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22/12/2019

23/12/1984 - Rapido 904

Il pennino di Energu ricorda (con due disastri ferroviari e due aerei) che il 23 dicembre non è un buon giorno per viaggiare mentre Franco Astengo spiega che nel 1984 fu la mafia a uccidere.

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Rapido 904, ostinatamente per non dimenticare

di Franco Astengo

La strage del Rapido 904 o strage di Natale è il nome attribuito a un attentato dinamitardo avvenuto il 23 dicembre 1984 presso la Grande galleria dell’Appennino ai danni del treno rapido 904, proveniente da Napoli e diretto a Milano.

Per le modalità organizzative ed esecutive, e per i personaggi coinvolti, è stato indicato dalla Commissione Stragi come l’inizio dell’epoca della guerra di mafia dei primi anni '90 del XX secolo.

Alle 19:08 del 23 dicembre 1984, il treno rapido 904 proveniente da Napoli fu squassato da un’esplosione violentissima mentre si trovava all’interno della galleria di San Benedetto Val di Sambro (Bologna), la “galleria degli Appennini”, nei pressi della quale – dieci anni prima – si era consumata la strage sul treno Italicus. A causare la detonazione fu una carica di esplosivo radiocomandata, collocata su una griglia portabagagli mentre il treno era fermo alla stazione di Firenze. L’esplosione provocò nell’immediato quindici morti e circa trecento feriti. A distanza di qualche tempo e per conseguenza dei traumi allora subiti i morti saliranno a sedici.

Dai processi e dalle relazioni della Commissione parlamentare d’inchiesta è emerso essersi trattato di una strage la cui ideazione ed esecuzione erano il frutto di un intreccio d’interessi e legami coinvolgenti, a vario titolo, criminalità organizzata comune e criminalità mafiosa.

Dalle sentenze è emerso con particolare chiarezza che la strage era stata organizzata da esponenti di vertice di Cosa Nostra per «allentare momentaneamente la morsa repressiva e investigativa» cui l’organizzazione veniva sottoposta a seguito degli «effetti devastanti prodotti dalle rivelazioni» di alcuni collaboratori di giustizia, ai quali «gli inquirenti davano credito» emettendo «centinaia di provvedimenti restrittivi».

«Di fronte a una situazione nuova» – e per essa «destabilizzante» – «Cosa Nostra» dovette ricorrere alla violenza indiscriminata propria dello stragismo terroristico e «in tal senso non fu priva di significato la scelta della galleria degli Appennini, in quanto luogo storicamente scelto dalla eversione di destra (secondo il comune sentire) per i suoi attentati».

Appartenenti ai diversi versanti criminali saranno individuati e condannati per la strage o talora per i reati che, nel corso delle indagini, a essa si erano collegati (come quelli riguardanti il procacciamento dell’esplosivo).

Ci troviamo dunque di fronte a un evento che può essere considerato quale “anello di congiunzione” fra la stagione dello stragismo con quella degli eccidi mafiosi che proseguiranno nel decennio successivo infilandosi direttamente dentro al tunnel della “trattativa Stato-mafia”.

Difficile commentare ma indispensabile ricordare a tutti la stagione di quelle stragi: da Piazza Fontana, all’Italicus, da Piazza della Loggia all’esplosione di Natale alla stazione di San Benedetto Val di Sambro passando attraverso la stazione di Bologna il 2 agosto 1980.

Facile ricordare la “striscia di sangue” che percorse l’Italia; meno facile accettare l’apparente ineluttabilità dell’assenza di giustizia e di verità in un Paese nel quale il cosiddetto “Stato Duale”, l’ombra del mistero, delle logge massoniche coperte, dei collegamenti fra lo Stato e la Mafia, dei servizi segreti deviati ne ha accompagnato la storia degli ultimi settant’anni, partendo da Portella delle Ginestre, passando per il “tintinnar di sciabole” del Piano Solo (nel 1964) al golpe Borghese (1970) a Gladio, al documento di “Rinascita Nazionale” di Licio Gelli.

Ostinatamente per non dimenticare.

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