Mentre oggi in tanti festeggiano e sottolineano che la terapia intensiva dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, uno dei più colpiti dal coronavirus, è libera da Covid-19 e che non c’è più nessun paziente ricoverato dopo 137 giorni, su Bergamo e il suo territorio viene resa nota una informazione che merita riflessione. “Secondo stime molto ragionevoli, l’ipotetica tavola di mortalità del 2020 segnerebbe in provincia di Bergamo, un ritorno alla speranza di vita della tavola all’anno 2000, cioè torniamo indietro di 20 anni. In molte altre province torniamo indietro di 10/15 anni“.
A certificare quello che da anni è il sogno macabro del Fmi sulla riduzione delle spese previdenziali, è stato il presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo parlando degli effetti della pandemia di Coronavirus al margine del Forum della Pubblica Amministrazione 2020.
“È stato veramente qualcosa di drammatico ma localizzato. E questo credo sia un elemento importante“, ha aggiunto Blangiardo. Secondo il presidente dell’Istituto di statistica, “non è il numero dei morti nazionali il dato macroscopico drammatico. Ma il vero problema è il dato locale”.
A tutt’oggi, ha spiegato, “abbiamo constatato un aumento di mortalità nazionale nell’ordine delle 40 mila unità circa. Ricordo che nel 2015, rispetto all’anno prima, l’aumento è stato di 50 mila unità delle morti e nel 1956, ai tempi dell’asiatica, ci sono stati 50 mila morti in più”.
Insomma la contabilità del presidente dell’Istat sembra cogliere solo l’aspetto particolare mentre su quello generale sembra quasi sconfinare sul terreno dei riduzionisti dell’impatto dell’emergenza pandemica Covid-19 in quanto tale.
Sono passati alcuni anni da quando, sulle pagine di questo giornale, lanciammo un avvertimento diventato poi una sorta di tormentone: “dovete morire prima”.
Quella che sembrava una battuta era in realtà una chiave di lettura dei ripetuti rapporti del Fmi sulla insostenibilità dei costi previdenziali dovuti proprio all’aumento dell’aspettativa di vita in alcuni paesi, tra cui l’Italia. Una sorta di macabro avvertimento sul fatto che la crescita della speranza di vita aveva creato una sorta di “quarta età” che scombinava i conti e andava ricondotta a “compatibilità”.
La pandemia di Covid-19 sembra abbia accelerato questo processo. Ma prima di essa è doveroso ricordare che l’aspettativa di vita aveva già cominciato a diminuire nei paesi più falcidiati dalle misure di austerity (Grecia, ma anche in Italia). Del resto se si aumenta l’età lavorativa e vengono ridotti gli standard sanitari (come è avvenuto concretamente) è evidente che l’aspettativa di vita diminuisca, per la gioia dei macabri tecnocrati del Fmi e delle istituzioni europee. E poi, ma solo poi, è arrivata anche la pandemia di coronavirus a seminare morte prima del tempo.
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