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31/12/2019

Capisaldi 2019

Anche a questo giro mi trovo a scrivere parole già sostenute 12 e poi 24 mesi fa ecc.

L'esistenza è sempre più sfibrante, i tempi di vita sempre più ridotti, quindi di musica se ne ascolta poca e quasi sempre male: in cuffia sui mezzi pubblici, piuttosto che in pausa al lavoro, strappando letteralmente con le unghie e i denti qualche istante di raccoglimento per se stessi e il proprio gusto, nei confronti di un mondo sempre più invadente con la propria superficiale sciatteria.

Comunque, lo scorso anno auspicai un 2019 che la mandasse meglio e tutto sommato così è stato. Ovviamente le novità, in senso anagrafico di pubblicazione, sono state quasi del tutto assenti dai miei palinsesti, a dimostrazione della china ormai irreversibile in cui versa la musica non solo come arte, ma anche come intrattenimento di qualità – e al mondo del cinema butta pure peggio con l'espandersi della pestilenza Netflix e dello stuolo di youtuber prezzolati che non parlano d'altro pur senza essere in grado di farlo –.

La nuova uscita dei 12 mesi appena trascorsi che ricordo con maggior piacere è quella dei redivivi Sacred Reich, probabilmente gli unici tra gli zombie resuscitatati dopo un quarto di secolo d'oblio a mettere insieme un disco contenente quattro idee assemblate con cognizione di causa. Chapeau a loro dunque.

Un gradino appena sotto, esclusivamente perchè verso di loro ripongo aspettative piuttosto elevate, i Die Krupps dell'ultimo e penultimo disco, che si confermano un ritorno assolutamente necessario per l'industrial.

Discreto anche l'ennesimo prodotto degli Overkill, che nonostante una cadenza di pubblicazione biennale e 40 anni di attività sul groppone, riescono sempre – I Hear Black a parte – a cacciare sul mercato dischi ascoltabili. Ovviamente nulla di più, ma la pochezza del mercato in cui s'inseriscono indubbiamente li aiuta a risaltare oltre i propri meriti oggettivi.

Il resto di quello che ho apprezzato è tutta roba che ha dai 25 anni in su con una considerevole quota di revival, su cui certamente influiscono gli anni che si ammucchiano sulla mia schiena. Nell'ordine:

- Billy Idol - Rebel Yell;

- Motorhead - Overkill;

- Iron Maiden con l'omonimo e Killer (l'omonimo in particolare si è imposto a quasi 20 anni dalla prima volta in cui l'ho ascoltato, come uno tra i dischi heavy metal più belli; forse, in assoluto il migliore);

- Benediction - Killing Music (che continuo a considerare una delle migliori uscite death metal old school di sempre);

- Vari recuperi thrash e death metal con presenza preponderante di Testament, Sepultura, Sodom, Pestilence, Atheist e Death;

- i Sonic Youth di Daydream nation che sono probabilmente il livello più alto dell'indie rock statunitense.

Sul tetto del mondo invece quattro nomi soltanto:

- i Doors a cui sono finalmente riuscito a dedicarmi a modo;

- i Morphine autori a me sconosciuti di un esordio assolutamente eccezionale che consiglierei anche ai sordi;

- gli X, che mi hanno lasciato basito come non succedeva da troppo tempo, perchè non sono solo musica ma la descrizione in anticipo di 30 anni del mondo d'oggi;

- i Velvet Underground che nel 1967 misero su disco i canoni stilistici del 75% della musica venuta dopo di loro.

Con un certo rammarico mi tocca scrivere che difficilmente il 2020 sarà capace di ripetersi a questi livelli, ma non è mai detta...

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