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24/12/2019

Nel Mediterraneo è scontro sui giacimenti di gas. Israele, Ue e Turchia ai ferri corti


Il più grande giacimento di gas offshore israeliano nel Mediterraneo, il Leviathan, sta per diventare operativo insieme ad un altro giacimento, il Tamar. La produzione andrà a coprire la crescente domanda di energia dell’Egitto con 85,3 miliardi di metri cubi di gas in 15 anni sulla base degli accordi sottoscritti dai due paesi nel febbraio 2018.

Ma sia in Egitto che in Giordania crescono le resistenze a questo accordo economico e strategico con Israele. Infatti non solo l’Egitto ma anche la Jordanian Electricity Company ha concluso un accordo con gli israeliani per importare da Israele il 40% del fabbisogno interno per la produzione di elettricità, ma il contratto è stato respinto un po’ da tutti fin dal primo giorno della sua firma. La Camera bassa giordana ora sta preparando un progetto di legge per “annullare l’accordo sul gas con Israele”, forte dell’appoggio di gran parte dei cittadini giordani, riferisce l’agenzia Nena News.

Emergono poi le tensioni nella competizione internazionale per il gas offshore nel Mediterraneo orientale. Una tensione che potrebbe sfociare in scontri militari veri e propri. Unità turche il 16 dicembre hanno intercettato una nave israeliana che (ufficialmente) stava svolgendo attività di ricerca in acque cipriote, costringendola ad allontanarsi. La nave era la Bat Galim, dell’Istituto israeliano di ricerca oceanografica e limnologica; stava conducendo ricerche nelle acque territoriali di Cipro. Un segnale esplicito da parte di Ankara teso ad ostacolare il rapporto tra Egitto e Israele. E anche per questo motivo la Turchia ha firmato un accordo militare (Restriction of Marine Jurisdictions) con la Libia di Serraj (governo di Tripoli, ndr) condannato però da Cipro e Grecia e sgradito ad Israele. La Grecia ha addirittura espulso l’ambasciatore libico e l’Unione Europea ha condannato l’accordo affermando che: “Viola i diritti sovrani dei paesi terzi, non è conforme al diritto del mare e non può produrre conseguenze giuridiche per i paesi terzi”.

L’intesa turco-libica, attraverso quelle che vengono definite “Zone Economiche Esclusive” (ZEE), coprirebbe infatti un’area del Mediterraneo destinata a veder transitare il gasdotto dell’East-Med che dovrebbe trasportare gas da Israele all’Italia attraverso Cipro e Grecia. Secondo il presidente turco Erdogan “Altri attori internazionali non possono svolgere operazioni di esplorazione in queste aree che la Turchia ha elaborato con questo accordo, senza ottenerne il permesso. La Cipro greca, l’Egitto, la Grecia e Israele non possono stabilire una linea di trasporto del gas senza prima ottenere il permesso dalla Turchia”, ha dichiarato Erdogan.

Ma le tensioni sui giacimenti di gas nel Mediterraneo coinvolgono anche l’Italia. L’Eni infatti lo scorso anno aveva dovuto subire la minaccia dell’uso della forza da parte turca nei confronti della nave Saipem 12000 che l’aveva costretta a lasciare il Block 3 della Zee cipriota. Mentre il 5 ottobre di quest’anno la Farnesina ha dichiarato in un comunicato ufficiale che “L’Italia è preoccupata per le operazioni illegali condotte dalla nave turca Yavutz nella zona economica esclusiva di Cipro a sud dell’isola. Ribadiamo la nostra richiesta di rispettare i diritti sovrani di Cipro e di astenersi da azioni illegali nell’area”.

(Nella grafica di copertina le delimitazioni delle Zone Economiche Esclusive nel Mediterraneo)

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