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24/12/2019

Libano - Ad Hassan Doab il compito di formare un nuovo governo

Il presidente libanese Michel Aoun ha dato ieri il compito di formare un nuovo governo all’ex ministro dell’istruzione Hassan Diab dopo il sostegno che quest’ultimo ha ricevuto dal blocco politico che fa capo al partito sciita Hezbollah. Diab prende quindi il posto di Hariri il quale, dimessosi lo scorso 29 ottobre a cause delle proteste di piazza, negli ultimi giorni sembrava potesse ritornare a ricoprire il ruolo di primo ministro. Una possibilità che però proprio lo stesso leader del partito al-Mustaqbal aveva escluso mercoledì dopo aver incassato il no dagli altri partiti alla formazione di un governo tecnocratico.

Diab ha ricevuto ieri 69 voti dagli sciiti Hezbollah e Amal, dai cristiani del Movimento dei Patrioti Liberi, da un gruppo di 5 parlamentari sunniti (ma vicini ad Hezbollah) e da altri parlamentari alleati al Partito di Dio. Gli astenuti invece sono stati 42: tra questi, il partito dell’ex premier Hariri, i cristiani delle Forze Libanesi, gli ex premier Tammam Salam e Najib Mikati e alcuni indipendenti.

La sua nomina ha fatto infuriare i dimostranti che da ottobre protestano contro l’intera classe politica locale: ieri in centinaia hanno manifestato in strada a Tripoli e Beirut. Nella capitale, nella centralissima Piazza Nejmah, sulle note della famosa Jingle Bells i manifestanti hanno promesso che lo faranno cadere proprio come hanno già fatto con Hariri.

La scelta di Diab conferma quanto il mondo politico libanese sia completamente sordo alle richieste che da due mesi ripetono migliaia di libanesi. Diab è stato ministro d’istruzione tra il 2011 e il 2014 in un governo formato da Hezbollah e i suoi alleati. Laureato in ingegneria informatica nel Regno Unito, è tornato a Beirut nel 1985 dove ha ricoperto il ruolo di assistente universitario presso la prestigiosa American University della capitale. Piaccia o meno, è un uomo del “sistema”. Proprio quel “sistema” che i manifestanti vogliono far crollare una volta e per sempre.

Nel suo discorso di ieri, l’ex ministro ha provato a tendere una mano ai dimostranti quando ha promesso che “non si ritornerà indietro al 17 ottobre”, cioè al giorno in cui sono iniziate le proteste di massa contro l’intera classe dirigente. “Sento che quello che voi avete detto rappresenta me e tutti coloro che vogliono creare uno stato di legge e giustizia in Libano – ha poi aggiunto – I nostri sforzi si concentreranno interamente su come fermare il collasso [economico e finanziario] e su come riportare la fiducia”. Nel corso del suo discorso, Diab ha detto che già domani avvierà le consultazioni con gli altri partiti, passo necessario per formare il nuovo governo. Ha infine chiesto ai dimostranti di dargli “una possibilità” invitandoli ad essere “partner nel lavoro di riforme”.

La scelta da parte di Hezbollah e alleati di Diab è giunta lo stesso giorno in cui il parlamento tedesco votava per mettere al bando il movimento sciita e il sottosegretario Usa per gli Affari politici, David Hale, atterrava a Beirut per incontrare importanti ufficiali locali. Una tempistica, quella di mandare Hale proprio ora, che non è affatto casuale: gli Usa, infatti, considerano Hezbollah una “organizzazione terroristica” e hanno intensificato le sanzioni contro alcuni suoi membri e contro chi sostiene il suo finanziamento. Le pressioni esercitate da Washington contro il “Partito di Dio” libanese rientrano nella più ampia campagna statunitense contro l’Iran e i suoi alleati regionali, uno dei cardini della politica estera dell’Amministrazione di Donald Trump.

Secondo alcuni analisti, un esecutivo guidato da Diab, uomo ritenuto vicino a Hezbollah, potrà avere immediate conseguenze politiche. “Un governo del genere – ha spiegato ad al-Jazeera l’analista Sami Nader – sarà percepito dall’intera comunità internazionale come un governo Hezbollah. Il Libano sarà perciò isolato dai donatori internazionali e andrà incontro a sanzioni”. Uno scenario drammatico, sostiene Nader, per un Paese già vicino al collasso. Nell’aprile del 2018 alcuni donatori avevano promesso al Libano 11 miliardi di dollari in cambio di “riforme”. Ma il denaro, tuttavia, non è mai arrivato e la situazione di paralisi in cui vive il Paese di certo non aiuta.

A Diab ora spetta il compito di formare il governo. E sarà a questo punto un governo a trazione Hezbollah dato che ieri il Movimento al-Mustaqbal di Hariri, le Forze Libanesi e il Partito socialista progressista del druso Jumblatt hanno già detto che non entreranno nel prossimo esecutivo.

Da sottolineare c’è poi un altro importante aspetto in un Paese che ha fatto del settarismo religioso il suo marchio di fabbrica politico e sociale: Diab rappresenterà davvero la comunità sunnita locale? Diab è sì un sunnita (e non poteva essere altrimenti per legge dato che la carica di premier spetta ad un sunnita), ma ha incassato il voto di fiducia di soli pochi parlamentari della sua stessa comunità religiosa.

Resta poi l'incognita su come gestirà la questione proteste. Intervistata dal portale Middle East Eye, la dimostrante Lena, 49 anni, è chiara a riguardo: “Siamo al punto di o noi o loro. Perciò non lasceremo le strade. Abbiamo bisogno di democrazia e di un governo davvero funzionante. Abbiamo raggiunto il punto dove non riusciamo più a vedere la fine del tunnel”.

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