Il governo assiste in silenzio alla pubblicazione dei dati che certificano il comportamento truffaldino di almeno un terzo delle imprese (saranno solo “mele marce”?), e nessuno tra i partiti presenti in Parlamento osa profferire una sola parola (figuriamoci promuovere un’azione che ne limiti anche legalmente lo strapotere).
I grandi media – tutti indistintamente posseduti dalle più grandi aziende del Paese (solo la famiglia Agnelli controlla Repubblica, La Stampa e L’Espresso, oltre a una costellazione di testate minori) – hanno inserito il silenziatore e tutto fanno meno che dare questo tipo di notizie.
Più facile e “populista” (proprio quelle testate, sarà un caso, si fregiano di condurre una “battaglia” contro il “populismo” non controllato direttamente da loro) mettere invece in prima pagina i “furbetti” che avrebbero incassato illegittimamente il “reddito di cittadinanza”.
In questo caso, secondo i dati Inps, sono stati scoperti 709 beneficiari che non ne avevano diritto e che, nel loro insieme, hanno provocato un danno alle casse dello Stato pari a 4.432.668 euro, poco meno di 4,5 milioni di euro. Giusto ritirargli l’assegno, ma il danno per l’erario è quasi irrilevante.
Nell’audizione dell’Ufficio parlamentare di bilancio, il 28 luglio, è stato però rivelato che cassa integrazione, fondi bilaterali e cassa in deroga sono state richieste finora da circa 553 mila imprese (quel 30% che abbiamo riportato nel titolo).
Le ore di Cig realmente utilizzate sono state 536 milioni (relative ai mesi di febbraio, marzo, aprile e, parzialmente, di maggio) e hanno prodotto una spesa di 10 miliardi. La percentuale di ore utilizzate per Covid, ma senza cali di fatturato, è di oltre il 27%, conferma l’Inps, e il danno si può in questo caso quantificare in 2,7 miliardi.
Tra i cosiddetti “furbetti” e i truffatori delle imprese c’è uno scarto pari a 600 volte (a danno del bilancio pubblico). Ma a quanto pare, resta sempre valida la regola per cui se rubi una mela meriti la galera e ci vai anche; mentre se rubi miliardi la fai franca e sei anche in diritto di pretendere che il governo ti obbedisca in tutto e per tutto.
Qui di seguito uno dei pochi articoli apparsi su un giornale, tratto da il manifesto.
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Se per l’Ufficio parlamentare di bilancio un quarto di oltre 1,5 miliardi di ore di cassa integrazione è stato usato dalle imprese che non hanno avuto cali del fatturato durante il lockdown (Il Manifesto 28 luglio), ieri un’analisi dell’Inps e della Banca d’Italia ha circostanziato le dimensioni di questa appropriazione di risorse: un terzo delle imprese ha fatto richiesta, ed ottenuto, di mettere in cassa integrazione i propri dipendenti imponendogli anche una pena supplementare.
Non solo non hanno lavorato, ma hanno perso in media il 27 per cento del loro stipendio che non gli sarà mai restituito. Stando ai primi dati l’uso opportunistico degli ammortizzatori sociali è stato realizzato per circa il 20% nel settore della manifattura e per il 30% nei servizi.
PER AVERE un’idea generale del guadagno realizzato da queste imprese, ancora da specificare per settore e fatturato, è utile riferirsi a questi dati. In media quello che chiamano «risparmio» è stato di circa 1.100 euro per dipendente. Tra le imprese più piccole, che hanno utilizzato prevalentemente la cassa integrazione a causa del Covid in deroga, l’importo medio risparmiato grazie alla riduzione dell’orario di lavoro è stato di 3.900 euro nel bimestre di chiusura per pandemia.
Le imprese più grandi del settore dei servizi, che hanno fruito dell’assegno ordinario Covid, hanno risparmiato in media quasi 24 mila euro. Per le imprese della manifattura, che ricorrono prevalentemente alla Cig ordinaria Covid, il risparmio è stato di circa 21 mila euro.
IERI MATTINA si sentiva il ritornello secondo il quale queste pratiche siano fatte da «furbetti». La nozione suona come assolutoria, e anche abbastanza liquidatoria. Parole simili sono state pronunciate due giorni fa persino da un sindacato che una certa idea su questo uso degli ammortizzatori sociali dovrebbe invece averla.
Converrebbe allora iniziare a ragionare a partire dalla categoria di appropriazione di risorse, anche a danno dei lavoratori a cui nessuno ha pensato di garantire, perlomeno nei mesi dell’emergenza, lo stipendio pieno. Parliamo di persone che, secondo l’indagine dell’Inps-Bankitalia, hanno subito una riduzione oraria di 156 ore, il 90 per cento dell’orario mensile di lavoro a tempo pieno, pari a 173 ore in marzo e aprile.
Va anche notato che, dopo la comunicazione di questi dati, le forze politiche e sindacali non hanno chiesto nemmeno un’indagine, tanto meno hanno evocato una misura minima di giustizia. È un altro segnale di subalternità all’egemonia confindustriale.
Solo poche settimane fa il presidente dell’Inps Pasquale Tridico aveva subodorato l’opportunismo di chi ha sfruttato l’emergenza per guadagnare anche sulla cassa integrazione. È stato aggredito da chi evocava addirittura un’inesistente clima contrario alle imprese. L’imbarazzo che ha accolto questi dati rivela la situazione opposta: un paese inginocchiato davanti alle imprese.
QUESTI ARGOMENTI potrebbero essere interessanti anche per chi lamenta il crollo dei consumi. La perdita del salario legato alla cassa integrazione. Secondo i dati Istat il reddito disponibile lordo è sceso sul trimestre precedente dell’1,6% e, di conseguenza, i consumi sono crollati del 6,4%. Una situazione già grave, destinata inevitabilmente a peggiorare nel secondo trimestre.
In questa situazione sappiamo chi ha continuato a guadagnare mentre c’era chi guadagnava sui lavoratori che perdevano potere d’acquisto. Non «è andato tutto bene». Il mondo del dopo è peggio di quello di prima.
NEL «DECRETO AGOSTO», con cinque mesi di ritardo, il governo ha preso atto dell’esistenza di questo problema. Ed è così che la proroga di altre 18 settimane della Cig sarà «selettiva» e prevederà un «contributo» da parte delle aziende che vi facciano ricorso senza avere avuto perdite «significative». Si parla del 20% di fatturato. Un atto di coraggio che però non sarà retroattivo.
Il coraggio, se uno non ce l’ha, non se lo può dare. In attesa che parta da gennaio un’ondata paurosa di licenziamenti, che resteranno bloccati, per ora il costo di questa operazione tampone sarà di 12-13 miliardi sui 25 miliardi di euro previsti.
Ci sarà il rinnovo dei contratti a tempo senza causale e l’allungamento dell’indennità per i lavoratori dello spettacolo e gli stagionali del turismo. Terminati i bonus da 600 euro per le partite Iva. Il Welfare emergenziale e a pezzi è finito. Continua per altri.
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