanno sparato alla nuca, dietro l’orecchio sinistro, nel Parco degli Acquedotti. “Diabolik” è deceduto sul colpo, freddato da un colpo di pistola calibro 7,65 mentre era seduto su una panchina. Il killer che ha sparato a Fabrizio Piscitelli era a piedi, vestito da runner per confondersi tra i tanti che fanno jogging nel parco.
La zona, è quella di Cinecittà-Tuscolano, territorio di spaccio da sempre sotto il controllo del clan camorristico Senese, capeggiato dal noto esponente dei casalesi Michele Senese, e in parte dei Casamonica.
Lunedì 1 aprile nella stessa zona avevano sparato e gambizzato, in mezzo alla gente mentre erano seduti ad un bar in via Flavio Stilicone altri due malavitosi, Mauro Gizzi di 66 anni e Maurizio Salvucci.
Anche per l‘omicidio di Piscitelli la Procura di Roma ha aperto un fascicolo di indagine a carico di ignoti. Nei rapporti della polizia, Piscitelli viene descritto come un soggetto “pericoloso, prepotente, indifferente ai numerosi provvedimenti di polizia adottati nei suoi confronti”. Nel 2013 venne arrestato dalla Guardia di Finanza dopo un mese di ricerche in un appartamento alla periferia di Roma. Era accusato di essere a capo di un gruppo criminale che gestiva un traffico di droga internazionale dalla Spagna all’Italia.
Nel 2016 Piscitelli aveva subito il sequestro di oltre 2 milioni di euro, compresa anche una villa a Grottaferrata (provvedimento poi annullato dalla Cassazione) dopo le indagini della Direzione Distrettuale Antimafia che lo vedevano coinvolto in un traffico internazionale di sostanze stupefacenti provenienti dalla Spagna. Ufficialmente secondo i magistrati Piscitelli “faceva soldi commercializzando gadget della Lazio, e aveva fondato un’azienda il cui capitale, allora sotto sequestro, era diviso a metà tra la moglie e la figlia”. Ma non è tutto. Piscitelli deteneva anche il 70 per cento delle quote di una società in liquidazione, la “Fans Edition”, e risultava presidente dell’associazione culturale “Mister Enrich”.
Nel 2015 fu condannato, insieme ad altri tre capi ultrà laziali della Curva Nord, per il tentativo di scalata alla Lazio. L’inchiesta coinvolse anche l’ex calciatore e bandiera biancoceleste, Giorgio Chinaglia. Una scalata ostile per conto di un misterioso gruppo farmaceutico ungherese, ma condotta non secondo “le regole del mercato” quanto attraverso le “regole della strada”.
Uno dei maggiori sodali di Piscitelli, anche nell’ambito degli ultras della Lazio, Fabrizio Toffolo, per ben due volte era stato gambizzato prima nel 2007 e poi nuovamente nel 2013. Piscitelli insieme a Toffolo, a Yuri Alviti e a Paolo Arcivieri nei primi anni 2000 formava il quartetto di comando del gruppo e dell’intera Curva Nord.
Toffolo il 6 agosto del 2007 fu gambizzato con tre colpi di pistola da due finti poliziotti che gli citofonarono a casa, in via Guglielmo Ferrero, nel limitrofo quartiere Appio, verso l’una di notte. Lo invitarono a scendere in strada con la scusa di un controllo e gli spararono.
Dopo la guerra di mala che insanguinò Roma nel 2011 con trenta morti nelle strade, nella Capitale si avverte che diversi equilibri sono saltati.
Probabilmente sia gli arresti dell’inchiesta su Mafia Capitale (che ha tolto dalla circolazione Carminati) che i colpi inferti ai clan Spada e Casamonica (attivi soprattutto sul litorale e, anche loro, nella zona Sudest), infine le molte operazioni che hanno portato ai sequestri di note attività commerciali in mano a ‘ndrangheta e camorra, devono aver scombussolato i rapporti di forza emersi dopo la guerra del 2011.
Secondo la Dia, “Roma rappresenta il centro nevralgico intorno al quale gravitano interessi, decisioni e forme autoctone di coordinamento tra i multipli flussi di criminalità organizzata. Si tratta di un ‘sistema mafioso’ che attraverso una strategia di sommersione ha progressivamente infiltrato attività imprenditoriali – apparentemente legali – operanti in molteplici campi”.
Si assiste, quindi, a realtà che hanno lentamente abdicato al controllo del territorio in senso stretto per aggredire uno spazio più propriamente economico-finanziario. È altrettanto chiaro, come si legge nel rapporto della Direzione Investigativa Antimafia, che queste dinamiche non siano frutto dell’improvvisazione “ma di una progressiva integrazione, resa possibile da una coesistenza ultradecennale delle varie forme di criminalità, tutte orientate all’esigenza, sempre più sentita, di individuare nuovi e remunerativi obiettivi economici da aggredire”.
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