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25/12/2019

Consigli (o sconsigli) per gli acquisti: Vademecum per la difesa legale, DeriveApprodi, Roma, 2019

Un tempo non troppo lontano, trovarsi con un manualetto di questo genere tra le mani era l’eventualità più naturale e scontata per qualsiasi militante. Purtroppo, ad oggi, dobbiamo invece constatare che con il progressivo affievolirsi del conflitto attraverso il paese, anche un certo tipo di cultura militante, di sovrastruttura difensiva ad uso dei compagni, ha seguito la medesima traiettoria discendente puntando dritta all’estinzione.

Sono oramai un ricordo i tempi in cui la circolazione di manuali di auto-difesa legale, semplici libretti compilati da compagni più “accorti” o generosi manualetti di guerriglia urbana costituivano il pane quotidiano di una certa letteratura di movimento. Eppure, a fronte di simile inflessione, non sembra corrispondere una sostanziale diminuzione di quell’infame operazione che garantisce lo stipendio a una massa di lavoratori improduttivi e una pioggia di pene a una massa di sfruttati che prende il nome di repressione.

Ovviamente, anche la repressione ha mutato forma e armamentario, e non ci sogniamo di dire che è rimasto tutto tale e quale a vent’anni fa. Talvolta ha scelto strade più avvedute, più subdole, come le scorciatoie amministrative non meno dannose delle canoniche vie penali e, diciamo così, si è messa al passo con i tempi, soprattutto quelli tecnologici.

Ma la sostanza di quest’operazione caratterizzante, dell’atto che forse più di ogni altro rivela la natura politica dello Stato, non sembra aver subito flessioni di sorta.

A queste tendenze si aggiunge, come automatico corrispettivo discorsivo, un dibattito sostanzialmente incentrato sul senso comune – alimentato quotidianamente da una cappa mediatica in tutto e per tutto funzionale a veicolare determinati paletti ideologici nella società – che non riesce più a valutare l’operazione repressiva alla luce di una distinzione di classe. Qualsiasi sia l’operazione, il caso, il fatto repressivo in esame sembra ormai esser passata l’essenza della più infima delle fantasie liberali ovvero la sostanziale estraneità dello Stato di fronte alle classi, la sua, tutto sommato, posizione neutrale rispetto alla società, alla politica, alla Storia. Insomma, quando si parla di Stato, oggi, si ammette implicitamente come prerequisito discorsivo che questo sia il rappresentante dell’interesse comune di tutta la società. Dall’idealizzazione dello Stato etico all’insulsa retorica delle “mele marce” (con un non indifferente salto qualitativo, certo), passano gli anni e mutano i linguaggi ma la merce contrabbandata è sempre la solita favoletta della democrazia borghese: lo Stato è al di sopra delle classi.

Inscrivendosi in un simile orizzonte, appare naturale come qualsiasi tentativo di strappare la questione della repressione a questa retorica sia una fatica di Sisifo, e che sia possibile assistere – dopo che la morte di Cucchi è stata intenzionalmente provocata dal pestaggio di due agenti e che la complessa macchina dell’arma si sia mossa all’unisono per far si che non una verità emergesse da quella storia – a paradossi come il “baciamano del carabiniere” ad Ilaria Cucchi senza che venga battuto ciglio.

Certo, a sfatare questo mito e a riaffermare il principio per cui gli Stati rappresentano il predominio di una classe, anche se non sempre nella forma semplificata e propagandistica di un “comitato di affari” ed eccezione fatta per determinate congiunture storiche in cui si crea un equilibrio tra le classi, basterebbe rivolgere l’attenzione alla storia recente e recentissima del movimento rivoluzionario italiano. Ma dato che questo oggetto misterioso è il gran rimosso della memoria collettiva, non resta che armarsi di buona volontà e combattere le ricadute teoriche e pratiche di questa favola con vecchi e nuovi strumenti.

In questo senso un manualetto come quello che abbiamo sotto gli occhi appare come uno strumento utile, figlio di un’operazione in controtendenza e pertanto primo passo verso una nuova accumulazione difensiva.

Appare tanto più utile perché aggiornato a un momento in cui il paese, soggetto a una smania giustizialista e a un potenziamento dei poteri coercitivi, conosce una nuova accelerazione securitaria generalizzata.

Un’accelerazione che, in modo selettivo, non ha mai smesso di essere esercitata nel momento in cui l’annientamento delle avanguardie politiche di questo paese è apparso necessario agli occhi del potere, dall’omicidio di Carlo Giuliani all’infame operazione messa in moto da Questura e Procura di Torino pochi giorni fa, ma che vive sottotraccia nelle continue operazioni di contenimento cui sono soggette le masse popolari e di cui i tragici casi delle morti in caserma sono solo la punta di un iceberg.

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